Sono stato a Francavilla al Mare, in quella meravigliosa cattedrale nel deserto che è l’impianto di atletica leggera dello stadio comunale. In verità chi volesse saltare (in alto o con l’asta) rimarrebbe deluso: zero sacconi e quant’altro abbisogni per la pratica di discipline diverse dal correre e marciare. Basterebbe davvero poco per farne un gioiellino di rara bellezza. A Francavilla il sole non sembra picchiare come altrove: il mare e la collina si danno un bel da fare (e con successo) a rendere sopportabili nella canicola di luglio gli allenamenti più duri di mezzofondisti e marciatori. Il tutto ha la sua brava ciliegina nella grazia anacronistica e quasi irreale del suo custode, felice di veder correre e saltare ragazzini e giovanotti; disponibile oltre ogni immaginazione.
Qualche chilometro più in là, nella stessa provincia, c’è il “putrescente” stadio “Angelini" di Chieti. Putrescente perché clinicamente morto all’Atletica Leggera, tenuto in vita con accanimento terapeutico dalla surreale energia dei campioni e campioncini che nonostante tutto vi “abitano” (marciatori, velocisti, saltatori, mezzofondisti); gente che si spacca gioiosamente tendini e muscoli su quella che un tempo chiamavamo pista, oggi micidiale cemento velato da un anemico straterello rosé di gomma bruciata.
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