sabato 14 dicembre 2013

Facebook killed the blog reader

The Buggles” agli inizi del 1980 cantavano “Video Killed the Radio Star”, tenue tragedia inevitabile di una celebrità della radio 'stroncata' dall'avvento della televisione. Adesso è la volta del Web coi blog che iniziano a languire per effetto della velocità comunicativa di Facebook e di lettori sempre più impigriti dal social networking compulsivo. Ma tant'è. E allora è tutto un fiorire di pagine e di gruppi su Facebook e di solitudini che chattano, a volte fianco a fianco, in un mulinare di “k” e abbreviazioni improbabili, epico trionfo della Crusca sull'Accademia.

E “Opinioni Aerobiche”, il mio stravagante blog, “ovvero: la corsa e la marcia attraverso pillole di piacevole fatica quotidiana (con qualche divagazione a corredo)”, che fine farà? Per ora cerca puerilmente di resistere, emergendo di tanto in tanto proprio dalla mia bacheca di Facebook; domani si vedrà. Ma non morirà, statene certi. Il mio samizdat telematico, seppur in balìa delle capricciose onde del Web, andrà avanti.

domenica 3 novembre 2013

E adesso?

(ph di Filippo Calore)

Una volta, non molto tempo fa, alla marcia atletica italiana si chiedevano medaglie. Metallo pesante, mica giuggiole. Metallo olimpico. Oggi la musica sembra essere cambiata (più per effetto del lavoro serrato e finalmente efficace delle procure che di una 'rivoluzione' etico-sportiva, interna alla Federazione stessa). Ma di che musica si tratta, dunque? E quali numeri esprime?

Sì, partiamo dai numeri. Di seguito le graduatorie 2013 dei primi 20, per la 20 km di Marcia Maschile, per la 20 km Femminile e per la 50 km. Ecco i nostri migliori Assoluti della Marcia:

20 km Maschile



















20 km Femminile




















50 km







Altro che ori olimpici. La situazione pare essere drammatica perché alla mediocritas non proprio aurea dei dati delle due  graduatorie, maschile e femminile, dei 20 km, segue lo strazio della 50 km coi suoi 4 (dico 4!) soli classificati. E forse non è un caso che il titolo italiano su questa nobilissima distanza quest'anno non sia stato assegnato (a tal proposito voglio ricordare che il Campionato Italiano della 50 km di Marcia non si disputò soltanto negli anni 1915, 1916,1917, 1918 e poi nel 1943 e 1944, a causa dei due conflitti mondiali).

La 50 km di Marcia è dunque un fantasma. Pamich ha ottant'anni e l'altoatesino ha altro a cui pensare. E se la 50 km sparisce davvero - i segnali ci sono tutti - si tirerà dietro la Marcia tutta. Perché negare la 50 km vuol dire rinnegare i valori di un gesto antico e ancora 'esteticamente' credibile; significa rifiutare la pratica di un esercizio intelligente, paziente, meticoloso, che è l'essenza della Marcia stessa. Significa perciò colpire la Marcia al cuore.

E adesso?

domenica 22 settembre 2013

Il segreto di Vanessa



Il sorriso di Vanessa. Meno di quindici anni e tanta voglia di divertirsi marciando.
Da allenatore sono costretto a fare i conti con i numeri dei suoi risultati sportivi:

Marcia km 3

21/09/2013    15:09.0       Campobasso
06/07/2013    15:40.62     Teramo
22/06/2013    16:00.56     Orvieto
25/05/2013    16:26.0       Lanciano
18/05/2013    16:27.54     Teramo

Ma la vera cifra dei suoi progressi non è nella crudezza dei dati cronometrici soprascritti. Cercatela invece nel sorriso leggero che apre e chiude ogni suo allenamento; ogni sua gara. Il 'segreto' di Vanessa è tutto lì.


(Vanessa in allenamento a Pescara con il mitico Augusto Vancini)

lunedì 12 agosto 2013

Involuzione russa


E venne il giorno della marcia. La finale dei 20 km Uomini ai Mondiali di Mosca è in archivio e lascia aperti, a mio avviso, alcuni interrogativi. Il primo: può il caldo moscovita aver 'appesantito' così tanto il crono degli atleti? Il secondo: come è possibile un'involuzione tecnica tanto evidente in atleti capaci di marciare la distanza, solo qualche mese fa, ad un ritmo più veloce di circa 10"/km (mi riferisco ai cinesi) e con un'esecuzione del gesto decisamente più corretta?

Ha vinto un russo giovanissimo (vent'anni), tale Aleksandr Ivanov, andato al personale con una gara giudiziosa ma non esaltante dal punto di vista tecnico (decisamente 'alto' anche lui su quei ritmi). Altra domanda: dov'erano i russi più noti?

Poca forza nelle gambe dei cinesi, ombre pallidissime di ciò che seppero fare solo un anno fa a Londra. Squalificato Wang Zhen (terzo a Londra con 1:19:25), artefice di un'azione decisiva intorno al 12° km, ma 'zompettante' e a tratti anche sbloccato. (Ma Wang non aveva marciato a Saluzzo i 10 km in 37:52, durante un test in aprile?). Due rossi pure per il suo connazionale Chen (campione olimpico a Londra), secondo all'arrivo, festante (come da foto, qui in basso; evviva i valori dello sport!) per la squalifica dell'ecuadoregno Barrondo (quest'ultimo era 'brutto' tecnicamente a Londra, ed era 'brutto' pure ieri).
Chen, a mio avviso, avrebbero dovuto buttarlo fuori già al 10° km.

Chi salverei? I giapponesi Saito e Suzuki. Bellini ma lenti.

Si è marciato piano a Mosca. Con piedi che scappano avanti subito, senza tenere le spinte (gli esperti mi capiranno). Piedi deboli, alti. Muscoli in acido prima del dovuto. Ginocchia che faticano a tenere la verticale. Dov'è finita la tènnica? Dove sono finiti i tènnici? (Perdonate il toscanismo o, meglio, il 'piemontesismo'). Dove sono i guru che pontificano nel dopo gara?

A questo punto mi fermo. Mi piacerebbe avere il punto di vista di qualche esperto. Tecnico e non. Vi prego, commentate numerosi ché, io credo, la marcia ieri ha mostrato al mondo il peggio di sé.

P.S.: e gli italiani? Oddio, cosa volete che vi dica? Salvo solo Giupponi, 14°.

venerdì 9 agosto 2013

Tornare indietro per andare avanti

(ph: http://www.sbs.com.au/news/article/1721719/Russian-race-walker-Morozov-gets-life-ban-for-dopi)

Mondiali di Atletica leggera 2013, a Mosca. Un tempo cadevano i record, oggi gli atleti. Doping, infortuni misteriosi... Sono curioso di vedere come andrà a finire. Puerile onanismo mentale di un pescarese paziente, seduto sulla riva di un fiume gravido di medaglie di stagno.
Ad esser sinceri, della velocità e dei suoi campioni 'gonfiati' non mi importa granché. Aspetto la marcia, dei 20 km, maschili e femminili; e della 50 km. Attendo la trita retorica del cronista di turno, le immagini di rito, le showreel di chi domani – o dopodomani – potrebbe allungare la “tenebrosa riga” dei campioni senza valore. Lo so, è un piacere da poco, perché non c'è palingenesi dentro questo tristo girotondo di guardie incolpevolmente imbolsite (a quando la piena autonomia degli Organismi antidoping?) e di ladri sempre più potenti e perciò veloci. Io però mi accontento di poco. Mi basterebbe vedere velocità più 'morali'. E atleti carichi di emozioni naturali, o anche di dubbi e di paure che nulla hanno a che vedere con il prelievo di un campione di sangue o di urina...

lunedì 29 luglio 2013

Il doping dei poveri (di spirito e non)


Gara podistica su strada, dalle mie parti, sabato sera. Controllo antidoping a sorpresa della Commissione per la Vigilanza ed il controllo sul Doping (CVD), del Ministero della Salute. Nervosismo tangibile di alcuni atleti di vertice. Si attendono nuove...

lunedì 8 luglio 2013

Il campione, la solitudine, l'ascolto, la parola


In questi meteorologicamente bizzarri giorni di inizio luglio rimbalzano, sinistre e vieppiù inquietanti, le numerose notizie di un doping sempre più sistema transnazionale. Certi 'poteri forti' però -  questa sembra essere la novità - cominciano a 'balbettare' per effetto dell'incalzare di un giornalismo rivoluzionario ed estremamente efficace e, almeno qui in Italia, di una magistratura determinatissima e competente.
Ma non è di questo o quell'altro caso di 'imbroglio farmacologico' che vi voglio parlare, bensì di un aspetto, per me non meno interessante del fenomeno doping tout court; qualcosa che, probabilmente, 'vive' accanto al doping e finisce per alimentarlo. Per avere un'idea di ciò che sto per introdurre vorrei riandare ad un'intervista al giornalista-scrittore Marco Bonarrigo (trasmessa nell'ottobre del 2012 su SKY News 24; il video in calce a questo post). Nel parlare di Armstrong e dei suoi rapporti con il medico che lo aveva 'in cura', e poi del caso Schwazer, ci dice: 

"[...] Due atleti seguiti da metodologi, allenatori, preparatori, dietisti e dietologi e, nel caso di Schwazer anche da una psicologa, per anni, sentono la necessità comunque di andare, clandestinamente, perché comunque non si poteva fare, dal medico Michele Ferrari. Questo deve farci riflettere proprio sul sistema delle persone che supportano gli atleti in Italia. [...] Atleti che rischiano la squalifica (perché chi va con Ferrari rischia l'inibizione; è successo già per un paio di atleti), comunque, anche per motivi che non siano strettamente legati al doping - perché io so di atleti che non ci vanno per 'farsi' - vanno, rischiano, per andare da lui. Questo per me significa una cosa di base (ho parlato con tantissimi atleti che lo hanno frequentato): molti atleti in Italia, specie nelle discipline tra virgolette 'povere, come il ciclismo, come l'atletica,  come il triathlon, sono soli. Sono soli, cioè hanno decine di consulenti ma non hanno uomini in grado di parlare con loro e di risolvere i loro problemi".

I record stratosferici, le medaglie a palate si ottengono quasi sempre con il 'turbo' di micidiali alchimie farmacologiche; e questo è un fatto. Ma il campione (ed anche l'amatore) spessissimo si lega al suo 'mentore-stregone' per un bisogno vitale di ascolto, di comprensione. Prima del farmaco c'è ancora l'uomo. Il doping è innanzi tutto un problema culturale.

sabato 15 giugno 2013

Uno e trino

Ironman 70.3 Italy, a Pescara. Il "mezzo ironman", come lo definiscono (non senza un filo di sarcasmo) alcuni 'semidetrattori' del multisport in chiave endurance; il triathlon semi-esaperato, come lo chiamano alcuni sportivi di buon senso; infine una buona occasione (in verità "l'ultimo treno per Yuma") per far ripartire - ma è mai veramente partita? -  la martoriatissima economia Abruzzese, come va dicendo da un po' il sottoscritto.

Nuotare per 1900 metri, inforcare una bici e andare avanti per 90 chilometri per poi scendere a terra e correre per 21 km e 100 metri circa. Difficile? Roba da eroi moderni? Macché! Magari uno sport non proprio per tutti (e per tutte le tasche), ma non un'impresa impossibile: certificata l'idoneità dell'atleta alla pratica sportiva agonistica, basta un allenamento intelligente. Ma quanti partecipanti al 70.3 hanno l'idoneità alla pratica sportiva agonistica? Quanti si allenano in modo corretto? Questa però è un'altra storia.

Swim - (Ride a ) Bike - Run, oppure Swim + (Ride a) Bike + Run, nel senso che a Pescara il 70.3 ha pure la formula della staffetta. La prova, cioè, non pesa tutta sulle spalle di un singolo atleta ma viene 'tripartita': squadre composte da un nuotatore, un ciclista e un runner. Uno e trino, insomma. Un pettorale, oggi come oggi, non si nega proprio a nessuno.

domenica 2 giugno 2013

La foto del 1982

 Una foto in bianco e nero. Un sedicenne magrissimo è ritratto frontalmente, a figura intera, mentre chiude la sua fatica al secondo posto, dopo aver tirato la gara per quasi tutti i quattro chilometri di un duro percorso sterrato alla periferia di Avezzano. Erano i campionati regionali abruzzesi di corsa campestre. Era un giorno di marzo del 1982 e quel sedicenne ero io.
Chissà quante volte, negli anni a seguire, sono andato con la memoria a quella competizione che segnava il mio rientro alle corse, dopo uno stop abbastanza lungo – credo un bel mesetto – per effetto di un infortunio da sovraccarico funzionale alla bandelletta ileo-tibiale sinistra.
Correvo tanto in quegli anni. Alla fine del 1981 ero capace di ‘trottare’ per oltre due ore e mezza, senza mai fermarmi, su e giù per i colli di Pescara. Sui 10 km andavo senza troppa fatica sotto i 3:15/km e puntavo decisamente al podio dei Campionati Italiani di Maratonina Allievi del 1982 (primi di luglio), sulla distanza dei 12 km. Consapevole di avere avversari del calibro di Antonino Rapisarda (8:13 sui 3000 a 16 anni e 29:56 sui 10.000 in pista a 17!!!) e del compianto Walter Merlo (8:12 sui 3000 e 3:50 sui 1500 a 17 anni), lavorai molto duramente per un obiettivo forse non ancora alla mia portata. La bandelletta ileo-tibiale sinistra ‘cedette’ perciò ai primi di gennaio del 1982 ed io andai nel pallone.

Torniamo a quella foto in bianco e nero. Della magrezza si diceva. Essa aveva qualcosa di metafisico, di ascetico e, insieme, di grottesco, tanto da valermi allora i nomignoli di “de Benedistick” e “buco di culo coi denti” (ahimè ne ho già scritto da qualche parte). Magrezza e tensione, con quei pugni serrati, i gomiti in fuori e le spalle abbastanza alte e incordate. Gli occhi, che guardavano oltre il traguardo, ormai lì a pochi passi, erano due tagli scuri su un volto leggero e sofferente. Occhi che lasciavano trasparire l'ansia per l'attesa di una competizione di cui non conoscevo ancora il nome (c'era sempre un'altra gara da fare) ma che sapevo sarebbe arrivata, col suo peso, soverchio, di aspettative (altrui) da soddisfare.

Quella foto del 1982 in realtà non è solo un ingiallito, ma ancora vivissimo, ricordo personale; essa rappresenta il significante assoluto della pressione psicologica, spesso eccessiva, che un giovane è 'costretto' (le virgolette sono necessarie) a sopportare durante il suo percorso di formazione sportiva.

E sarà per una di quelle coincidenze, chiamate da Jung sincronicità, che la foto del 1982 salta fuori all'improvviso da un 'cassetto' digitale, proprio nei giorni in cui mi trovo ad assistere ad episodi di altre esasperazioni, sempre legate all'esperienza sportiva di giovani ateti – alcuni giovanissimi, in verità.
C'è l'allenatore emozionato e con la voce che trema, che al campo mi fa: “Qual è il record (sic!) sul chilometro per la categoria Esordienti (11 anni, nds)?”. Ed io a spiegargli che, tutt'al più, possiamo parlare di migliore prestazione e che, comunque, bisogna stare attenti ad enfatizzare 'numeri' di quel tipo, soprattutto in presenza dei ragazzini stessi.
C'è un altro tecnico che scrive nel proprio curriculum sportivo,tra le note degli atleti da lui seguiti: “Ha allenato XY, campione italiano dei Giochi della Gioventù”.
Ci sono infine altri adulti (allenatore, genitori, ecc.) tutti presi da una 'missione' irrinunciabile: il raggiungimento di un minimo di partecipazione (improbabile) ad un appuntamento internazionale.

La foto del 1982 racconta comunque una storia a lieto fine. Perché sull'agonismo, cieco e disumano, ha poi prevalso l'Educazione. Perché, vivaddio, ho avuto un'Educazione. Degli altri non so dire. E resto spaurito.

giovedì 21 marzo 2013

La primavera dentro


Primo post dell'anno. Primavera. E, in luogo di "un mazzo di magnifiche rose", un fiore. Il Fiore. Auguri Evelina; è meraviglioso ricominciare con Te.