L’Abruzzo che marcia, corre, salta e lancia ha vinto il suo primo scudetto nazionale. Più precisamente la Bruni Pubblicità Atletica Vomano ha vinto la Finale Oro del Campionato di Società (clicca qui). Siamo tutti felici.
L’’altra’ atletica – perché c’è un’altra atletica in Abruzzo – fa fatica ad andare avanti. È quella delle categorie giovanili, della promozione dello sport Atletica, della ricerca del talento – nonché della sua promozione e conservazione – della formazione dei tecnici e delle risorse economiche di cui essi possono disporre.
E mentre questa atletica, ‘altra’, attende fiduciosa che qualcosa di buono riverberi da quei rutilanti bagliori di serie A, io sono triste. Ed incazzato. A giorni i nostri Cadetti (14-15 anni) partiranno per Cles (TN), dove il 7-8-9 di ottobre si svolgeranno i Campionati Italiani Individuali e per rappresentative regionali, Cadetti/e. Farà parte della spedizione abruzzese la ‘mia’ marciatrice, Erika Fusella (Aics Hadria Pescara), tra gli unici sei atleti (sui 35 della nostra comitiva atletica) ad essere in possesso del minimo di partecipazione. E già, perché i minimi di partecipazione – uno per ogni disciplina, maschile e femminile –, almeno qui da noi in Abruzzo, rappresentano l’unico discrimine oggettivo tra chi parteciperà ai Campionati e chi dovrebbe rimanere a casa. In realtà a Cles si concorrerà pure per il titolo nazionale per rappresentative regionali, e per comporre le due squadre senza lasciare ‘buchi’ sono stati adottati criteri di selezione di tipo, diciamo così, discrezionale (in verità essi sembrano avvolti nel più assoluto mistero). Insomma, soggettivi (vogliamo dire all’italiana?).
Scrive Sat in un recente commento:
Vorrei porre un quesito.
Per far parte di una spedizione, diciamo di una rappresentativa, quale dovrebbe essere il criterio di selezione?
Ovviamente, se fossero previsti dei minimi prestazionali, non ci sarebbe alcun problema nella scelta dei soggetti.
Ma laddove non fossero previsti tali limiti o addirittura fosse comunque possibile selezionare un rappresentante anche al di là del minimo, quale dovrebbe essere il criterio adottato? Si dovrebbe mandare il detentore del titolo locale o l’atleta con la miglior prestazione, sebbene non detentore?
E ancora. Se l’obiettivo è quello di allestire una formazione il più possibile competitiva, si dovrebbe tener conto del miglior tempo dell’anno o della miglior prestazione ottenuta in un ragionevole – alias recente – arco di tempo, per favorire l’atleta che si dimostra più “in palla” al momento della competizione?
Ad alto livello il dilemma si rivela sempre un po’ spinoso. Selezione sulla base di gare apposite (trials) o in base alle migliori prestazioni ottenute fino ad una certa data?
In Italia la questione è ormai annosa.
Diciamo che alle volte la dura legge dei trials è fin troppo severa e rischia di penalizzare anche situazioni non disperate e atleti vittime di inconvenienti piuttosto particolari (non so, una falsa partenza, un banale infortunio facilmente superabile con qualche giorno di stop, un’indigestione, una giornata storta). In passato sono stati tanti a farne le spese, specie negli Usa, in Kenya e, di recente, in Giamaica, vista l’alta competitività e la notevole concorrenza.
Ma in Italia?
Beh, in Italia preferiamo evitare rigorismi eccessivi e spesso (troppo, ahimè) fissiamo delle date-limite entro le quali ottenere una prestazione minima che valga il pass per le competizioni internazionali. Alle volte capita di fare una o più eccezioni per atleti di punta, ai quali si offre un trattamento di particolare favore, diciamo per meriti sportivi. Per tanti anni è stato il caso – giustamente – di Baldini, che, nonostante non abbia mai tradito le attese, non sarebbe mai stato messo fuori squadra, nemmeno nel caso in cui non avesse preso parte a maratone primaverili.
Ma si tratta sempre di un privilegio riservato a pochi. Per tutti gli altri restano soltanto le regole.
Di conseguenza, se la scelta del criterio e della metodologia selettiva è libera e rimessa al sindacato di chi deve prendere delle decisioni, sarebbe, se non doveroso, quanto meno auspicabile, oltre che corretto e coerente, applicare il criterio fino in fondo, evitando manovre occasionali e decisioni arbitrarie.
Lucrezia non andrà a Cles. Pur essendo campionessa regionale sui 2000m Cadette (a Lanciano il 19 settembre scorso) ed avendo al suo attivo quest’anno il 2° miglior tempo in regione, sia sui 1000m che sui 2000m, Lucrezia, dopo i problemi di Ponticelli a marzo (clicca qui) viene di nuovo beffata. Sui 1000m non va perché le hanno preferito la campionessa abruzzese (che ha però il 3° tempo in regione; Lucrezia pur arrivando 2^ sui 1000m a Lanciano, ripeto, ha il 2° crono), e sui 2000m, distanza in cui è lei a detenere il titolo locale, nemmeno: a Cles andrà un’atleta assente a Lanciano ma col tempo migliore, sia sui 1000m che sui 2000m. Entrambe le convocate appartengono alla medesima squadra. Sono le stesse atlete di Ponticelli (ma guarda un po’). L’avessi saputo, per i campionati regionali avrei lasciato Lucrezia a casa (alla faccia dell’attività promozionale; la strategia del “non gareggio tanto c’ho il tempo” ha mandato quasi deserti – che cosa squallida – sia i 2000m Cadetti che quelli Cadette ). La cosa fantastica è che ci hanno pure convocati per un mini raduno tecnico ‘chiarificatore’, venerdì scorso a Sulmona. Peccato che le decisioni (due pesi e due misure) erano state già prese il giorno precedente (che cacchio siamo andati a fare a Sulmona?).
Cerco consolazione e gioia nel fresco scudetto tricolore morrese. Non è facile, con l’orbita, sempre più stretta, di un immenso e minaccioso cetriolo attorno al mio bacino.