Per ora rimango basito. Qualcuno sa dirmi cosa sta succedendo?
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soprattutto, felici di giocare a far fatica insieme agli altri. La Miglianico Tour non è la solita gara su strada di livello internazionale, gioia di managers e stakanovisti del 3'00"/km; i suoi trentotto anni di vita non sono passati invano. Qui a Miglianico si respira Cultura, quella dell'accoglienza innanzi tutto e del rispetto che è devozione nei confronti di chi corre, forte o più lentamente, non ha importanza. Posso testimoniare il lavoro certosino che c'è dietro la Miglianico Tour: l'organizzazione di uno stage sull'alimentazione e l'allenamento, durante la settimana che porta alla gara, condotto dal Dott. Luca Speciani e coordinato dall'infaticabile Fernando Di Clerico; l'amorevole e totale disponibilità di tutti gli abitanti del comprensorio miglianichese a sostenere l'evento nel modo più sorprendente e spontaneo (ristori estemporanei sul percorso d'allenamento, a base di frutta fresca e acqua preceduti da un invito a entrare a casa, per esempio!).
La Miglianico Tour è una classica del podismo, con un crisma che le appartiene già dalla prima edizione; Miglianico nasce già come classica, non è mai stata una "tapasciata" di paese. Neanche per un tapascione.
È quasi ora di dormire. Prima di spegnere il computer voglio dire due banalità (è o non è il mio blog?). Mettevo a posto l'archivio fotografico digitale (disordinato come il mio studio), cercando di fare un po' di pulizia, sistemando qualche cartella. Dal caos di date vecchie e più recenti salta fuori una foto di mio fratello. Giovanni indica qualcosa o qualcuno sugli spalti dell'Olimpico. Eravamo a Roma. Era il '95. Stava per partire la 20 km di marcia dei Mondiali Militari. Quella foto ha per me una forza particolare. Ha l'energia quieta di un altro gesto, identico nella postura, dove però il soggetto è mio padre; mio padre giovanissimo che mi tiene in braccio e mi fa vedere qualcosa; o qualcuno.
Che dire? Mah... la botta per l'Atletica italiana c'è stata eccome. Leggevo un bel commento all'editoriale di Diego Cacchiarelli su Atleticanet.it. Per l'editoriale invece cliccare qui . Prima di lanciarmi pure io in un commentone da primato, faccio passare qualche ora. Adesso vado a correre, sennò finisco come Homer Simpson (o la quasi totalità dei bambini italiani). Oh, scherzo. Molti dei bambini italiani stanno peggio del buon Homer.
un misto di timore (per quelle manifestazioni di “irriverente” superiorità atletica, in gara) e di attrazione (per l’intelligenza e la semplicità espresse nelle interviste, sia nell’immediato dopogara che successive).
grazia che si scioglie nell’abbraccio con l’allenatore. E qui devo dire bravi ai Damilano, non senza un pizzico di sana invidia (e siamo già al secondo ossimoro). È evidente che a Saluzzo siano andati ben oltre il mero dato atletico: lì è da un pezzo che non sono più in tre (i fratelli Damilano intendo); a Saluzzo oggi c’è una squadra affiatatissima, coesa, pacatamente invincibile. Gente senza fronzoli, di cultura silenziosa, contadina, che come ha detto Alex stesso, “teme” i giorni che seguono la vittoria, non quelli della vigilia della competizione.