Angelo De Cristofaro, il Professore, se n’è andato per sempre. Quando muore una persona cara si cerca di artigliarne il ricordo, recente e remoto; la memoria comincia ad andare avanti e indietro nella disperata volontà di trattenere qualcosa di vivo, di fisico, prima che spirituale. Di un allenatore di atletica leggera, di un Maestro come Angelo, mancano innanzi tutto la voce e lo sguardo, quel linguaggio semplice ed efficacissimo, verbale e non verbale, che è proprio della guida, del capitano sulla tolda vicino ai suoi ragazzi, prima della battaglia. Angelo ha costruito l’Atletica a Lanciano, partendo dalla marcia, con un impegno durato oltre cinquant’anni; la marcia atletica come traslato esistenziale, strumento educativo d’eccellenza, aggregatore sociale, prima che disciplina sportiva agonistica. Ma la marcia atletica è anche agonismo e Angelo lo sapeva bene. Di marciatori bravi ne ha allenati tanti. L’azzurra Sibilla Di Vincenzo è, ad oggi, la sua atleta più blasonata, ma posso testimoniare che a Lanciano – nella Nuova Atletica Lanciano –, attualmente, ci sono marciatrici e marciatori giovanissimi (anche esordienti), tutti provenienti dallo stesso vivaio e pronti a seguirne le orme. Ma non solo. Oggi la Nuova Atletica Lanciano ha un bel gruppo di tecnici e dirigenti, appassionati e giovani, presenti sul campo col giusto entusiasmo. A loro auguro di fare propria la lezione di Angelo, un insegnamento che vale ben più dei suoi molti successi di allenatore benemerito: allenare i ragazzi senza mai lasciare nessuno indietro; senza mai perdere la testa per il campioncino di turno. Un esempio di sobrietà sportiva e morale che manca a molti di noi allenatori.
domenica 31 maggio 2009
La lezione di Angelo De Cristofaro
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mercoledì 27 maggio 2009
Il deserto dei tartari (del tartan)
Lo Stadio Adriatico con la sua pista d’atletica è bello da far paura. (Ma la paura non porta nulla di buono). Ora è là, un’enorme cattedrale, inquietante, nel deserto della nostra (in)capacità di rinnovare la sfida verso il futuro dello sport di base. La magniloquenza del suo cemento rimesso a nuovo, dell’azzurro della sua pista, stride con l’assenza dei suoi ‘abitanti’. Qualcuno vorrebbe tenere questi ultimi a debita distanza, anche a Giochi finiti – così mi hanno detto –, rei di vestire casacche ‘straniere’; perciò, fuori gli ‘stranieri’, anche se figli dello stesso Abruzzo martoriato (non solo atleticamente, purtroppo). Chi potrà allenarsi dentro il catino gommato d'azzurro, quindi? E quanto dureranno i fortunati e solitari atleti che cercheranno di abitarlo?
Datemi pure della Cassandra, se vi va, ma di questo passo l’Atletica in Abruzzo sparirà nel giro di un paio di stagioni (fatevi un giro tra Pescara e Chieti, e intervistate qualche allenatore). Pochi i tecnici che tengono ancora duro (e per quanto ancora?), ‘ostaggi’ della strenua, appassionata volontà dei loro giovanissimi atleti. Pochi allenatori – rari nantes in gurgite vasto – e ancora per poco.
Credo che il giocattolo si sia rotto, e pure da un po’. Danaro da investire ce n’è già pochino per le cose ‘serie’; per uno spettacolo che non interessa più nessuno, meno che meno. Gli Enti locali hanno altro a cui pensare (leggasi bilanci in rosso, profondo), la ‘pacchietta’ è finita. Sorriderei se avessi il giusto distacco, quell’atarassia che tanto invidio a certi anziani (non tutti i vecchi sono saggi). Se fossi un cinico sorriderei di fronte all’errore enorme che ci ha ridotti nella condizione in cui oggi versiamo. L’errore di aver sciupato un patrimonio tecnico di eccellenza, di aver preso letteralmente a calci, negli anni, fior di allenatori, molti dei quali sono emigrati verso impegni più gratificanti (economicamente, ma non solo).
Vi invito a leggere (o rileggere) “Il deserto dei tartari”, di Dino Buzzati. Il romanzo credo sia un’efficacissima allegoria di quanto va accadendo nel nostro ambiente. In un’intervista Buzzati cercò di spiegare i motivi della genesi della sua opera. Le sue parole, oggi, potrebbero essere quelle di qualcuno di noi. O no?
« Probabilmente tutto è nato nella redazione del Corriere della Sera. Dal 1933 al 1939 ci ho lavorato tutte le notti, ed era un lavoro piuttosto pesante e monotono, e i mesi passavano, passavano gli anni e io mi chiedevo se fosse andata avanti sempre così, se le speranze, i sogni inevitabili quando si è giovani, si sarebbero atrofizzati a poco a poco, se la grande occasione sarebbe venuta o no, e intorno a me vedevo uomini, alcuni della mia età, altri molto più anziani, i quali andavano, andavano, trasportati dallo stesso lento fiume e mi domandavo se anch'io un giorno non mi sarei trovato nelle stesse condizioni dei colleghi dai capelli bianchi già alla vigilia della pensione, colleghi oscuri che non avrebbero lasciato dietro di sé che un pallido ricordo destinato presto a svanire. » (Dino Buzzati, in un’intervista premessa all’edizione degli Oscar Mondadori, 1966)
Datemi pure della Cassandra, se vi va, ma di questo passo l’Atletica in Abruzzo sparirà nel giro di un paio di stagioni (fatevi un giro tra Pescara e Chieti, e intervistate qualche allenatore). Pochi i tecnici che tengono ancora duro (e per quanto ancora?), ‘ostaggi’ della strenua, appassionata volontà dei loro giovanissimi atleti. Pochi allenatori – rari nantes in gurgite vasto – e ancora per poco.
Credo che il giocattolo si sia rotto, e pure da un po’. Danaro da investire ce n’è già pochino per le cose ‘serie’; per uno spettacolo che non interessa più nessuno, meno che meno. Gli Enti locali hanno altro a cui pensare (leggasi bilanci in rosso, profondo), la ‘pacchietta’ è finita. Sorriderei se avessi il giusto distacco, quell’atarassia che tanto invidio a certi anziani (non tutti i vecchi sono saggi). Se fossi un cinico sorriderei di fronte all’errore enorme che ci ha ridotti nella condizione in cui oggi versiamo. L’errore di aver sciupato un patrimonio tecnico di eccellenza, di aver preso letteralmente a calci, negli anni, fior di allenatori, molti dei quali sono emigrati verso impegni più gratificanti (economicamente, ma non solo).
Vi invito a leggere (o rileggere) “Il deserto dei tartari”, di Dino Buzzati. Il romanzo credo sia un’efficacissima allegoria di quanto va accadendo nel nostro ambiente. In un’intervista Buzzati cercò di spiegare i motivi della genesi della sua opera. Le sue parole, oggi, potrebbero essere quelle di qualcuno di noi. O no?
« Probabilmente tutto è nato nella redazione del Corriere della Sera. Dal 1933 al 1939 ci ho lavorato tutte le notti, ed era un lavoro piuttosto pesante e monotono, e i mesi passavano, passavano gli anni e io mi chiedevo se fosse andata avanti sempre così, se le speranze, i sogni inevitabili quando si è giovani, si sarebbero atrofizzati a poco a poco, se la grande occasione sarebbe venuta o no, e intorno a me vedevo uomini, alcuni della mia età, altri molto più anziani, i quali andavano, andavano, trasportati dallo stesso lento fiume e mi domandavo se anch'io un giorno non mi sarei trovato nelle stesse condizioni dei colleghi dai capelli bianchi già alla vigilia della pensione, colleghi oscuri che non avrebbero lasciato dietro di sé che un pallido ricordo destinato presto a svanire. » (Dino Buzzati, in un’intervista premessa all’edizione degli Oscar Mondadori, 1966)
domenica 17 maggio 2009
Sogni mediterranei
(foto da www.primadanoi.it)
L’altra notte ho sognato un gigante. Sembrava saltato fuori da una fiaba, alto come una palazzina di otto piani e con una scopa in mano. Stava davanti all’ingresso dello Stadio Adriatico di Pescara, bello indaffarato, ed anche un po’ preoccupato. Dava di ramazza a più non posso e di tanto in tanto si guardava intorno, certo dell’arrivo imminente di qualcuno; qualcuno importante e magari più d’uno. Mulinava senza posa la sua gigantesca scopa di giunco ed aveva radunato un bel cumulo di calcinacci, blocchi di cemento e tondini di ferro arrugginito, assieme ad un paio di benne scassate. Sembrava non dovesse finire mai, tanto c’era da fare. Ad un tratto però si fermò. Diede un’occhiata all’orologio, si guardò intorno per l’ultima volta e, con destrezza, sollevò lo stadio afferrandolo dalla tribuna coperta, come fosse un immenso tappeto, facendo sparire sotto di esso le grigie macerie ammonticchiate; almeno un paio di benne vennero nascoste con due tre calci dietro una curva. La festa stava per cominciare.
lunedì 11 maggio 2009
Giochini
Le prove dell’asta maschile, del decathlon (maschile), dell’eptathlon (femminile), della marcia 20 km femminile sono state cancellate dal programma dei Giochi del Mediterraneo 2009 (cliccare qui per i dettagli). Una bella mazzata per l’Atletica in senso lato, ed in particolare per quella abruzzese: perdiamo la presenza di Elisa Rigaudo, bronzo a Pechino nella 20 km di marcia e la probabilissima partecipazione di Gisella Orsini, marciatrice pescarese in forza al C.S. Forestale. Sia la Rigaudo che Gisella avevano programmato da mesi l’appuntamento dei Giochi del Mediterraneo pescaresi, rinunciando ad altri importanti impegni federali (Coppa Europa di Marcia in primis). Ma non è tutto. Rimane a casa pure il bronzo olimpico di Atene, l’astista Giuseppe Gibilisco, oggi in forza alla blasonata e abruzzese Bruni Pubblicità Atletica Vomano.
Come mai le molte federazioni sportive ‘mediterranee’ hanno snobbato le sopraccitate discipline tanto da causarne la cancellazione? C’è qualcosa che non ha funzionato a livello organizzativo?
Ieri a Pescara c’è stata l’inaugurazione del nuovo Stadio Adriatico, quello dei Giochi del Mediterraneo, per intenderci. Io non c’ero perché impegnato al Parco d’Avalos con l’allenamento dei miei atleti. Allo stadio, gremito fino all’inverosimile (mi hanno detto) pare ci fossero proprio tutti (i politici, dello sport e non, intendo). Pare ci fosse pure il Direttore dei Giochi del Mediterraneo, che è anche Presidente del Cus Atletica Chieti, la società dove sono responsabile tecnico del mezzofondo. Ebbene, io il Presidente del Cus Chieti non l’ho mai visto al campo di allenamento, né ad una prova dei miei ragazzi; neanche ad una cena sociale. E dire che sono tre anni che alleno all'Angelini!
Finita la festa lo stadio è di nuovo vuoto. Un vuoto reale, senza metafore. Lo stesso vuoto con cui ogni allenatore di buona volontà è costretto, quotidianamente, a fare i conti.
Come mai le molte federazioni sportive ‘mediterranee’ hanno snobbato le sopraccitate discipline tanto da causarne la cancellazione? C’è qualcosa che non ha funzionato a livello organizzativo?
Ieri a Pescara c’è stata l’inaugurazione del nuovo Stadio Adriatico, quello dei Giochi del Mediterraneo, per intenderci. Io non c’ero perché impegnato al Parco d’Avalos con l’allenamento dei miei atleti. Allo stadio, gremito fino all’inverosimile (mi hanno detto) pare ci fossero proprio tutti (i politici, dello sport e non, intendo). Pare ci fosse pure il Direttore dei Giochi del Mediterraneo, che è anche Presidente del Cus Atletica Chieti, la società dove sono responsabile tecnico del mezzofondo. Ebbene, io il Presidente del Cus Chieti non l’ho mai visto al campo di allenamento, né ad una prova dei miei ragazzi; neanche ad una cena sociale. E dire che sono tre anni che alleno all'Angelini!
Finita la festa lo stadio è di nuovo vuoto. Un vuoto reale, senza metafore. Lo stesso vuoto con cui ogni allenatore di buona volontà è costretto, quotidianamente, a fare i conti.
venerdì 8 maggio 2009
Una domanda, anzi due
Apriamo di nuovo un post con una domanda: servono ancora gli allenatori?
Mercoledì scorso ero a Lanciano con gli amici-colleghi Luciano Carchesio e Donato Chiavatti per un mini-raduno del mezzofondo giovanile (province di Chieti e Pescara). È stata un’esperienza felicissima di allenamento collettivo, con tantissimi ragazzini (dai Ragazzi agli Allievi, M/F) a cui si sono aggiunti atleti più giovani e meno giovani (oltre ai convocati ufficiali, le società che hanno aderito all’iniziativa hanno aggiunto altri atleti). Le foto di questo post sono minuscoli frammenti di un’esperienza meravigliosa che ha mandato in bambola almeno tre dei miei quattro cronometri accesi, assieme ad una telecamera e ad un paio di fotocamere. E già, perché dentro quell’esperienza ho avuto pure la bella idea di coinvolgere le marciatrici della Nuova Atletica Lanciano, con Lucia Polito ad effettuare un test sui 3000m, tirata da una lepre di lusso: Ruggero D’Ascanio (42:59 sui 10.000m l’anno scorso a gli Assoluti di Cagliari). Mezzofondisti, veloci e resistenti, giovani e più giovani (ma anche qualche amatore ‘infiltrato’), marciatori… Ho ancora limpide le immagini di Donato Chiavatti, ragazzino tra i ragazzini, a saltellare di qua e di là del campo, felice come una pasqua. Luciano Carchesio non era messo meglio e così io, impegnato a fare segni per terra col gesso e a strillare passaggi come un ossesso.
A questo punto la domanda iniziale muta e si sdoppia. Investire sugli allenatori serve? Quanti (società sportive, istituzioni, ecc.) lo fanno davvero? Benedetta passione. Fin che dura.
Mercoledì scorso ero a Lanciano con gli amici-colleghi Luciano Carchesio e Donato Chiavatti per un mini-raduno del mezzofondo giovanile (province di Chieti e Pescara). È stata un’esperienza felicissima di allenamento collettivo, con tantissimi ragazzini (dai Ragazzi agli Allievi, M/F) a cui si sono aggiunti atleti più giovani e meno giovani (oltre ai convocati ufficiali, le società che hanno aderito all’iniziativa hanno aggiunto altri atleti). Le foto di questo post sono minuscoli frammenti di un’esperienza meravigliosa che ha mandato in bambola almeno tre dei miei quattro cronometri accesi, assieme ad una telecamera e ad un paio di fotocamere. E già, perché dentro quell’esperienza ho avuto pure la bella idea di coinvolgere le marciatrici della Nuova Atletica Lanciano, con Lucia Polito ad effettuare un test sui 3000m, tirata da una lepre di lusso: Ruggero D’Ascanio (42:59 sui 10.000m l’anno scorso a gli Assoluti di Cagliari). Mezzofondisti, veloci e resistenti, giovani e più giovani (ma anche qualche amatore ‘infiltrato’), marciatori… Ho ancora limpide le immagini di Donato Chiavatti, ragazzino tra i ragazzini, a saltellare di qua e di là del campo, felice come una pasqua. Luciano Carchesio non era messo meglio e così io, impegnato a fare segni per terra col gesso e a strillare passaggi come un ossesso.
A questo punto la domanda iniziale muta e si sdoppia. Investire sugli allenatori serve? Quanti (società sportive, istituzioni, ecc.) lo fanno davvero? Benedetta passione. Fin che dura.
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lunedì 4 maggio 2009
Figli e figliastri di casa nostra
[…] ho appena letto che ai campionati regionali societari allievi, si sono registrate alcune prestazioni degne di nota. In particolare il 4'00"45 di Salvi sui 1.500 m. Un buon miglioramento rispetto all'anno passato, in cui fece segnare 4'05". L'atletica abruzzese giovanile continua a crescere? (Sat)
Muovo da un passaggio dell’ultimo commento di Sat per sfogarmi un po’. Per carità non sono arrabbiato con nessuno in particolare, però…
Ieri e ieri l’altro ci sono stati a Teramo i Campionati di Società Allievi/e (1^ Prova Regionale). Come da programma orario moltissime competizioni erano aperte anche a Junior, Promesse, Senior e Master; ho deciso quindi di far iscrivere Carmine Campagna, ‘mio’ mezzofondista della categoria Promesse, nella speranza (quasi una certezza, in verità) di vederlo correre con alcuni ‘vivaci’ Allievi (Salvi, Chiaverini, Di Marcantonio) sugli 800 in programma la domenica. Sapevo pure che i giudici avrebbero potuto negare l’effettuazione di una batteria unica: Carmine Campagna avrebbe sicuramente lanciato la prova dei più giovani su ritmi interessanti, condizionandola. Si è quindi deciso di far partire due batterie degli 800, la prima con gli Allievi e la seconda col solo Campagna. Carmine ha provato e riprovato a convincere i giudici affinché gli permettessero di gareggiare nella prima serie, ma nisba. La questione si sarebbe pure potuta chiudere lì se non ci fosse stato un precedente: nei 1500 del giorno prima Marco Salvi, Allievo, è stato ‘portato’ al personale dalla Promessa Fabiano Carozza (4:00.45 per Marco e 3:59.58 per Fabiano). Ma le regole non dovrebbero essere uguali per tutti? Imbarazzante.
Muovo da un passaggio dell’ultimo commento di Sat per sfogarmi un po’. Per carità non sono arrabbiato con nessuno in particolare, però…
Ieri e ieri l’altro ci sono stati a Teramo i Campionati di Società Allievi/e (1^ Prova Regionale). Come da programma orario moltissime competizioni erano aperte anche a Junior, Promesse, Senior e Master; ho deciso quindi di far iscrivere Carmine Campagna, ‘mio’ mezzofondista della categoria Promesse, nella speranza (quasi una certezza, in verità) di vederlo correre con alcuni ‘vivaci’ Allievi (Salvi, Chiaverini, Di Marcantonio) sugli 800 in programma la domenica. Sapevo pure che i giudici avrebbero potuto negare l’effettuazione di una batteria unica: Carmine Campagna avrebbe sicuramente lanciato la prova dei più giovani su ritmi interessanti, condizionandola. Si è quindi deciso di far partire due batterie degli 800, la prima con gli Allievi e la seconda col solo Campagna. Carmine ha provato e riprovato a convincere i giudici affinché gli permettessero di gareggiare nella prima serie, ma nisba. La questione si sarebbe pure potuta chiudere lì se non ci fosse stato un precedente: nei 1500 del giorno prima Marco Salvi, Allievo, è stato ‘portato’ al personale dalla Promessa Fabiano Carozza (4:00.45 per Marco e 3:59.58 per Fabiano). Ma le regole non dovrebbero essere uguali per tutti? Imbarazzante.
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