martedì 29 dicembre 2020

PRENDETE E MANGIATENE TUTTI


Sia chiaro: non ce l’ho con gli chef stellati. Né storco il muso dinanzi a certe genialità del marketing; e neppure mi scandalizzo quando in nome di un’economia da far ripartire si ‘benedicano’ patatine all’acrilammide oppure dolci dalla dubbia qualità degli ingredienti che li compongono.

Sia chiaro pure che non ce l’ho con chi ‘fa voti’ affinché si investa danaro pubblico per progetti formativi di imprenditori, locali o stranieri; illuminati o meno.
Senza denari non si canta la messa, recita il trito adagio levantino. D’accordo. Ma credo ci sia bisogno anche d’altro, soprattutto in questo particolare momento storico. 

Il nostro è un tempo ‘complesso’, quanto mai incerto, dominato dalla precarietà dei valori e dal disorientamento, che trovano espressione compiuta in quel disagio giovanile del quale, a me pare, troppi parlano e pochissimi – soprattutto a livello istituzionale – si preoccupano, con scienza e coscienza.

La crescente fragilità dei sistemi relazionali – quelli familiari e non – come quella dei sistemi economici e del lavoro determinano quel senso di precarietà e di smarrimento che riconosciamo nei nostri giovani, sempre meno capaci di progettare e ‘progettarsi’, per il futuro, anche a breve termine.

Da educatore e tecnico dello sport credo ferocemente nell’efficacia di un’educazione orientata alla comprensione della “complessità del reale”. Lo Sport – il vivere lo sport come tirocinio alla mutevolezza dell’esistenza – con le sue opportunità di confronto, di dialogo, di relazioni ‘giocate’ con il corpo e la mente, può educare alla capacità di scelta e alla capacità di assumersi la responsabilità delle proprie azioni. Così da poter pure distinguere tra un cibo spazzatura e qualcosa di egualmente gustoso, ma più sano.

Esiste finanche – pensate un po’ – un’imprenditoria sportiva buona che, in soldoni, non fa solo cassa. Quell’imprenditoria avrebbe bisogno di far proprie alcune lezioni di marketing dello chef stellato di turno; e pure delle concrete attenzioni delle istituzioni locali e nazionali.

venerdì 25 dicembre 2020

SFIDE PER POCHI


Mi piacciono le sfide sportive, che sono sempre ragionate; ponderate.
Le sfide, in questo senso, non hanno nulla a che vedere con le scommesse (io che non gioco manco il “gratta e vinci”).

Le sfide che intendo io sono sempre progetti condivisi, al cui centro c’è sempre l’atleta. L’obiettivo, il primo, il più importante, è la sua autonomia, che non significa fare a meno degli altri, ma la piena realizzazione della sintonia tra l'atleta stesso, la realtà circostante e tutte le persone che, a vario titolo, partecipano al progetto.

C'è bisogno pure di fiducia. Tanta fiducia. E di coraggio, di cui, inevitabilmente, l'atleta dovrà armarsi. Perché per raggiungere gli obiettivi più nobili è necessario, ad un certo punto, cambiare, abbandonare certe rassicuranti consuetudini e nascere altrove; per crescere.

Il successo, quello vero, è per pochi. (Quanti atleti - e non solo - si son persi per strada). 

Auguro a me stesso e ai miei compagni di viaggio ogni migliore energia volta alla realizzazione di progetti buoni. 
Buon Natale.

lunedì 21 dicembre 2020

IL PROGRAMMA

 


C’è sempre bisogno di “qualcosa di scritto”. Sì, carta canta.

‒ Me lo fai un programma? ‒ è il refrain dell’atleta (o anche pseudo tale) che sogna il successo e che non vuole perder tempo a pensare, a ragionare sul da farsi.

Il programma è il programma di allenamento, of course. La bacchetta magica, l’abracadabra che tiene lontani gli infortuni di ogni sorta; la “coperta di Linus” da stringere a sé ogni qualvolta il pensiero va all’imminente competizione.

Il programma di allenamento lo vogliono liofilizzato, buttato dentro un bicchiere: due giri di cucchiaino in acqua calda, e via.
Hai voglia a ragionare di pianificazione, periodizzazione e poi – molto poi – di programmazione e, quindi, di programma; di questo distillato, sovente, si ignora del tutto la genesi; soprattutto la storia personale di chi l’ha prodotto.

È così che gli allenatori diventano distillatori di numeri in successione sessagesimale; essi trasformano i sogni in verità approssimate. E, in fondo, qualcuno tra loro gongola pure quando ciclicamente torna il puerile refrain.

‒ Me lo fai un programma?

lunedì 14 dicembre 2020

CUM GRANO SALIS

 

Giovanni Grano vince il Campionato Italiano di Maratona 2020 a Reggio Emilia (ph da Atleticalive.it)

Giovanni Grano (Nuova Atletica Isernia) è il nuovo campione italiano di maratona. La sua prestazione mi ha molto colpito: un atleta molisano, non di primissima fascia - absit iniuria verbis - porta a casa in un colpo solo sia un titolo sportivo assai prestigioso, sia il primato personale (2:14:31) sulla distanza più consona alle sue attitudini atletiche (scorrendo la statistica delle sue migliori prestazioni noto un datato 30:21.5 sui 10000m in pista e un recente 1:04:06 nella mezza maratona).

Leggo sul sito federale, Fidal.it, che Giovanni Grano vive in Svizzera da quattro anni e lavora a tempo pieno come ricercatore di informatica presso l'università di Zurigo.

Giovanni Grano segue i programmi di Luciano Di Pardo, suo allenatore da sempre (ed anche allenatore dell'abruzzese Daniele D'Onofrio (Fiamme Oro), fresco reduce dalla maratona di Valencia, dove ha esordito col tempo di 2:15:40).

Giovanni Grano, dunque, non si allena 'a tempo pieno'. E non indossa una divisa militare. Fa, evidentemente, il giusto; ciò che gli ha permesso, comunque, di capitalizzare i talenti che ha.

Si può quindi studiare, lavorare, allenarsi ed esprimersi al meglio delle proprie potenzialità.

Cum Grano salis. Cum Grano cogito...

venerdì 11 dicembre 2020

INNOCUI NARCISISMI AFFETTUOSI



Spesso Facebook diventa la vetrina privilegiata di innocui narcisismi affettuosi. Definisco così quei post che celebrano imprese e pseudo-imprese di atleti, o pseudo tali, dimenticate un po' da tutti, fuorché dagli estensori di quegli stessi post.

Sovente sono foto ingiallite, per nulla a fuoco, oppure foto da smartphone di vecchie classifiche battute a macchina e tirate al ciclostile.

Ogni tanto cedo anch'io alla tentazione di mostrare al mondo - perché crediamo davvero che Facebook sia tutto il mondo - che da ragazzino e da giovanotto qualcosa sapevo fare, sgambettando.

E quindi ecco saltar fuori, grazie all'amico Augusto, un paio di ritagli tratti dalla rivista federale "Atletica". Piccola archeologia sportiva giovanile. Era il 1981, "luglio flagrava", ed io, coi miei 'pochi' sedici anni, correvo 12 km a 3:17.2/km...