mercoledì 4 marzo 2020

QUALI TALENTI?


Lancio la trita provocazione, fidando nella benevolenza di chi legge e nel risibile alibi del panico da virus pandemico, qualora sparassi solenni baggianate.

“Nello sport di vertice attuale si definisce talento un soggetto che, tenuto conto dell’allenamento già realizzato, è capace di prestazioni sportive superiori alla media rispetto a gruppi di riferimento di soggetti dello stesso livello di sviluppo biologico e con abitudini di vita simili. Per cui, tenendo conto delle disposizioni personali interne (endogene) alla prestazione e di condizioni esterne (esogene), si può ragionevolmente supporre e, in particolare, si può determinare attraverso modelli matematici, che nella successiva fase di sviluppo potrà ottenere prestazioni sportive di alto livello” (Hohmann, Carl, 2001).

Bene, attraverso la citazione di Hohmann, si può provare a riflettere sul concetto spinoso di talento sportivo. Sembra chiaro – purtroppo non a tutti – che per avere dei campioni nello sport (ma campioni veri, mica chiacchiere!) occorre lavorare su talenti veri. È altrettanto evidente che dalle nostre parti – così come altrove – un bambino che sgambetta decentemente, e che magari vince qualche competizione stradale nelle infinite sagre paesane estive, spesso finisce con l'alimentare i sogni di gloria dei propri familiari, così come il chiassoso fanatismo di amici e conoscenti. Un ‘onesto’ allenatore, dal talento non necessariamente eccelso, sa come evitare le trappole dei “tutori dei talenti per forza”, quei genitori, parenti e ‘affini’ convinti fino allo spasimo della straordinaria bravura e del conseguente futuro luminoso dei loro ‘protetti’.

Un buon allenatore, quindi, cercherà, quanto più potrà, di tenersi a distanza dall’esercito di campioni mancati e mancanti, col loro coro di supporters, consanguinei e non, capaci di alitare sul collo del malcapitato di turno la propria livorosa apprensione, anche a parecchi chilometri di distanza. Pia è l’illusione di convincere costoro della pericolosità del loro agire nevrotico.

All’uopo, come spesso accade in questi miei post, ci viene in soccorso il grande Flaiano: “Il peggio che può capitare ad un genio (così come ad un talento sportivo, nds) è di essere compreso”.

1 commento:

Mistercamp ha detto...

Iniziando dalla favolosa frase del Grande Flaiano... Non tutti infatti comprenderanno ciò che hai scritto che condivido in pieno... Il buon Arcelli diceva osservate anche i ragazzini che fanno 3'30" al mille e non solo quelli che fanno 2'50"...perche il talento aggiunco io lo puoi perdere.. La passione no... Ne ho sentite di tutti colori, nella mia piccola carriera agonistica, gente sparlare dei propi figli, nipoti, paesani, gestori di circuiti podistica... Ma ho sentito poco parlare invece I bravi allenatori,,, che veramente sanno e conoscono i valori dello sport...