Quando corro è il mondo che si muove, che mi scivola di fianco mentre io, io sono fermo. Finalmente fermo dopo una delle troppe giornate sciupate a volare da un punto all'altro del mio nulla scolastico, a cercare di mettere insieme non so bene cosa.
E mi passano accanto casotti sbilenchi sporchi di sabbia umida e verde di alghe marce, che sanno di mare e di pioggia. Perchè piove. Piove qui, sulla riviera nord (le tamerici non esistono), tra Montesilvano e Pescara, alle due del pomeriggio. Un semirettilineo di otto nove chilometri a betonelle di centrodestra o centrosinistra e asfalto rattoppato; l’eterno iperattivismo politico.
Qualcuno potrebbe inciampare sui troppi denti delle betonelle sistemate alla meno peggio sul marciapiede montesilvanese. Qualcuno, meglio se un vecchietto della previdenza sociale, con cagnolino sfigato al guinzaglio che fa tanto Umberto D. Il marciapiede sbeccato corre per quattro chilometri, tra inutili fioriere di cemento e il mare che, muggendo, reclama la sua quota di spiaggia e, perchè no, di asfalto stradale quando gli va. Corre il marciapiede, come un tapis roulant che non fa rumore ma che oggi mi infradicia le scarpe di pioggia e di mare. Mai stato così bagnato, il mare. A guardar bene corre pure lui e fa per me uno cosa speciale. Si avvicina e si ritrae scivolandomi di fianco; non come i casotti però; non come gli stabilimenti coi loro muretti bassi o le povere barchette spiaggiate come delfini col nylon nella strozza. Il mare è lì a farmi compagnia, finalmente loquace dopo la caciara estiva che ogni anno lo riduce a sfondo, balocco per tiratardi d’ogni età e censo. Immenso e cupo, torna in autunno a riprendersi ciò che gli appartiene e a battere il ritmo della mia corsa col suo respiro regolare.
"Luca è gay" recita, teneramente reazionaria, una scritta nera sul muro di "Bagni non so cosa". Ma come sempre accade il nero chiama il rosso, che stavolta ha la forma di una replica simpatica e libertaria: sotto lo scuro sfottò ridacchia un "Pure io", color sangue. "Cazzi vostri" penso e scrivo idealmente, da terzo incomodo e mi scopro più a destra di Teodoro Buontempo. Schizofrenia della fatica: penso quello che non sono e sono quello che non vorrei immaginare (stanco, fradicio e confuso).
Casa si avvicina, cerco di sveltire il passo e mi faccio due volte violenza. Vorrei vagabondare ancora per un po’. Ma la mano è già sullo stop del cronometro. Game over. Il mondo si ferma di nuovo.
E mi passano accanto casotti sbilenchi sporchi di sabbia umida e verde di alghe marce, che sanno di mare e di pioggia. Perchè piove. Piove qui, sulla riviera nord (le tamerici non esistono), tra Montesilvano e Pescara, alle due del pomeriggio. Un semirettilineo di otto nove chilometri a betonelle di centrodestra o centrosinistra e asfalto rattoppato; l’eterno iperattivismo politico.
Qualcuno potrebbe inciampare sui troppi denti delle betonelle sistemate alla meno peggio sul marciapiede montesilvanese. Qualcuno, meglio se un vecchietto della previdenza sociale, con cagnolino sfigato al guinzaglio che fa tanto Umberto D. Il marciapiede sbeccato corre per quattro chilometri, tra inutili fioriere di cemento e il mare che, muggendo, reclama la sua quota di spiaggia e, perchè no, di asfalto stradale quando gli va. Corre il marciapiede, come un tapis roulant che non fa rumore ma che oggi mi infradicia le scarpe di pioggia e di mare. Mai stato così bagnato, il mare. A guardar bene corre pure lui e fa per me uno cosa speciale. Si avvicina e si ritrae scivolandomi di fianco; non come i casotti però; non come gli stabilimenti coi loro muretti bassi o le povere barchette spiaggiate come delfini col nylon nella strozza. Il mare è lì a farmi compagnia, finalmente loquace dopo la caciara estiva che ogni anno lo riduce a sfondo, balocco per tiratardi d’ogni età e censo. Immenso e cupo, torna in autunno a riprendersi ciò che gli appartiene e a battere il ritmo della mia corsa col suo respiro regolare.
"Luca è gay" recita, teneramente reazionaria, una scritta nera sul muro di "Bagni non so cosa". Ma come sempre accade il nero chiama il rosso, che stavolta ha la forma di una replica simpatica e libertaria: sotto lo scuro sfottò ridacchia un "Pure io", color sangue. "Cazzi vostri" penso e scrivo idealmente, da terzo incomodo e mi scopro più a destra di Teodoro Buontempo. Schizofrenia della fatica: penso quello che non sono e sono quello che non vorrei immaginare (stanco, fradicio e confuso).
Casa si avvicina, cerco di sveltire il passo e mi faccio due volte violenza. Vorrei vagabondare ancora per un po’. Ma la mano è già sullo stop del cronometro. Game over. Il mondo si ferma di nuovo.
9 commenti:
Salve ,spero vivamente che da domani si possa cominciare a far rinascere l'atletica in abruzzo! gli atleti giovani ci sono bisognerà col l'iniziare a pensare sopratutto a loro..., il sogno sarebbe avere più manifestazioni sia in pista che campestri , dove magari si potrebbero far coincidere nella stessa giornata competizioni per tutte le categorie dai più piccoli ai master , in modo da incentrare l'attenzione sull'evento è quindi rendere meno desolanti i vari appuntamenti , evitare poi di dover per forza emigrare fuori regione per trovare una distanza su pista , magari organizzare anche eventi come triangolari fra più regioni ..., insomma io penso che si possa fare molto ! l'obbiettivo però e sempre quello di attirare verso la madre di tutti gli sport ,cioè l'atletica ,sempre più attenzione! solo cosi si potra contrastare il declino di questa fantastica disciplina!
ciao a tutti!
Bellissimo il racconto di stavolta!
Sono arrivato alla fine e mi è venuto da dire: "già finito?!".
Mi ci ritrovo parecchio. Mi hai fatto venire in mente quelle volte che mi capita di uscire a correre ad orari strani o in giornate particolari in cui tutti sono altrove e ti domandi "sono solo io l'unico sfigato?".
Ma proprio quelle volte mi capita di riuscire a concentrarmi meglio su tutto quanto mi circonda e di approfittare della sgambata per pensare e riflettere su tante cose.
"Qualcuno, meglio se un vecchietto della previdenza sociale, con cagnolino sfigato al guinzaglio che fa tanto Umberto D".
Splendido...
Peraltro il vecchietto di turno è il classico soggetto che - cascasse il mondo - becchi sempre...
Un saluto.
Sat
… e sono questi i racconti che adoro! Che bella penna!
La cosa fantastica è leggere i tuoi pensieri su posti e situazioni che ho vissuto anch’io forse un po’ prima o un po’ dopo di te.
Credimi mentre leggevo ho visto quella scritta come se stessi guardando una foto da me scattata, perché anch’io tempo fa ho posato lo sguardo su quel muretto.
Io però per non sentire la fatica, l’affanno, i pensieri, ho fatto mia una abitudine: quella di usare le cuffiette.
Le uso da quando corro con più difficoltà.
Con le tue considerazioni mi hai fatto capire, che se è vero che mi distraggono e mi fanno correre, è altrettanto vero che mi isolano dal resto del mondo.
Non sento il mare che si muove, non guardo il pavimento che lentamente scorre sotto il mio passo ormai pesante, a volte non guardo più nemmeno le persone che incrocio!
Ciao
Carla
Troppo buoni. Lo scritto è un pensiero arrugginito che sa di salsedine. Ma la salsedine ha sapore e un pensiero, seppur arrugginito, è sempre un pensiero. E siccome dove c'è ruggine c'è ossigeno, un pensiero arrugginito è un pensiero aerobico. E il cerchio si chiude.
Grazie ragazzi, grazie della compagnia.
P.S.: all'anonimo del primo commento: sì domani potrebbe cambiare qualcosa per l'atletica abruzzese; anch'io sarò alle 10.00a piazza Santa Caterina (Fidal) per le votazioni.
mario
ok , cmq sono quello del primo commento , mi chiamo Stefano.S
Ciao a tutti
ok , cmq sono quello del primo commento , mi chiamo Stefano.S
Ciao a tutti
Caro anonimo del primo commento, mi sa che per il cambiamento tanto auspicato bisognerà lottare un bel po'.
Staremo a vedere. Never give up.
un abbraccio. mario
beh, se tieni il ritmo con cui scrivi anche nella corsa... davvero un buon piede :-)
MarcoZ.
Grande Marco Z.,
scrittura libera prima di ingaglioffarmi di nuovo con le beghe di certa atletica. Ieri, giornata da dimenticare.
un abbraccio. mario
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