venerdì 5 febbraio 2010

Integrati

Roba vera. Memoria fresca, di qualche giorno fa. Un raccontino veloce veloce per stemperare i rigori dell’inverno e dell’atletica nostrana. Buona lettura.


Non tutti i keniani corrono veloci e a lungo come gazzelle. Non tutti i cinesi sono saggi e si muovono come Bruce Lee. Quant’è facile diventare italiani…


Sono stato a pranzo dai miei genitori. Riprendo la via di casa, a piedi, concedendomi un’andatura lenta su un marciapiede interminabile che invita al passo spedito. Due ragazzini sui quattordici anni, i jeans dal cavallo basso fino al cavo popliteo, giubbini superfirmati e nike air dai lacci lentissimi, camminano pogando e ciondolando dinanzi a me. Quello a sinistra, cappellino con visiera sul naso, impugna un nunchaku, un’arma tradizionale cinese costituita da due corti bastoni uniti da una breve catena. I nunchaku vissero in Italia nella seconda metà degli anni ’70 un momento di particolare notorietà e diffusione, portati dai film di Bruce Lee. Era pure il tempo in cui fiorivano copiose le palestre di kung fu, dai nomi marziali e spesso improbabili.

Il ragazzino a mancina comincia a far ruotare pericolosamente e senza maestria alcuna i nunchaku, mentre quello di destra è tutto preso da un’inutile telefonata senza scatti alla risposta. Parla, sorride; ogni tanto si scansa per evitare i colpi dell’amico. Il cellulare sembra essere il suo unico interesse, tanto che, messa giù la telefonata, attacca subito a lavorare di sms. Lui è cinese, ma non ha i nunchaku.
Quello col nunchaku, biondino e brufoloso, ad un certo punto gli fa: «To’ Wang, fammi vede’ come si fa…». Allora Wang, riposto per un momento il cellulare, prende bastoncini e catenella e, scimmiottando un Chen surreale e spaesato, vorrebbe farli girare attorno alle scapole, ma si mena un colpo terribile dietro la nuca.
«Ma vaffangul’ Vince’, tu e ‘ste cazz’ di mazzette!», urla all’amico brufoloso.
Vincenzo recupera il nunchaku e lo fa sparire nello zaino. Wang, ancora dolorante, riprende il lavoro al cellulare. Io, dribblati i due ragazzini, ringrazio Cristo di aver evitato i segni di un immemore e maldestro furore cinese, sugli incisivi.

8 commenti:

Of ha detto...

Non conosco nessun ragazzino che si è comprato la play da solo, glie l'hanno comprata i genitori....... questo per dire che se i ragazzi di oggi hanno qualche colpa, i loro genitori ne hanno sicuramente qualcuna in più; ma forse non ho centrato!!

Marius ha detto...

No no, Of, il tuo commento non è fuori tema. Ed il mio post non aveva velleità socio-antropologiche. Riportavo semplicemente un fatto a cui ho assistito pochi giorni fa. Però ti posso garantire che un cinese imbranato con i nunchaku e che sacramenta in pescarese può 'irritare' la fantasia...

un abbraccio

m

Anonimo ha detto...

...e allora, quell' omino di colore che vende CD/DVD nei vari pub di sera e nei parcheggi dei supermercati di giorno che fa:
"uhè compà, gnà stì?" a risposta affermativa e controdomanda lui risponde "la ditta patisce ma nin' fallisce"...

GMaK (sviato!)

Of ha detto...

ahahah.... è vero! l'ho visto anch'io

sognatrice ha detto...

… a Maé … ma sto ragazzino… “nun cha ku fa”?
Bellissima espressione : “… un cinese che sacramenta in pescarese può irritare la fantasia…” e aggiungo che un cinese che definisce il simbolo classico del Kung fu “mazzette” destabilizza ogni più semplice pensiero etnico.
Ma in fondo… so ragazzi !!!! … e con nota preoccupante dico: il futuro…
Ciao
Carla

Maximus ha detto...

Sono i pescaresi del domani. Anche la nostra città si avvia a diventare cosmopolita. Per il momento la possiamo chiamare la "small apple" abruzzese.
Forse sarà proprio qualche cinese biancazzurro che porterà avanti la tradizione dei marciartori pescaresi...chissà!

Marius ha detto...

Grande Max, i 'cinopescaresi' che marciano... un sogno!

m

Of ha detto...

http://www.youtube.com/watch#!v=9QHslHpK4-Q&feature=related