domenica 29 maggio 2016

Non plus ultra


“Sventurata la terra che ha bisogno di eroi”, scriveva Brecht. Ma qui, oggi, non tratterò di eroi, né di impavidi avventurieri alla Indiana Jones. Torno su un argomento a me caro: la salute dello sportivo (salute psicofisica, of course) e faccio una premessa dovuta: non sono contrario in assoluto alla 100 km come competizione podistica, a patto però che, verificata la capacità dell’atleta di sopportare volumi di lavoro notevoli (le strutture osteo-articolari e muscolo-tendinee vengono messe a durissima prova con sedute della durata di 3, 4, 5 ore consecutive di corsa), venga seguito un programma di allenamento scientifico, meglio se con il supporto tecnico, diretto, di un allenatore di provata competenza (ché di ‘pifferai magici’ son zeppi i social network).

La 100 km del Passatore 2016 è già acqua passata. Magnifica l’undicesima vittoria di Giorgio Calcaterra, fenomeno umile e perfetto nella preparazione, gestione-interpretazione dell’ultramaratona più suggestiva del pianeta.

Giorgio sorride ‘leggero’ e taglia il traguardo come se avesse cominciato a correre venti minuti prima. Peccato che pochi tra i podisti partiti con lui abbiano concluso la prova senza qualche acciacco di troppo o con sufficiente energia per tenersi in piedi e prendere, in modo dignitoso, la via del posto di ristoro. L’ottimo Giorgio ha molti ammiratori tra gli amatori ma, tra questi, pochissimi hanno compreso la sua lezione che è tecnica e umana insieme.

2655 gli atleti partiti da Firenze. All’arrivo di Faenza se ne contano 2042. E c’è da riflettere sul terzo posto assoluto di una donna, la croata Nikolina Sustic giunta, con 7hh 40’26” a soli 5’40” dal secondo assoluto, il pur forte Marco Ferrari.

Chiudo rivolgendo i complimenti più sinceri ad Agnese Zanotti, moglie dell’amico Fabio Moretti e perciò mia amica. Agnese ha chiuso la 100 km del Passatore 2016 camminando, dal primo all’ultimo metro, in 16hh 45’57”. Il cammino sportivo di Agnese è l’espressione di un metodo sicuramente innovativo in ambito podistico, frutto della ricerca che la Scuola Italiana Camminata Sportiva sta conducendo dall’inizio di quest’anno, con successo.
Agnese Zanotti sorride al traguardo del Passatore. Ed io con lei.

sabato 14 maggio 2016

Tredici mesi e una settimana


Per gli antichi greci il Tempo era trino. Aion, l’eternità, o l’era, o anche il tempo che tiene insieme l’intera durata della vita. Kronos, il tempo logico; passato, presente e futuro. La successione logica di secondi, minuti, ore… Ed infine Kairos, l’occasione (taluni dicono il tempo debito), l’istante cruciale, immobile e apparentemente eterno. 

Tredici mesi e una settimana, dal 1 aprile 2015 al 8 maggio 2016. Aion.

Il 1 aprile 2015, giorno della conferenza stampa di Alex Schwazer e Alessandro Donati; giorno del progetto dichiarato urbi et orbi. Kairos coccola Alex e Alessandro, ma anche Dario D'Ottavio, Benedetto Ronci, me e tutti quelli che credono nella forza delle scelte giuste, anche se impopolari, difficili da agire e da essere comprese. Kairos  è un dio benevolo, ma non ammette tentennamenti di sorta.

E poi Kronos, coi suoi giorni carichi di pensieri, di parole dette e scritte, ascoltate; lette e rilette. Kronos, che si fa cronometro digitale e occhio esperto nella successione sessagesimale di ore, minuti e secondi, gioca coi passi regolari di un marciatore apparentemente difficile da ‘domare’. Kronos che muta in Kairos, dentro l’istante di un fotogramma prezioso, passato al setaccio di un computer crudele e necessario. Kronos che ‘gioca’ settimanalmente a fare il vampiro in nome della Scienza (quella buona) a tutela della salute dell’atleta. Di tutti gli atleti.

Aion, Kronos e Kairos si incontrano a Roma, l’8 maggio 2016. È tempo di fare festa.

 "Sisifo insegna la superiore fedeltà che nega gli dèi e solleva i macigni. Quest’universo ormai senza padrone non gli appare sterile nè futile. Ogni grano di questa pietra, ogni bagliore minerale di questa montagna piena di notte, costituisce di per sè un mondo. Anche la lotta verso le cime basta a riempire il cuore di un uomo. Bisogna immaginare Sisifo felice." (Albert Camus, Il mito di Sisifo)