Lo Stadio Adriatico con la sua pista d’atletica è bello da far paura. (Ma la paura non porta nulla di buono). Ora è là, un’enorme cattedrale, inquietante, nel deserto della nostra (in)capacità di rinnovare la sfida verso il futuro dello sport di base. La magniloquenza del suo cemento rimesso a nuovo, dell’azzurro della sua pista, stride con l’assenza dei suoi ‘abitanti’. Qualcuno vorrebbe tenere questi ultimi a debita distanza, anche a Giochi finiti – così mi hanno detto –, rei di vestire casacche ‘straniere’; perciò, fuori gli ‘stranieri’, anche se figli dello stesso Abruzzo martoriato (non solo atleticamente, purtroppo). Chi potrà allenarsi dentro il catino gommato d'azzurro, quindi? E quanto dureranno i fortunati e solitari atleti che cercheranno di abitarlo?
Datemi pure della Cassandra, se vi va, ma di questo passo l’Atletica in Abruzzo sparirà nel giro di un paio di stagioni (fatevi un giro tra Pescara e Chieti, e intervistate qualche allenatore). Pochi i tecnici che tengono ancora duro (e per quanto ancora?), ‘ostaggi’ della strenua, appassionata volontà dei loro giovanissimi atleti. Pochi allenatori – rari nantes in gurgite vasto – e ancora per poco.
Credo che il giocattolo si sia rotto, e pure da un po’. Danaro da investire ce n’è già pochino per le cose ‘serie’; per uno spettacolo che non interessa più nessuno, meno che meno. Gli Enti locali hanno altro a cui pensare (leggasi bilanci in rosso, profondo), la ‘pacchietta’ è finita. Sorriderei se avessi il giusto distacco, quell’atarassia che tanto invidio a certi anziani (non tutti i vecchi sono saggi). Se fossi un cinico sorriderei di fronte all’errore enorme che ci ha ridotti nella condizione in cui oggi versiamo. L’errore di aver sciupato un patrimonio tecnico di eccellenza, di aver preso letteralmente a calci, negli anni, fior di allenatori, molti dei quali sono emigrati verso impegni più gratificanti (economicamente, ma non solo).
Vi invito a leggere (o rileggere) “Il deserto dei tartari”, di Dino Buzzati. Il romanzo credo sia un’efficacissima allegoria di quanto va accadendo nel nostro ambiente. In un’intervista Buzzati cercò di spiegare i motivi della genesi della sua opera. Le sue parole, oggi, potrebbero essere quelle di qualcuno di noi. O no?
« Probabilmente tutto è nato nella redazione del Corriere della Sera. Dal 1933 al 1939 ci ho lavorato tutte le notti, ed era un lavoro piuttosto pesante e monotono, e i mesi passavano, passavano gli anni e io mi chiedevo se fosse andata avanti sempre così, se le speranze, i sogni inevitabili quando si è giovani, si sarebbero atrofizzati a poco a poco, se la grande occasione sarebbe venuta o no, e intorno a me vedevo uomini, alcuni della mia età, altri molto più anziani, i quali andavano, andavano, trasportati dallo stesso lento fiume e mi domandavo se anch'io un giorno non mi sarei trovato nelle stesse condizioni dei colleghi dai capelli bianchi già alla vigilia della pensione, colleghi oscuri che non avrebbero lasciato dietro di sé che un pallido ricordo destinato presto a svanire. » (Dino Buzzati, in un’intervista premessa all’edizione degli Oscar Mondadori, 1966)
Datemi pure della Cassandra, se vi va, ma di questo passo l’Atletica in Abruzzo sparirà nel giro di un paio di stagioni (fatevi un giro tra Pescara e Chieti, e intervistate qualche allenatore). Pochi i tecnici che tengono ancora duro (e per quanto ancora?), ‘ostaggi’ della strenua, appassionata volontà dei loro giovanissimi atleti. Pochi allenatori – rari nantes in gurgite vasto – e ancora per poco.
Credo che il giocattolo si sia rotto, e pure da un po’. Danaro da investire ce n’è già pochino per le cose ‘serie’; per uno spettacolo che non interessa più nessuno, meno che meno. Gli Enti locali hanno altro a cui pensare (leggasi bilanci in rosso, profondo), la ‘pacchietta’ è finita. Sorriderei se avessi il giusto distacco, quell’atarassia che tanto invidio a certi anziani (non tutti i vecchi sono saggi). Se fossi un cinico sorriderei di fronte all’errore enorme che ci ha ridotti nella condizione in cui oggi versiamo. L’errore di aver sciupato un patrimonio tecnico di eccellenza, di aver preso letteralmente a calci, negli anni, fior di allenatori, molti dei quali sono emigrati verso impegni più gratificanti (economicamente, ma non solo).
Vi invito a leggere (o rileggere) “Il deserto dei tartari”, di Dino Buzzati. Il romanzo credo sia un’efficacissima allegoria di quanto va accadendo nel nostro ambiente. In un’intervista Buzzati cercò di spiegare i motivi della genesi della sua opera. Le sue parole, oggi, potrebbero essere quelle di qualcuno di noi. O no?
« Probabilmente tutto è nato nella redazione del Corriere della Sera. Dal 1933 al 1939 ci ho lavorato tutte le notti, ed era un lavoro piuttosto pesante e monotono, e i mesi passavano, passavano gli anni e io mi chiedevo se fosse andata avanti sempre così, se le speranze, i sogni inevitabili quando si è giovani, si sarebbero atrofizzati a poco a poco, se la grande occasione sarebbe venuta o no, e intorno a me vedevo uomini, alcuni della mia età, altri molto più anziani, i quali andavano, andavano, trasportati dallo stesso lento fiume e mi domandavo se anch'io un giorno non mi sarei trovato nelle stesse condizioni dei colleghi dai capelli bianchi già alla vigilia della pensione, colleghi oscuri che non avrebbero lasciato dietro di sé che un pallido ricordo destinato presto a svanire. » (Dino Buzzati, in un’intervista premessa all’edizione degli Oscar Mondadori, 1966)
1 commento:
Grande Mario!
Per il post di quest'oggi hai rispolverato un capolavoro della letteratura italiana moderna.
L'accostamento è fantastico, ma speriamo davvero che non sia così. Altrimeni finiremmo soltanto col coltivare effimeri sogni di gloria, senza mai riuscire a vedere il tanto bramato giorno del confronto e della sfida.
Se è vero ciò che paventi - ossia il fatto che il nuovo impianto verrà chiuso agli "stranieri" - la situazione si tinge ancor più di miseria.
Continuiamo a vivere in una realtà di piccoli, sciocchi ed inutili contrasti. Ognuno difende il proprio minuscolo orticello, temendo di poter essere incalzato da qualche pericoloso rivale (ma chi, poi???) e la cosa mi fa davvero sorridere. Eh già, perché in realtà fa piangere, ma non vale neanche la pena sprecare delle preziose lacrime per tanta meschinità...
A Chieti ho assistito al siparietto degli spogliatoi, che francamente mi ha lasciato non poco interdetto. E per di più c'è il rischio che tra poco non avremo più nemmeno accesso ad una struttura ormai vetusta e malandata.
A Pescara rifanno un impianto e impediscono agli atleti non tesserati per le società "selezionate" di accedervi e allenarsi.
Mah... Rimango sempre più allibito.
A Pavia non ho mai visto cose del genere. Ok, io sono di casa, così come molti altri. Ma attualmente siamo davvero in tanti a non essere tesserati per società pavesi. Cus Chieti, Atletica Gavardo, Cover Verbania, Atletica Terni, Canottieri Milano e tante altre società "straniere".
Eppure nessuno si sogna di mandarmi via.
E' sufficiente il tesseramento Fidal - che ha validità nazionale - e non ci sono problemi per l'utilizzo degli impianti (pista, spogliatoi, bagni). Sono un atleta tesserato, che è vive fuori per lavoro ed al quale non si può certon imputare la colpa di non essere iscritto alla società di casa...
Da noi si resta ancora ancorati ad una mentalità che non è provincialesca, perché, se così fosse, saremmo già molto avanti.
Ci facciamo guerriglie fratricide ed assaporiamo con piacere le piccole faide interne.
Se il denaro è finito da un pezzo, la passione sembrava ancora in grado di tenere in piedi il circo.
Ma a questo punto comprendo il tuo smarrimento e la voglia di mollare tutto. In fin dei conti, chi te lo fa fare?
Ovviamente condivido il tuo sfogo, ma sappiamo bene chi te lo fa fare. E cioé il meraviglioso gruppo che hai creato - o che hai contribuito a creare, come preferisci - e che non riusciresti ad abbandonare tanto facilmente.
Però se vengono meno persino le strutture...
Ma la Federazione cosa pensa di tutto questo? Vanno bene la esiguità numerica e la bassa qualità di molte piste, nonché il divieto di utilizzare quelle più nuove e più attrezzate?
Inoltre mi chiedo: la nuova pista dell'Adriatico è stata ristrutturata con notevole dispendio economico solo per ospitare i Giochi del Mediterraneo e poche altre manifestazioni tipo Top Club Challenge? Ma allora è solo un'operazione d'immagine?
In attesa di una risposta
Sat
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