Quando un impegno di lavoro difficile e delicato viene ad interrompersi improvvisamente, anche se per ragioni già palesi all’inizio del compito stesso (certe storie hanno la fine stampata in rilievo fin dalla prefazione), strani sentimenti iniziano a mulinare dentro al cervello. Inizialmente ci si può incazzare perché è andato alle ortiche un progetto che, nella sinusoide dei progressi preventivati, procedeva secondo quanto pianificato. Bisogna poi fare i conti con quei sentimenti, meno cerebrali, che definiamo "ragioni del cuore". Quando finisce un rapporto di lavoro, una collaborazione, drasticamente e per motivi legati all’incapacità di certuni nel procedere linearmente (c’è un responsabile del progetto, uno soltanto), unitamente alle insopportabili e risibili interferenze di chi dovrebbe occuparsi d’altro, allora si spezza l'anima nel veder naufragare la possibilità di una crescita, individuale e collettiva e, cosa straziante, assistere alla deriva di anime innocenti.
Quando chiudo un capitolo, giro pagina e vado avanti. Non torno indietro per rimettervi mano. È chiuso, appartiene alla memoria; appartiene all’esperienza. Rimane la bella consolazione (mai troppo apprezzata) di aver liberato (e quindi guadagnato) del tempo e molte energie per i giorni futuri, a patto che il capitolo, chiuso ma scolpito nel cervelletto, eviti al viandante, all’occorrenza, ulteriori 'cattivi' incontri (errare è umano, perseverare è da pirla).
Quando chiudo un capitolo, giro pagina e vado avanti. Non torno indietro per rimettervi mano. È chiuso, appartiene alla memoria; appartiene all’esperienza. Rimane la bella consolazione (mai troppo apprezzata) di aver liberato (e quindi guadagnato) del tempo e molte energie per i giorni futuri, a patto che il capitolo, chiuso ma scolpito nel cervelletto, eviti al viandante, all’occorrenza, ulteriori 'cattivi' incontri (errare è umano, perseverare è da pirla).
21 commenti:
Ebe si, posso capire come ti senti dentro caro Mario e sinceramente non ti invidio neanche un po, comunque spero che avrai la forza di fare quello che hai appena scritto e valutare chi hai intorno, hai appena capito quale è il vero problema dell'agonismo e dello sport agonistico in genere: "I G E N I T O R I" purtroppo esistono e sono i primi a rompere i ...... e trasformare il bello in cattivo tempo, valutare quello e questo, parlare male di uno e malissimo dell'altro, ficcando idee strane e contorte nella testa di altri suoi simili per far passare nella mer...... chi ha un passo in più per invidia o per altro, starei a descriverti un milione di altri difetti, ma purtroppo sforzandomi, non riesco a trovare pregi e per questo mi chiedo, ma che diamine vogliono da questi figli che desiderano solo divertirsi fare uno sport sano e sognare un probabile futuro. ADRIANO
Nessuno ha il coraggio di commentare. Nemmeno io!!
Non ci vuole coraggio per commentare e, non bisogna avere nemmeno le p......., penso che ci vuole un minimo di buon senso e la coscienza pulita. ADRIANO
Allora tu sei l'unico che ha la coscienza pulita e un minimo di buon senso.
Non penso assolutamente a questo, ma vedo semplicemente che qualcuno questo non c'è l'ha e si va nascondendo dietro i muri trasparenti. ADRIANO
Se vale l'assunto sopra esposto allora siamo già in tre. (Ragazzi, lasciamo perdere 'sto post e tiriamo innanzi; ripeto, qui se c'è un pirla quello sono io).
m
Voglio complimentarmi con Mario perche' cio' che ha scritto gli fa onore pricipalmente come Uomo oltre che allenatore di atletica. I miei migliori "imbocca al lupo" per il prosieguo.
Grande, Grandissimo Adriano, sei un fenomeno, se non esistevi, qualcuno primo poi ti inventava. Continua cosi e diventi il numero uno a sparare ca...te ora sei degno anche tu di assaporare le pillole di saggezza
Adriano forse avrà ecceduto nell'enfasi di un momento non molto 'simpatico'. Lo comprendo. Almeno lui si firma. Tu però, o Anonimo, vedo che continui ad usare lo stile che ti contraddistingue.
m
Carissimo Mario non ho ecceduto affatto, anzi ho solo detto quello mi sentivo di dire, senza puntare il dito a nessuno, la libertà di parola non è vietato dalla costituzione Italiana.
STORIA
L'origine del concetto e della pratica della libertà di parola risale all'antica Grecia, in particolare nelle polis con regime democratico, dove veniva chiamata col termine parresia, la facoltà che i cittadini avevano di esprimere la loro opinione liberamente durante le assemblee pubbliche che si svolgevano nell'agorà. Il termine compare per la prima volta nel tragediografo greco Euripide nel V secolo a.C. e ricorre in tutto il mondo letterario greco fin nei testi patristici del V secolo d.C., e per l' ultima volta in Giovanni Crisostomo.
Gli antichi greci avevano stabilito che per dire la verità occorreva "dire tutto" ciò che si aveva in mente. La stessa etimologia della parola parresia è quello attribuito a pan (tutto) e rhema (ciò che viene detto). Nella parresia si supponeva che non ci fosse differenza tra ciò che uno pensava e ciò che diceva.
Il filosofo greco Platone distingue due forme di parresia: una parresia falsa, da un lato; dall'altro, una parresia veritiera, sapiente e costruttiva
Viva L'Italia!!!!!!!!!
ADRIANO
la forza di internet.... tutti maestri!!!
... o tutti allenatori ;))
m
Ahia! Che botte!
Mi scanso, altrimenti finisce che prendo uno sganassone anch’io.
Ma non c’era la tregua olimpica?
Enrico a Colono
hadriano dove è.sono sicuro che lui puo risolvere il dilemma o tutti maestri o tutti allenatori.èuna mascotte che rimettera tutti in sintonia.
Torno a lasciare un messaggio dopo diversi giorni.
Francamente nel post precedente non avevo inteso la vera allusione e credevo che il riferimento fosse più banale e rivolto ad ironizzare su un passato che sembrava lontanissimo e che invece, adesso, sembra più attuale che mai.
Poc'anzi sono stato brevemente relazionato dal grande capo. Non immaginavo e non potevo nemmeno lontanamente sospettare le ultime, recenti vicende.
Devo ammettere che mi spiace davvero moltissimo che si siano verificati questi spiacevoli episodi.
In special modo perché mi sembrava proprio che si fosse instaurata un'atmosfera splendida, da famiglia allargata, se mi concedete la locuzione.
Non importa chi ha torto e chi ha ragione. Normalmente non ha proprio alcun senso soffermarsi su questioni del genere, perché si rischierebbe soltanto di farsi inutili menate e si finirebbe, inevitabilmente, con l'accrescere un rancore ingiustificato.
Mi sento soltanto di dire che, dal canto mio, forse per indole caratteriale, forse per tipo di educazione, forse per deformazione professionale, o forse soltanto per stupidità, quando qualcosa non va come dovrebbe o comunque non si si conclude come pensavo e/o speravo, la prima cosa che faccio è rifletterci su da solo, cercando di dare una spiegazione razionale a quanto accaduto. E normalmente il primo contro cui punto l'indice sono io stesso...
Mi spiego. Se mi sono impegnato, se mi sono dato da fare, se ho lavorato in un certo modo inseguendo un determinato obiettivo, ma poi non ce l'ho fatta, la cosa più naturale ed istintiva che mi viene da pensare è che forse non ero così preparato come immaginavo.
Per carità, poi non è sempre così.
Alle volte capita perfino che le cose non siano andate come avrei voluto per cause totalmente indipendenti dalla mia sfera personale e volitiva. Ma una simile conclusione è il frutto di una lunga e meditata riflessione.
Se poi ho voglia di parlare dell'accaduto, cerco un dialogo ed un confronto con le persone che più mi sono state vicino in quei momenti, cioè con coloro che, in effetti, possono avere una visione più completa della mia situazione e che reputo siano in grado di offrirmi spunti, suggerimenti, elementi aggiuntivi per inquadare meglio e più correttamente l'intera vicenda.
Sicuramente quello che non farei mai e poi mai è andare a chiedere lumi a qualcuno che di tale situazione non è e non può essere a conoscenza.
E in ogni caso non mi sentirei mai in grado di scaricare completamente sugli altri responsabilità che in fondo sono soltanto mie. O comunque principalmente mie.
Finisco qui.
Però non pensavo potesse accadere.
Un saluto.
Sat
P.S.: "Enrico a Colono" è talmente bello che mi sento di promuoverti personalmente ad "Enrico Re"...
Sinceramente non ho compreso l'intervento di Sat., forse non conosco le situazioni e quindi non sono in grado di capire. Vorrei chiedere, di essere più esplicito tanto da permettere a tutti di cogliere le ragioni scritte.
Un saluto Amico
"Un saluto Amico". Sarà... È innanzi tutto un saluto Anonimo (per carità, liberi di postare da anonimi; ma dal post anonimo, personale, ad una richiesta che suona come un "chiarisci a tutti - e per iscritto - le tue ragioni", beh, mi sembra ce ne passi). I veri amici si firmano. E poi, la maiuscola di "Amico" avrebbe più senso se fossero gli altri a tributarcela. O no?
m
... ma "saluto amico" non ricorda un tantinello "fuoco amico"?
m
Caro Amico (Batman? Diabolik? Beh, certamente uno di cui non dobbiamo conoscere l'identità segreta...),
guarda ad inizio post o sulla sinistra ed avrai le tue risposte: "capitoli chiusi", "game over".
Perché aggiungere altro sulla questione?
Un saluto.
Sat (e non "Sat.": con tutti gli interventi che ho fatto su questo blog...)
P.S.: come disse Mourinho appena arrivato all'Inter, "io non sono un pirla"...
Adrianoooooooooooooooooooooooooo
Adriano o Hadriano?
m
Posta un commento