venerdì 12 giugno 2009

Lo sguardo umano sui Giochi, ovvero www.tregua.org


Mi scrive l’amico Valerio Di Vincenzo, lasciandomi un documento da condividere con tutti i lettori del blog. Valerio è persona che stimo innanzi tutto per la sua intelligenza morale, che è lungimirante fantasia giocata quotidianamente sulla terra nera della logica, della ricerca scientifica, dell’etica. Valerio fu ideatore del Progetto ’92, quella geniale scommessa scientifica e culturale attraverso cui fu possibile realizzare il bronzo olimpico di mio fratello Giovanni, diciassette anni fa a Barcellona. Ma non solo. Con lui sperimentai, a ventisette anni e per la prima volta, l’energia invincibile di una comunità che lotta pacificamente per affermare i valori positivi della propria terra; con Valerio e con il team di amici del Progetto ’92 si riuscì a far parlare abruzzese le Ramblas e la via che porta al Montjuic, davanti agli occhi del mondo e per gli ottanta minuti più lunghi della mia vita.
A Valerio dedicai un post a gennaio di quest’anno (cliccare qui). Un post ‘criptico’ e pieno d’affetto. Oggi è lui a scrivere ed è un piacere leggerlo.
Buona lettura.


******************************************************************************


Ho conservato il testo con il quale, il 24 gennaio scorso, Mario aveva commentato il nostro incontro e la descrizione del progetto nel quale ero già fortemente impegnato.
Mario lo ha introdotto a tutti voi - con la sua prosa intrigante - come un “mondo misteriosissimo e pieno di vita sotto il pelo dell’acqua” (In questo modo mi piace inquadrare sia l’ondeggiare aggraziato dei coralli lungo la barriera tropicale che gli occhi impenetrabili del coccodrillo pronto a sferrare un attacco mortale alla preda).
Mario, che mi conosce, sa che sono abituato a mantenere i fili dei discorsi e, da qualche tempo, vuoi sui giornali, vuoi su questo stesso blog ho percepito il disagio che il mondo dello sport “giocato” esprime nei confronti dello sport “governato” da parte del business, dei media e/o delle istituzioni. La cosa che risulta difficile digerire – credo a tutti noi - è come sia possibile che i protagonisti che praticano lo sport – gli atleti - ne subiscano, più che determinarne, gli usi e gli effetti sociali.
Faccio una parentesi storica, per me istruttiva.
La natura religiosa dei Giochi, ospitati ad Olimpia a cominciare dall’ottavo secolo prima di Cristo, l’influenza che essi impressero nella vita degli abitanti della Grecia antica - e, successivamente, in tutto il mondo occidentale civilizzato attraverso l’ Impero Romano - è testimoniata dalla dovizia di reperti che ci sono pervenuti, anche in conseguenza del fatto che i Giochi furono ripetuti nell’arco di oltre un millennio. Durante tutto questo periodo la scansione del tempo è stata dettata dalla ripetizione quadriennale delle celebrazioni Olimpiche.
Questi dati dimostrano anche che - sebbene i Giochi fossero nati per onorare la gloria di Zeus con eventi agonistici nel campo dell’atletica - col trascorrere del tempo e, soprattutto, in sedi diverse dalla stessa Olimpia, alle competizioni sul piano delle prestazioni fisiche si aggiunsero veri e propri tornei di discipline non prettamente “sportive”. I tornei miravano ad eleggere i migliori esponenti in varie forme d’espressione psicofisica , principalmente nell’ ambito delle discipline dell’interpretazione musicale, del canto, della danza, della recitazione, della poesia e della prosa.
Un aspetto di grande rilevanza è rappresentato, comunque, dal fatto che i Giochi olimpici dell’antichità erano la più grande celebrazione religiosa panellenica e rivestono un ruolo fondamentale nel consolidamento della grande Civiltà Mediterranea.
L’insieme di aspetti culturali, artistici, patriarcali, economici, sociali, religiosi e filosofici che i Giochi Olimpici catalizzavano intorno alla loro preparazione, presentazione, esecuzione, direzione sono stati lo strumento che ha fornito al variegato popolo greco un’identità, la possibilità di unirsi in una sola civiltà culturalmente egemone.
Con il passare delle generazioni, negli elenchi dei vincitori delle principali manifestazioni sportive - che, numerose, si tenevano in diverse località greche quali Pytios, l’Istmo di Corinto e Nemea tra le principali - comparvero sempre più frequentemente i nomi di professionisti attentamente reclutati ed addestrati, venuti dalle province della Magna Grecia e, in particolare, dalla Sicilia e dall’Italia meridionale.
I vincitori ricevevano in premio un serto composto con ramoscelli di olivo intrecciati.
In aggiunta, la fama e la gloria che essi conquistavano e del cui riflesso godeva la Città-Stato e le Province di origine, oltre a consentire loro di ottenere lauti compensi per la partecipazione come “star” ad eventi sportivi meno titolati, li rese persone di grande notorietà e dignità pubblica.
In effetti la natura religiosa dei Giochi Olimpici consentiva di sublimare la devozione - espressa agli Dei cui erano dedicati i Giochi - in un sacrificio umano per nulla cruento ( tranne che nei combattimenti di pancrazio, criticati per questo già in quei tempi).
L’ agonismo, le strategie di allenamento ed addestramento dei partecipanti, la sensualità, il fanatismo sportivo, la brama ed il sapore della vittoria immedesimati in un giovane corpo atletico - privo di indumenti durante le gare a cui potevano partecipare ed assistere solo gli uomini - inebriavano lo spirito e trovavano lo sbocco per elevare le pulsioni e le azioni della vita quotidiana alla concretezza semidivina di un idolo antropomorfico, destinato alla gloria terrena. Questa forma ideale , a sua volta, costituì lo stimolo per elevare al Cielo le più immaginifiche opere dell’arte e dell’intelletto di quei tempi.
Dopo l’edizione del 393 d.C. le Olimpiadi, o meglio ciò che erano diventate e che da esse aveva tratto origine, furono messe al bando. Le motivazioni che indussero l’imperatore bizantino Flavio Teodosio I° ad abolire i Giochi si confondono con l’evoluzione complessiva della storia, della religione, dell’economia e dei costumi della decadente gloria di Roma. Certo è che lo spirito olimpico originario era stato già annientato nel 390 DC quando il pur valente imperatore e condottiero romano aveva chiuso in una trappola - in un ippodromo - alcune migliaia di ribelli greci attirati proprio dalla promessa dell’ effettuazione delle gare sportive. Teodosio I° fu influenzato dalla carismatica figura di Ambrogio, Vescovo di Milano, il quale lo scomunicò per punirlo di aver ordinato l’inganno e la strage dei ribelli e successivamente gli chiese (ed ottenne) che i Giochi Olimpici fossero aboliti.
La storia delle Olimpiadi classiche è quindi un esempio illuminante del valore sociale (e dell’uso politico) dello sport e uno degli effetti dell’assoggettamento e dell’assorbimento della cultura Greca da parte dei Romani fu che i Giochi Olimpici divennero parte della politica culturale dei romani.
Pertanto potrei affermare che, se lo sport sta incontrando una crisi di valori e di identità, è questione ciclica e, in parte, priva di novità.
Il nuovo lo fanno, ogni giorno, le generazioni che si succedono e che possono attingere, dalla storia, dall’educazione e dalla consapevolezza, gli insegnamenti utili a non ripetere gli errori già compiuti e da idee ed altruismo reciproco le linee guida da seguire per far sì che le cose desiderate accadano.
Queste generazioni vanno alimentate con motivazioni, risorse umane ed economiche, formazione, progetti sociali…e, invece: l’Abruzzo è una regione nella quale solo il 40% circa della popolazione attiva pratica uno sport, nella quale l’abissale debito determinato da una scellerata “gestione manageriale” delle risorse giustifica l’abbandono delle politiche di prevenzione di malattie, infortuni e di educazione a stili di vita più sani, nella quale la visione strategica della salute pubblica è così miope che l’attività fisica strutturata è considerata un accessorio facoltativo – quasi un retaggio di cui liberarsi - della vita sociale e della scolarità.
Ebbene, in questo deserto di consapevolezza, in Abruzzo siamo in procinto di ospitare i Giochi del Mediterraneo: un evento irripetibile e che, se ben interpretato dalla popolazione attiva, può rivelarsi di importanza strategica per l’intero modello di sviluppo della nostra regione.
I Giochi, a mio avviso non devono essere trascinati nelle polemiche dagli sportivi praticanti, pena un’ulteriore perdita di potere decisionale di questi ultimi a favore di una gestione verticistica incapace di rappresentarne le istanze della società civile.
Il potere decisionale, invece, va affermato e conquistato con una massiccia operazione di partecipazione, testimonianza, contaminazione positiva, direi addirittura di “presidio del territorio” da parte di coloro che vivono e condividono lo sport come stile di vita.
Questa attitudine , che caratterizza coloro che pongono l’attività motoria – competitiva o meno - all’interno di una visione sistemica di mente e corpo, che le riconoscono il carattere dell’essenzialità, della priorità all’interno delle dinamiche sociali , nonchè di un approccio moderno alla salute, all’interno della vita individuale, deve trovare uno spazio di affermazione e rappresentazione consolidato.
Ciò deve avvenire ogni giorno di ogni anno e non solo in relazione ad occasioni puntuali come i Giochi del Mediterraneo, ma dai Giochi si può assorbire forza, ispirazione, multinazionalità , rapporti da spendere e valorizzare nel tempo.
Ciò, assolutamente, dovrebbe condurre a non perdere un istante di “presenza attiva” nei Giochi del Mediterraneo, facendo valere una propria voce ed espressione autonoma (ove gli spazi istituzionali siano inesorabilmente chiusi), capace di evidenziare i punti di vista alternativi a quelli imposti dall’establishment, senza cadere nella trappola di farsi identificare con l’epiteto di “dissidenza” omologabile e, come tale, dotata di un’immagine pubblica debole e facilmente vulnerabile.
I Giochi del Mediterraneo di Pescara 2009 evocano intensamente lo scenario etnico, se non quello culturale e geopolitico, delle Olimpiadi classiche. Nessuno scenario, come questo , avrebbe potuto contenere – e, forse, ospiterà in futuro - una riedizione anche della “ekecheiria” (la traduzione italiana del termine greco “EKECHEIRIA” o “EKECHEREIA” è “ alzare le mani”. Questa immagine ha assunto simbolicamente il significato di “TREGUA OLIMPICA”.)
Durante l’ ekecheiria, per circa un mese nel periodo estivo, nessuna guerra poteva essere intrapresa e i conflitti già in corso dovevano essere sospesi.
Non si è mai trattato di veri e propri periodi di pace duratura, ma il concetto di Tregua Olimpica evoca simbolicamente un’aspirazione che gli ideali Olimpici sono in grado di affermare universalmente, oggi più che mai.
Fin dal 1992, - forse illuminato anche dalla chiassosa carovana di tifosi che “tirava” la marcia di Giovanni verso la medaglia - il presidente del Comitato Internazionale Olimpico (CIO) Juan Antonio Samaranch, da Barcellona, propose all'ONU - con l'appoggio di 184 comitati olimpici - di istituire una versione moderna della tregua olimpica. Da allora la dichiarazione viene riproposta al voto delle Nazioni che aderiscono all’ONU, ogni due anni, sotto il titolo di:
Building a peaceful and better world through sport and the Olympic ideal
.

L’intuizione che ho avuto circa due anni fa riguardo al fatto che i Giochi di Pescara potevano assurgere alla storia moderna come i primi a riaffermare al mondo i valori della Tregua olimpica e che tu hai annunciato nel tuo “post criptico” di cui sopra è naufragata, trovando al contempo la via per sopravvivere in una forma embrionale che, se ne riduce all’attualità la diffusione globale, non ne sminuisce il valore locale.
Il naufragio di cui parlo, come tutte le catastrofi, ha una molteplicità di cause tra cui le “beghe” della politica; i ritardi accumulati nella realizzazione degli impianti; il “timore di sbagliare” da parte del management della manifestazione; la mancanza del substrato di un “business” definito (chissà come avrebbe reagito il Presidente Obama se gli fosse stata fatta la stessa proposta mentre progettava la nuova “road map” per la pace in Medio Oriente); le più recenti, strumentali e disinformate polemiche suscitate da partincausa riguardo a “inclusione o esclusione” di Israele e Palestina (sancita fin dal 1951 da un ‘ interpretazione, diciamo riduttiva, dello spirito olimpico), solo per citarne alcune.
Nonostante il naufragio di un coinvolgimento partecipato del Comitato Internazionale dei Giochi del Mediterraneo, posso finalmente annunciare che il progetto ekecheiria.org è riuscito a raggiungere un approdo concreto con la pubblicazione delle iniziative che, affermando i temi della Tregua, sono presentate nel sito
www.tregua.org.
Queste iniziative vogliono focalizzare l’attenzione sulle capacità degli abruzzesi di ospitare grandi eventi mediatici di livello internazionale in una terra ferita e ciò, ad opera principalmente della volontà di una popolazione che, seppure ancora attonita di fronte alla gravità dei danni umani, strutturali ed economici subiti, non accetta di addomesticare i valori con i quali si fa apprezzare per dignità, coraggio e capacità, in tutto il mondo.
Con le iniziative accessibili tramite il Sito web non intendiamo fare numero con celebrazioni simboliche ma costruire, dal basso, testimonianze indipendenti attraverso lo sfruttamento delle nuove tecnologie. Ciò, con lo spirito di chi è convinto che anche dai danni del terremoto si potrebbe emergere a testa alta, in tutti i campi, se ognuno aderisse con rigore e responsabilità al proprio ruolo sociale. Ciò senza filtri o giustificazioni di appartenenza ideologica, di casta, di campanile, ecc.
Il dubbio atroce che viene è che, in certi “ambienti protetti”, queste cose non si facevano prima, figuriamoci dopo il terremoto. L’antidoto che proponiamo è quello di contribuire a definire gli strumenti per sottoporre i decisori ad un “feedback” democratico che, per garanzia di imparzialità e di trasparenza, viene mostrato ad una platea internazionale particolarmente attenta alle vicende del nostro territorio: gli Abruzzesi nel mondo. Lo sport e lo sfondo del terremoto uniti, come metafora della fratellanza, della solidarietà, della convivenza pacifica dei popoli, del rispetto reciproco, dei vincoli e delle opportunità ai quali tutti siamo democraticamente sottoposti e pubblicamente responsabili.
Lo sport agli sportivi, la politica ai politici, la medicina ai medici, l’economia alle imprese, il turismo alle strutture recettive, il traffico ai commercianti, l’agricoltura ai contadini: quando la smetteremo di dividerci gli orticelli , facendo prosperare i conflitti e gli approfittatori; quando si capirà che si deve conquistare dignità di rematori nella stessa barca, usando i mezzi di informazione e di comunicazione – anche quelli non dominati dalla politica - per affermare la propria identità ed ottenere il riconoscimento delle priorità, prima che di queste si appropri una politica vorace, ma sempre più delegittimata dall’astensionismo dei votanti?
Questo blog è un esempio luminoso di un’ attitudine propositiva e, per la stima che nutro riguardo ai punti di vista del suo moderatore e dei partecipanti, mi permetto questo intervento.
È così che “il mondo misteriosissimo e pieno di vita sotto il pelo dell’acqua” ha assunto una concreta dimensione partecipativa che è la continuazione ideale del cammino avviato con il progetto di Barcellona ’92.
Vi invito tutti, cordialmente, ad approfondire quelli che, nel sito citato, abbiamo chiamato i temi della Tregua, sperando di continuare a discuterne ed a reclutare adesioni in questa ed altre sedi.

Valerio


11 commenti:

Anonimo ha detto...

mi permetto di esprimere un mio pensiero, spero di non offendere nessuno.
Leggo e rileggo e non posso esimermi, nel mio piccolo, di ribattere benevolmente nonchè ringraziare chi mi apre una finestra per me sconosciuta della storia delle Olimpiadi; l’autore spero mi perdonerà se estrapolo delle frasi e lungi da me volerne sviare il senso:
“in Abruzzo siamo in procinto di ospitare i Giochi del Mediterraneo: un evento irripetibile e che, se ben interpretato dalla popolazione attiva, può rivelarsi di importanza strategica per l’intero modello di sviluppo della nostra regione”.
Sante parole ma ahinoi prive di seguito sostanziale. Per quanto mi dato sapere, l’evento sarà fine a se stesso non avendo generato alcunché in nessun ambito, sportivo poi assolutamente anzi, ci ha e ci sta creando non pochi problemi.
“Giochi, a mio avviso non devono essere trascinati nelle polemiche dagli sportivi praticanti, pena un’ulteriore perdita di potere decisionale di questi ultimi a favore di una gestione verticistica incapace di rappresentarne le istanze della società civile.
Il potere decisionale, invece, va affermato e conquistato con una massiccia operazione di partecipazione, testimonianza, contaminazione positiva, direi addirittura di “presidio del territorio” da parte di coloro che vivono e condividono lo sport come stile di vita.”

“Ciò, assolutamente, dovrebbe condurre a non perdere un istante di “presenza attiva” nei Giochi del Mediterraneo, facendo valere una propria voce ed espressione autonoma (ove gli spazi istituzionali siano inesorabilmente chiusi), capace di evidenziare i punti di vista alternativi a quelli imposti dall’establishment, senza cadere nella trappola di farsi identificare con l’epiteto di “dissidenza” omologabile e, come tale, dotata di un’immagine pubblica debole e facilmente vulnerabile”
Potrei condividere appieno questa parte in un mondo ideale, ma nella pratica assolutamente: siamo stati bistrattati, esclusi, calpestati, cacciati fuori dagli stadi, la nostra professionalità e il nostro amore per questo sport è stato del tutto mortificato! La mia ratio mi impone di boicottare l’evento, augurandomene la disfatta totale. La contaminazione positiva – del tutto lodevole quale momento di solidarietà nel far ns questo particolare momento storico – è apprezzabile solo in teoria: non permetterò che ottusi burocrati, poi, si lodino e si incensino vicendevolmente per la propria straordinaria (IN) capacità di gestire l’evento e questo magari proprio grazie all’impegno e all’affluenza del vero popolo sportivo, che come greggi ignari si radunano dinanzi al mattatoio!!! La “dissidenza” può e deve manifestarsi in virtù proprio della INCAPACITA’ gestionale manifestata dal giorno dell’assegnazione dei Giochi fino ad oggi. D’altronde il dissenso è insito anche da parte sua laddove, nella seconda parte del suo scritto, esprime rammarico nel non aver potuto sfruttare l’occasione dei giochi per riaffermare i valori della Tregua olimpica. Anche lei quindi ha trovato il suo muro di gomma; le riconosco tuttavia la scelta costruttiva della sua iniziativa augurandole che per osmosi, la positività delle sue idee possano diffondersi e contagiare non solo noialtri ma coloro i quali sono i responsabili di cotanta arroganza politico -culturale.

GMak

Anonimo ha detto...

Spettacolare ed oculata riflessione di GMak che condivido pienamente, ci sarebbe da aggiungere tanto ancora, ma in questi mesi è stato detto e ridetto tutto, tanto da lambire il patetico.
Non ci resta che attendere la debacle finale.
Oramai, il solito patetico "carrozzone" sta per partire e nessuno lo può più "ARRESTARE" (per il momento, poi vedremo).
Siamo destinati, ns. malgrado, a rimanere poveri provincialotti senza futuro.

firmato l'ipocrita

Marius ha detto...

Siamo destinati, nostro malgrado, a rimanere poveri provincialotti senza futuro?
Beh, se permetti, dipende...

Marius ha detto...

... Anche a me è piaciuto l'intervento di GMak. Un bell'esempio di 'breccia' nella sacrosanta, immensa, Incazzatura. Seppur stanco si mostra possibilista; comunque ancora disposto a mettersi intelligentemente in gioco (quando si gioca non si scherza!).

un saluto. mario

sognatrice ha detto...

“…Giochi del Mediterraneo: un evento irripetibile …I Giochi… non devono essere trascinati nelle polemiche dagli sportivi praticanti, pena un’ulteriore perdita di potere decisionale di questi ultimi a favore di una gestione verticistica incapace di rappresentarne le istanze della società civile.” - Valerio Di Vincenzo -

Finalmente belle parole per questo evento…
Ero imbambolata dalle polemiche e dalle urla intorno ad uno degli eventi più attesi negli ultimi anni in casa nostra.

Beh… quando GMak si infiamma non ce n’è per nessuno…
Assumo un doveroso rispetto per i contenuti del tuo intervento e come dare torto a chi scrive tanta verità…
… ma non posso leggerti nella frase: “La mia ratio mi impone di boicottare l’evento, augurandomene la disfatta totale”
… no … non da un grande come te… anche se proprio perché sei un grande puoi permetterti così tanta e forte critica…
Separa l’avvenimento da tutto ciò che vedi di sbagliato e insopportabile (e credimi siamo in tanti a sostenere la tua critica) ma l’evento, in quanto gare e competizione, è degno del tuo sostegno.
Dimmi che ti ho convinto!!!
Non è così caro Maestro?
Ciao
Carla

Anonimo ha detto...

mia Cara Carla...è del tutto ovvio che in quanto alle gare e alle competizioni e soprattutto nei riguardi degli atleti il mio sostegno è immarcescibile.

Tuttavia ci troviamo sempre nelle condizioni di dover "lottare" - e spesso soccombere - per ottenere ciò che in paesi cosiddetti civili dovrebbe essere la norma!!!

Vorrei poter portare mia figlia al campo, farla giocare mentre alleno i ragazzi, con mia moglie magari sugli spalti che ci guarda compiaciuta chiaccherando di poppate, di cucina o altro con altri genitori che osservano orgogliosi figli/mogli/mariti/nipoti...chiedo troppo? invece no, qui non si può calpestare l'erba, di là è vietato l'ingresso ai non residenti (!), laggiù non entri se non ti "arruffiani" il custode...ma chi me lo fa a fare più incazzarmi? siamo dei mammut, lentamente ma inesorabilmente ci stiamo estinguendo, ci tiene in vita una flebile speranza...
Fra un mese porterò i miei ragazzi in Svizzera e gareggeranno in due meeting: uno simil-internazionale (Berna), l'altro provinciale (Ovronnaz); la mia scelta non è casuale: voglio far vivere loro una ESPERIENZA...che non sia di tecnici che urlano di spingere dietro, di giudici che ti parlano in malo modo, di cronometristi della domenica...esperienza fatta di famiglie intere lungo il perimetro del campo, trattenute solo da una piccola balustra - che i piccoli usano per giocare - a pochi cm dalle pedane...eppure nessuno oltrepassa la linea, neanche i bambini, mamme che spiegano ai figli cosa faccia il papà con con quell'attrezzo che vola in aria roteando, nonni che sussurrano ai nipotini di incitare lo sforzo immensurabile di genitori che si cimentano nelle siepi, che arrivano 3 minuti dopo il solito keniano ma che il pubblico incita e applaude tutti e per tutta la durata della prova...Tutto il pubblico riconosce la validità e la portata del gesto atletico, "oooohhh di maraviglia" quando Tal dei Tali vince i 100 in 10.12, si spella le mani quando il nonnetto arriva al traguardo in 18e rotti nell'ultima serie...non si accumula ritardo nelle gare, non si usa il numero, c'è sempre fotofinish e tempo elettrico con rilevazione del vento, i giudici sono in jeans e ti accorgi di loro solo per i comandi dello start, i risultati li leggi in tempo reale...l'odore delle salsicce abbrustolite in ristori volanti, piazzati ai bordi del campo così da non perdersi nulla delle gesta atletiche, ragazzini che si autoorganizzano in competizioni parallele emuli dei loro genitori in pista... ampi spazi erbosi grandi come 3/4 campi di calcio a disposizione degli atleti per il riscaldamento, piccoli rettilinei con pista piazzati sotto le tribune - sai quando piove fa comodo scaldarsi all'asciutto o per allenarsi in inverno...- in Sudafrica, in Francia, in Polonia, in Belgio,, in Danimarca...ho trovato le stesse cose...gente che ti guarda ammirata, per nulla invidiosa della fortuna di saper fare e poter fare, ti fanno sentire un essere umano fortunato...poi mi trovo a Lanciano, Pescara, Chieti, Avezzano, Giulianova, Teramo, Sulmona e mi sento un idiota...e mi accorgo di aver sognato...Ecco sto programmando di far fare un sogno ai miei ragazzi, poi vi lascio, con la speranza di aver seminato qualcosa...

con la speranza.
GMak

Marius ha detto...

Carissimi tutti (e bentornata Sognatrice!),

quanto sono reali le parole di GMak! Viviamo davvero un barbarie di ritorno (o di sola andata?), sui campi d'atletica ma anche altrove (è l'imbarbarimento della società tutta). Giorni fa ero a scuola per la compilazione dei documenti (registri e quant'altro). Insieme agli altri colleghi ho speso più di mezz'ora a pulire cattedre, banchi e sedie, nerissimi perché nel plesso dove insegno si è votato e nessuno aveva provveduto (almeno fino alle 9.00 di quel giorno) alle pulizie dei locali. Fin qui tutto (quasi) normale. È stato però agghiacciante scoprire una trentina di buchi sul linoleum del pavimento della mia aula, prodotti da mozziconi di sigarette spente col piede, come nei peggiori film americani di serie B.
Dovremmo allora 'mollare' pure la Scuola... Eppure molti di noi sono ancora lì a crederci (e con quanta forza).
Le parole di Valerio sono un invito a tenere duro in modo intelligente, civile, quel riannodare i molti fili di un'umanità frantumata ma ancora presente, viva. Vivere la moralità del nostro impegno educativo e sportivo unendo e coordinando le nostre energie, 'contaminando' con la nostra presenza (anche polemica, per carità; essa non è sempre negativa) ogni campo del nostro agire. Ciò presuppone un accordo su base progettuale, qualcosa che Valerio stesso ha cercato di definire nella "mission" di Ekecheiria.org (http://www.tregua.org/info/risorsa.aspx?codice=Mission).

Sicuramente non sarò alla manifestazione di apertura dei Giochi (perdonatemi, è più forte di me). Sarò certamente per strada, coi marciatori e i maratoneti a far risuonare (che lo zio Walt mi perdoni!) "il mio barbarico YOOP sopra i tetti del mondo".

un saluto. mario

Marius ha detto...

P.S.: spero davvero (sia benedetta la speranza) che GMak non molli. Sarebbe davvero una bella mazzata per tutto il nostro movimento.

sognatrice ha detto...

Ehi... GMak, che bella pagina che hai scritto... questa la stampo e la incornicio... promesso...
... Spero che tu ti ricreda sull'idea di abbandonare...
Caro Mario,
grazie del bentornata... Comunque non sono andata mai via, sono in visita al tuo blog quasi costantemente, le mie assenze sono dovute al fatto che non mi sento all'altezza di ceri argomenti e ... passo.
Salutissimi
Carla

Anonimo ha detto...

...i commenti fatti con il cuore sono sempre all'altezza di qualsiasi argomento...

GMak

Anonimo ha detto...

Grande GMak!
Le tue parole mi hanno davvero convolto ed entusiasmato.
E' proprio vero, all'estero funziona in maniera totalmente diversa. La nostra realtà è ancora molto arretrata e provinciale. Tuttavia è necessario che tutti quelli che hanno una qualche esperienza - tecnica, atletica, sportiva, organizzativa, manageriale od anche solo di volontariato - la mettano a disposizione in vista di una continua crescita del settore.
Per questo, come vedi, tutti ti invitano a non abbandonare e tener duro - anche se, come ho già sottolineato in commenti a post precedenti, io non ci credo affatto, perché ti vedo, al pari di altri frequentatori del blog, come un inguaribile romantico, uno sportivo dalla passione incrollabile, assolutamente incapace di abbandonare un grande amore, il quale, come tutti i grandi amori, fa anche arrabbiare e incazzare.

Le parole di Valerio sono molto belle e suonano come un invito a non mollare, a continuare in questo impegno, perché prima o poi arriveranno tempi migliori. Lo sfogo di GMak è comprensibilissimo e sappiamo bene a cosa si riferisca, perché in questi anni fare atletica nella nostra regione non è stato affatto facile. Mancano impianti e strutture, mancano fondi per la ricostruzione - eccezion fatta, naturalmente, per qualche zona privilegiata, che di questi problemi non ha alcuna cognizione -, mancano società organizzate e ben gestite.
Solo la passione non è mai venuta a mancare. Ed è proprio a quella che si rivolge, ancora una volta, l'appello di Valerio.
E' ancora possibile rilanciare il movimento. Certo, è chiaro, servono nuove idee e, soprattutto, nuovi mezzi. Ma dobbiamo continuare ad impegnarci e ad aver fiducia, credendo in questo progetto.

Se diamo un'occhiata alla situazione dell'atletica nostrana, anche alla luce dei recenti Giochi - criticati ed osannati, a seconda dei punti di vista - possiamo vedere come negli ultimi anni si stia assistendo ad una piccola ma costante crescita.
Al momento non siamo ancora al livello delle maggiori potenze europee, quali Gran Bretagna, Germania, ecc. (tralascio i colossi mondiali come USA e Cina), ma lentamente stiamo migliorando.
Tra i giovani ci sono molti prospetti interessanti, basta dare uno sguardo ai risultati dei campionati giovanili (addirittura anche la nostra piccola realtà è riuscita a produrre più di un bel talento, primo tra tutti Marco Salvi che è riuscito a centrare ben due minimi per i mondiali allievi). Ed anche tra i seniores ci sono molti giovani emergenti. Tanto per restare al mezzofondo, finalmente si torna ad assistere a tempi di un certo interesse, in particolare grazie al trio Meucci (13'26" sui 5.000m all'Arena di Milano e 7'52" sui 3.000m al Primo Nebiolo di Torino), La Rosa (13'34", 7'53" e 3'42" sui 1.500m), Lalli (29'12" sui 10.000m, 13'45" e una stagione di cross di livello assoluto). Per non parlare degli appena ventenni Scapini (3'44" sui 1.500m e 1'47" negli 800m) e Benedetti (1'47" di Pb, ma quest'anno ha gareggiato solo un paio di volte per problemi fisici), della Cusma e della Reina nel mezzofondo veloce femminile, della Weissteiner e della Romagnolo nel mezzofondo prolungato, delle azzurre di maratona (Incerti, Console). Ma il discorso vale anche per tanti altri settori, come la velocità (Cerutti, Di Gregorio, Licciardello, Galvan, Marani, Grenot - pur se italiana solo per acquisizione, Calì, Giovanetti, ecc.), o i salti (oltre alla Di Martino, tornata ad una condizione eccellente, Donato, gli emergenti Schembri e Greco, il gruppo degli altisti composto dai gemelli Ciotti, Bettinelli, Campioli, Talotti, tutti capaci di 2,30m; il tutto in attesa del rientro di Andrew Howe).

Questa breve parentesi, solo per dire che volendo si può.
L'importante è continuare a lavorare. A patto, però, che continuino a sussistere le condizioni e le strutture per lavorare con impegno, dedizione e serenità.

Un saluto.
Sat