sabato 2 novembre 2019

Rimedi taumaturgici fai da te


Domani si correrà la Maratona di New York.
Ed io torno a riproporre il mio pensiero su certe esasperazioni ‘sportive’.

Prosciutti, buoni benzina ai primi classificati e gare (molte le maratone); gare come se piovesse. Tutti campioni, il giorno dopo, sui social.

A vederli gareggiare, quei ‘campioni’, sembrano dare l’anima. E in effetti la danno; la sputano sfiatata ad ogni traguardo. Si amano e si odiano sul filo dei diciotto chilometri orari (i più bravi), i forzati del running di casa nostra, eroi del borgo e per una mezza giornata, una settimana al massimo, ché la domenica successiva si corre di nuovo.

Sembrano avere tendini d’acciaio, legamenti e articolazioni della stessa sostanza. I loro meccanismi di recupero parrebbero regolati da biochimiche extraterrestri.

Parrebbero.

Ogni tanto però qualcuno lì davanti si ammacca. Iniziano i pellegrinaggi infiniti presso santi e santoni della fisioterapia. Plantari d’ogni colore e consistenza promettono equilibri taumaturgici, dalla prima calzata. E se non funzionano (come può un plantare “curare” un’infiammazione?) allora giù con laser, ipertermia, diatermia e onde d’urto e chi più soldi ha più ne spenda; perché spesso – spessissimo – non c’è criterio scientifico dietro la scelta di questo o quell’intevento terapeutico.

Pochi seguono la logica trafila: medico di base, ortopedico/fisiatra (meglio se con una solida esperienza medico-sportiva), fisioterapista. Prevalgono le “mode”; il successo improbabile e rassicurante dell’amico che ce l’ha fatta curandosi con dieci sedute di...

Un suggerimento per gli organizzatori di manifestazioni podistiche: iniziate a pagare in buoni laser, diatermie, ecografie, risonanze, eccetera, eccetera; farete il tutto esaurito. Una moltitudine di vecchi (ma anche tanti giovani, ahimé!) runners traumatizzati non aspetta altro.

2 commenti:

Groucho ha detto...

Caro Mario, sono tutti effetti della sindrome efficentista che ci ha preso da un po' di anni a questa parte. Ricordo una pubblicità che ci invitava a migliorare la nostra "performance", mi chiedevo con chi ce l'avesse, perché io non performavo, io vivevo, tra i due termini c'è una differenza che non mi avventuro ad approfondire in questo spazio, ma rende l'idea di come abbiano trasformato i nostri corpi in macchine che devono rendere sempre al massimo, per i quali non è più prevista l'obsolescenza o il riposo.
Un abbraccio.

Unknown ha detto...

Parole sante, anzi santone😉