martedì 9 febbraio 2010

Conticini elementari

L’altro giorno facevo due conticini elementari: calcolavo, ora più ora meno, il tempo che ho dedicato in un anno (il 2009) alle ‘questioni atletiche’. Ho quantificato l’impegno sul campo – quello che si definisce “in presenza” – in circa 400 ore. C’è poi lo studio, inteso come formazione-aggiornamento, come ricerca. Per questa attività ho speso addirittura più di 700 ore. E fin qui siamo al parametro “tempo” (che non voglio ‘tradurre’ in danaro; per ora). Quanto al “danaro”, investito in formazione, ricerca, eccetera, e a quello speso in benzina, telefono, eccetera, beh lì siamo ben sopra i 4000 €.
Chi si occupa di atletica leggera da allenatore, con professionalità e passione, conosce bene questi numeri perché appartengono al proprio bilancio esistenziale (pesando su quello familiare, prosaicamente parlando).
Dalle nostre parti, in Abruzzo, sento parlare con insistenza di rilancio dell’Atletica, di progetti per il reclutamento; addirittura di costituzione di poli di eccellenza per taluni settori e/o discipline. Battuta ironica (ma non troppo): qualcuno ha forse vinto al superenalotto? C’è un pool di mecenati desiderosi di investire fiumi di danaro sull’Atletica e non ne sapevamo nulla? Oppure, come solitamente accade in politica, si fanno progetti – sempre ambiziosi – senza avere i mezzi per realizzarli?

16 commenti:

Marius ha detto...

Approfitto per ringraziare Massimo Pompei per un commento che ha inviato in contemporanea con questo mio ultimo post. Potete leggerlo su http://www.mariodebenedictis.com/2010/02/habemus-cohortem.html del 3 febbraio scorso. Potete replicare numerosi...

un saluto

m

ego ha detto...

Non capita tutti di giorni di incontrare persone che sono fautrici di un mondo che riconosce il valore delle regole. Intendiamoci, non mi riferisco a coloro che le regole le vogliono rispettate dagli altri, ma per sé stessi sono sempre pronti a giustificare delle eccezioni, diciamo un “legittimo impedimento”.
Noi tutti sappiamo che “Marius” è uno di quei soggetti coerenti – un amico mi ha consigliato l’appellativo “ombre vertical” - che merita il sèguito che ha questo blog.
Il numero dei seguaci dimostra che Mario non è solo, che il suo messaggio fondato sull’etica dello sport appartiene a una moltitudine attiva sebbene questa rimanga, di solito, un po’ in disparte nei giochi di potere.
Forse in questo caso il porsi in secondo piano dipende dall’indirizzare il fiato ad altri sforzi, forse è perché lo sport praticato abitua a sopportare la fatica, anche quella del vivere quotidiano, degli impegni familiari, del sorridere anche quando si hanno mille motivi per essere nervosi.
Appartengo ad una generazione di persone che hanno praticato – e praticano - lo sport nutrendosi del mito della sfida , più e non solo di quello della vittoria .
L’agonista non è , sotto questa luce, sempre un antagonista, perché il più delle volte si trova combattere con sé stesso, nell’aspirazione mai sazia di migliorarsi.
Mi rallegro con Mario (e con gli atleti, nonché con Massimiliano Palombaro) per i successi della Hadria Pescara, sono l’espressione di una capacità che, come in tutti i campi, sembra essere frutto di una percentuale minima di creatività, di talento e di una quota grandissima di sudore. Questi risultati si mostrano, per ora, come un’eccellenza a livello locale.
Recentemente ho accennato a Mario che , in un mondo globalizzato, le buone pratiche possono aspirare a diventare paradigmi utilizzati a livello globale. So che lui lavora con questo indirizzo.
Oggi, rivisitando dopo un periodo di assenza forzata, il progetto della Tregua Olimpica al quale mi sto dedicando con la solita sfacciataggine di chi – come Davide contro Golia – sfida l’establishment evidenziando l’inefficacia delle iniziative istituzionali - progetto che è stato gentilmente ospitato in questa sede- ho trovato che , digitando “ekecheiria Vancouver” su Google, Opinioni Aerobiche, è in prima pagina di ricerca, mentre con “Vancouver tregua” è in terza. Credo che questi risultati dimostrino che le scelte di campo “globali” di Mario saranno anche virtuali, ma non sono poi così ottuse…e siamo solo all’inizio.
Valerio

Marius ha detto...

Mitico Valerio!
(Perdonami l'enfasi giovanilistica, ma quando ci vuole, ci vuole)

;)

m

Anonimo ha detto...

Beh ... credo che quello che ha scritto Valerio non può non essere confermato da tutti i lettori del blog, o almeno lo spero!
In ogni caso io ci sto e spero di essere solo il primo di una lunghissima fila.
Saluti a Marius .... però: ekecheiria Vancouver” su Google, Opinioni Aerobiche, in prima pagina di ricerca....equivale ad una vittoria!!
Quando si dice la forza delle idee.
Pasqualino Onofrillo.

Anonimo ha detto...

Caro Mario,
questi conti non se li fà nessuno, perchè non conviene a nessuno, queste amarezze vengono digerite solo e sempre da persone capaci di sopprtare.(in questo caso tu)
Sarà l'invidia,l'ipocresia degli altri che ti girano intorno,
non finirai mai e poi mai a conoscere il tuo nemico amico.

Marius ha detto...

Ieri, al telefono, parlavo con un amico proprio di questi numeri. Il re è nudo: l'atletica di serie A sembra non avere più quell'appeal di un tempo. Non abbiamo più bisogno di 'effetti speciali'. Credo invece siano molto più interessanti (e perciò credibili) gli sforzi 'reali', cioè a misura della propria dimensione locale, compiuti quotidianamente sul territorio da tecnici locali. Paradossalmente (ma neanche troppo) sarebbero convincenti in tal senso anche le performance di celebrità extraregionali, se frutto dell'impegno di tecnici della nostra regione che operano in pianta stabile sul nostro territorio. Per essere atleti abruzzesi bisogna allenarsi in Abruzzo, seguiti da allenatori che operano in Abruzzo. Sbaglio?

m

Enrico ha detto...

Riflessioni sparse (non è il mio stile ma oggi va così).

Un impegno medio di tre ore al giorno, curiosamente sbilanciato verso la formazione: ti piace più leggere stando al caldo che gelare sul campo. (la Teoria vince sulla Pratica)
E’ comunque un impegno notevole e sono certo che i tuoi familiari borbottano un po’: per fortuna che, facendo l’insegnante, non devi anche andare a lavorare. (meglio la Teoria che la Pratica)
Se hai fatto i conticini sul tempo, e quindi sulle risorse, vuol dire che forse la checklist che ti spedii fuori onda non l’hai buttata: non la prendere per oro colato. (va bene la Teoria ma occhio alla Pratica)
E’ evidente che un tuo impegno diretto nell’agone politico-sportivo non è più differibile, non fosse altro che per questioni di anagrafe: a 45 anni la distanza che ti separa dai ‘vecchi dinosauri’ non è più infinita. (tutta ‘sta Teoria la vogliamo mettere in Pratica, uno di questi giorni?)

Teoricamente godi di credito, consenso e approvazione.

Praticamente rischi di cozzare contro un muro.

C’è un posto vacante, nel Principato di Danimarca.

Sarcasticamente tuo

Enrico il Plantageneto

Marius ha detto...

Ciao Enrico. Mi offri la possibilità, nel risponderti, di affrontare alcune questioni a me care.
La prima. Scrivi: "per fortuna che, facendo l’insegnante, non devi anche andare a lavorare". È in parte vero il detto che lessi su una t-shirt qualche tempo fa: "Three reasons to be a teacher: June, July, August" (io però giugno lo lavoro tutto). È sacrosanto pure che il mio impegno di insegnante è di 24 ore settimanali (22 coi bambini + 2 di programmazione). Ci sono però pure i collegi docenti, i consigli vari, gli aggiornamenti, i colloqui con le famiglie e la preparazione delle attività didattiche (lavoro che svolgo a casa sobbarcandomi pure la spesa di tonnellate di fotocopie - ho comprato una stampante laser apposta - insieme all'acquisto di saggi di pedagogia/didattica, abbonamenti a riviste, ecc. Tutto questo esula dai 4000€ di 'spese atletiche'). È vero pure che potrei fare il 'lavativo' e vivacchiare come tanti fanno nelle mille plaghe della pubblica amministrazione, mancando un efficace sistema di valutazione/controllo della qualità del nostro impegno. Io però vado avanti coi miei principi (se puoi, credimi sulla parola). Ho sessanta alunni. Tre volte a settimana insegno a 35 di loro, tutti insieme, dentro un'aula coi banchi a castello. La mia è una scuola 'di frontiera': ho tre albanesi, sei romeni, due peruviani. Alcuni di loro parlano a stento l'italiano, e non abbiamo mediatori culturali (almeno attualmente). Ci sono poi alcuni bambini con problemi certificati (sostegno) e molti non certificati la cui aggressività li rende, spesso, molto simili alla Regan de "L'esorcista". Periodicamente polizia e carabinieri con le loro retate ci 'portano via' qualche genitore. Fai quattro-sei ore di fila in 'trincea' (a fare Pratica te l'assicuro, non teoria) in un ambiente del genere e poi vai sul campo ad allenare.

La seconda. "Ti piace più leggere stando al caldo che gelare sul campo. (la Teoria vince sulla Pratica)". Leonardo da Vinci scriveva: "Chi si innamora
di pratica senza scienza
è come nave senza nocchiere
che certezza non ha
dove si vada". Diciamo pure che per me è più 'pratico' studiare, leggere, che stare sul campo. Riesco a studiare al cesso, negli intervalli (chi mi conosce è abituato a vedermi girare con due borsoni sempre traboccanti di carta), dappertutto. Sul campo invece non puoi stare per frammenti temporali. Le tre ore quotidiane di teoria, sono un mosaico di minuti strappati alla televisione e a tante altre attività (e qui, come giustamente scrivevi, la famiglia si incazza davvero).

Scusami per la risposta scomposta.
Adesso scappo a scuola (ho il turno pomeridiano). Tornerò a "riveder le stelle" alle 20.00 (dopo la scuola coi bambini ho la riconsegna delle pagelle).

un caro saluto

mario

Anonimo ha detto...

"Il numero dei seguaci dimostra che Mario non è solo, che il suo messaggio fondato sull’etica dello sport appartiene a una moltitudine attiva sebbene questa rimanga, di solito, un po’ in disparte nei giochi di potere".
Cito Valerio, perché condivido appieno le sue parole, che inquadrano ottimamente la professionalità e l'impegno profusi dal Marius in quello che è il suo giocattolo preferito.

Qualità che, naturalmente, lo contraddistinguono non solo sul piano virtuale.
Quante volte lo abbiamo visto con 3 cronometri in mano a prender tempi a tutti i suoi ragazzi, divisi per gruppi? Sempre dando un occhio anche ai più grandi.
E quante volte con la telecamere a curare l'azione dei giovani marciatori?
Per non parlare degli episodi più "comici" e paradossali, quando gli capita addirittura di subire anche il personaggio che non ti aspetti a urlare in pineta...
E che dire del tempo che riesce a dedicare agli atleti che cura a distanza?

Teoria e pratica, dunque.
Ma in effetti Enrico ha ragione quando suggerisce che i tempi sono ormai maturi per un impegno diretto nell'agone politico sportivo.

Tengo solo a precisare che per essere atleti ABRUZZESI ci si può anche allenare FUORI dall'Abruzzo, laddove siano le circostanze ad imporlo... O no, Marius?
Però condivido l'idea che sia piuttosto facile tirar su una squadra competitiva prendendo atleti all'estero o in giro per l'Italia...

Un saluto a tutti.
Un limitato (nella connessione) ma sempre presente Sat

Marius ha detto...

"Per essere atleti abruzzesi bisogna allenarsi in Abruzzo, seguiti da allenatori che operano in Abruzzo. Sbaglio?".
Sì, sbaglio. E rettifico: per essere atleti abruzzesi bisogna allenarsi in Abruzzo, seguiti da allenatori che operano in Abruzzo, oppure essere abruzzesi, anche se non domiciliati in regione, ma comunque allenati da tecnici abruzzesi.
Sorry Sat e grazie del consueto supporto agiografico (di questi tempi ne ho un bisogno vitale).

m

Anonimo ha detto...

Beh, speriamo non solo agiografico...
Mi piacerebbe poterti dire che quest'anno ci saranno importanti sviluppi. Ma onestamente non credo che sarei molto credibile.
Però mio padre dice sempre che l'impegno e la classe alla fine vengono sempre fuori...

Sat

Anonimo ha detto...

...mm.....mi sono allenata in Abruzzo, fuori Abruzzo, con tecnici abruzzesi e con tecnici di fuori, ho gareggiato per società abruzzesi e per società fuori regione.....

formalmente, ora, non sono un'atleta abruzzese, per intenderci se ci fosse una rappresentativa regionale non potri essere convocata, ma di fatto mi sento abruzzese a tutti gli effetti:-)))

forse non sono le regole a determinare veramente l'appartenenza geografica di un'atleta....chissà....

Gis

Anonimo ha detto...

...io ho fatto SOLO sport.
Ho SOLO e sempre creduto nei risultati "veri", non in quelli improvvisi o estemporanei!!!
La casacca che indossavo era SOLO il mezzo che mi ha permesso di fare quello che amavo.
Oggi, continuo a fare SOLO quello che amo, noncurante -fin quando possibile - di colori sociali, provenienza geografica/sociale, capacità fisiche o tecniche e - ahimè - di tempo/soldi/famiglia.
Trovo stimolante, oltremodo, SOLO la sfida, l'agonismo. Oggigiorno mi metto alla prova, allenando lo "scarto" atletico, quelli a cui viene gentilmente detto "fai quell'altra cosa, lì riuscirai meglio" pur di toglierselo dai piedi.
Ho imparato che le arance belle tonde e rigogliose o le mele lucide e stupende...ti lasciano con l'amaro in bocca, deluso...cAPISCIAMMé.

Voglio SOLO far atletica, con pochi mezzi, poche risorse, con tanta fatica e impegno ma con immensa dedizione. Agli altri dico "non impeditemelo" con i giochetti.
Altrimenti lo sport d'èlite, quello presente nei sogni, lì rimarrà, incubo di noialtri.

GMaK
(mi andava dire stè cose, sorry Mario.)

Marius ha detto...

Lasciamo perdere per un attimo i sentimenti di appartenenza e i diritti di 'cittadinanza'. Voglio riallacciarmi al commento di GMak. L'ultimo qui in alto.
Anch'io ho sempre 'fatto' l'Atletica in quel modo (per il senso etico della sfida, per il piacere di migliorare i limiti atletici, impiegando al meglio le risorse naturali a disposizione, indipendentemente dal talento che mi passa per le mani; ed anche per il piacere di insegnare qualcosa di buono attraverso lo sport che amo). Nel 1991, ricordo che avevo due atleti in nazionale; abruzzesi (non vogliatemi male), insieme ad una miriade di tapascioni (grandi e piccini) che seguivo tutti con eguale rispetto. Non sono mai stato un allenatore 'fighetto', buono solo a seguire i primi della classe. Anzi. Chi mi ha visto ricominciare al Cus, qualche anno fa, sa quello che dico. Però... (perché ci sono i però, come per ogni medaglia i propri rovesci) per restare alla metafora delle "arance belle e tonde e rigogliose o le mele lucide e stupende" che lasciano l'amaro in bocca, posso affermare che, sempre più di frequente, sono proprio gli atleti mediocri (mediocri in senso matematico: che stanno nella media) a deluderti per i loro atteggiamenti da prime donne e, cosa peggiore, per la scorrettezza dei loro comportamenti. Arance ammaccate e sottocalibro che credono di essere tarocchi di Sicilia e che si lamentano del proprio contadino, sempre alle sue spalle, obviously...

m

Anonimo ha detto...

Uhuhuhuh...
Caro Mario, mi hai divertito moltissimo con questa disamina...
In effetti direi che alcuni di questi soggetti sono sicuramente dei "tarocchi": probabilmente non di Sicilia, ma sicuramente di "Striscia la notizia"...

Un saluto.
Sat

Marius ha detto...

Caro Sat, ci sarebbe tanto altro da aggiungere. Pensa al rapporto genitori-insegnanti, alle ingerenze fastidiosissime che un tecnico può subire sul campo (e fuori). Pressioni, diciamo così, di ogni tipo; alcune di esse farebbero scompisciare dalle risa se non fossero vibrate con tanta convinzione. Attorno ad un allenatore di atletica, che spessissimo lavora gratuitamente, gravita un mondo di 'esperti', zelanti, sempre in movimento, sempre attivi per il bene dei loro figlioli. È un po' come a scuola, quando torme di genitori, esperti di educazione e di didattica, cercano il capro espiatorio per i loro fallimenti educativi. Mi stoppo qua, ché oggi è sabato...

un salutone

m