venerdì 28 novembre 2008

Evviva Stoccolma!

Post semi-criptico. Post per pochi intimi, o quasi. Un saluto agli amici svedesi, oriundi e non. Un saluto a Stoccolma e all'eroico lettore (o lettrice) capace di mandar giù il mio bizzarro blog. In Scandinavia qualcuno mi legge (e con assiduità). È il mio piccolo Nobel.
Notte a tutti.

giovedì 27 novembre 2008

Il viaggio

Ho ritrovato un raccontino dei miei. Lo scrissi qualche anno fa, quando facevo il pendolare sulla linea Pescara-Penne. Il viaggio come soave condanna, desiderio; piccola deriva esistenziale. Con o senza metafore.
Buona lettura.


Metafore di un viaggio (un giorno d’inverno)


Quando l’autobus della linea Pescara-Penne, sbuffando e starnutendo, da Remartello all’improvviso svolta per Loreto Aprutino, lascio una vita per prenderne un’altra.
Anche il cellulare inizia a darmi qualche problema; il segnale si fa debole e la segreteria inizia a caricarsi di sms (“Ho chiamato alle…”) che leggerò forse al ritorno, tra dieci ore.
Un insegnante elementare confuso tra altri insegnanti, studenti ed operai, lascia “casina bella” alle sette e un quarto di mattina per farvi ritorno alle sette di sera; riunioni, programmazioni, commissioni, collegi docenti e, talvolta, lezioni in classe coi bambini.
– Buongiorno professo’, freddo stamattina? Che dice, vuole nevica’? –. La funzione fàtica del linguaggio. Nelle parole dell’autista c’è qualcosa di più. È il suo benvenuto, la gioia contenuta e sottile per la conferma di una rassicurante presenza, un altro compagno di viaggio conosciuto e che ti riconosce; l’autista non è più lo “sballottatore” di anime infreddolite ed assonnate. È quello simpatico e disponibile, uno dei pochi a farti scendere tra le fermate “ufficiali” (– … qui non si potrebbe, ma se non ci si viene incontro, eh professo’? –).
L’autobus presto comincia a parlare di melanzane grigliate e mozzarelle “scippate” alle dieci e mezza, di figli e mariti dispersi da tempo, di governi sempre più ladri e di scioperi che pesano più dell’ICI. L’autobus parla strani dialetti che si intrecciano, suoni d’Africa e di Albania richiamati da un cellulare, muezzin digitale e sconsacrato dalla voce metallica e assordante.
Il cinese sta in silenzio. Non potrebbe fare altrimenti. Fa il mercato del giovedì a Loreto e impiega qualche minuto prima di entrare col suo carico di necessario ciarpame a pile e a molla; un borsone di circa quaranta chili che al ritorno ne farà cinquanta. Ma a Loreto vende o compra?
Gli anziani stanno come cariatidi, occupano sempre lo stesso posto, da decenni; dondolando e smadonnando in aramaico aprutino guadagnano l’uscita avviandosi tre fermate prima. Di una vecchietta vedo soltanto la stampella. La scaglia all’interno dell’autobus con la precisione di un cecchino. A fatica, ma con decisione, scala il “massiccio” di ferro. Scenderà quattrocento metri più avanti, dopo aver “rilanciato” la stampella all’esterno.
Il “viaggio” dal sedile all’uscita per alcuni di loro è pieno di insidie, ma l’esperienza non è acqua fresca.
– Giuvino’, purteme la bborsa fin’assotte, pippiacere. La madonna tibbenedice –, e tu l’aiuti. Ho il sospetto però che la vecchina abbia stipulato un patto col demonio in persona: la borsa pesa il doppio di quella del cinese.
– Ddu’ pruvviste pe’ fijeme, fa lu fredde –, si giustifica. Sono venti litri d’olio, venti di vino e non voglio pensare al resto.
Non sono tutti simpatici gli anziani; ma senza di loro l’autobus non sarebbe la stessa cosa. Lo sanno bene gli autisti, impegnati in manovre impossibili sui letali tornanti di Collatuccio.
– Vado a Penne, famme lu bijette giuvino’! –. Sì, loro il biglietto lo fanno sull’autobus, costringendo i malcapitati in prodezze circensi per un resto che attendono fino all’ultimo centesimo. La mano, tesa verso il biglietto, è larga come una vanga e nodosa come un ulivo. Gli spiccioli spesso volano tutt’intorno, come le imprecazioni; incomprensibili ed efficacissime maledizioni che temo più del conguaglio fiscale di febbraio. Le monetine che non finiscono a terra si perdono per sempre tra i solchi e i nodi di quello strano albero antropomorfo.
Ogni anziano di quest’autobus è un albero. Una volta scesi vanno a piantarsi in qualche raro fazzoletto di terra buona, a ricordare i cicli del sole e della luna.
Qualcuno, fortunato, finisce lì la sua corsa.

Studenti disorientati e tatuati, salgono e scendono come vitelli al mattatoio. Qualcuno manda a memoria due formule di fisica, qualcun altro “ripassa” i Metallica con gli auricolari del lettore mp3 siliconati dal gel che cola copioso da capelli acuminati e variopinti.
Un bimbo di diciassette anni riprende il sonno da poco interrotto appoggiando la testa sul petto della fidanzata. Lei dice che non ne può più di lui e di quelli come lui:
– Mi dà il tormento, che palle! Dove sei, cosa fai, con chi stai, mi vuoi bene, ti presento i miei… Io devo ballare, mi devo svagare, devo vedere gente… –, questa in sintesi la traduzione di un pensiero abbastanza contorto, espresso in una misteriosa lingua tonale, farcita a gesti ed attributi maschili citati a ritmo regolare.
Il bimbo di diciassette anni sorride nel sonno; la mamma è dura e severa, ma è sempre la mamma.

Il controllore è buono e cattivo. Quello buono lascia riposare l’operaio sfinito dalla stanchezza del giorno prima. Non gli chiede il biglietto. Lascia riposare anche chi finge il riposo per non pagare la multa. Saluta con un sorriso rassicurante, si appoggia al gabbiotto del conducente e lo distrae fino al capolinea.
Quello cattivo guarda tutti dritto negli occhi. Potrebbe fare le multe già dal predellino. Preferisce studenti e senegalesi.
Un’epica tenzone si trascina da tempo tra lui ed un ventenne di colore. Il controllore, appena salito, ha già pollice, indice e mignolo sul taccuino; il ragazzo, che dal fondo dell’autobus con un balzo ha guadagnato la porta centrale, con l’indice ha già suonato il campanello da un pezzo.
I due si guardano negli occhi come Clint Eastwood e Lee Van Cleef ne “Il buono, il brutto, il cattivo”.
– Dove vai, amico? Documenti e permesso di soggiorno, che mo’ t’aggiusto io! – lo apostrofa il controllore con un ghigno.
– Vieni vieni, ti sto aspettando, non mi muovo da qui –, fa il giovane con malcelato terrore. La multa arriva come una benedizione alla fine di una serie estenuante di: “dai amico, lo faccio adesso”, “stavo scherzando; non si può nemmeno scherzare”, “io non mi faccio prendere in giro da te e da quelli come te”, “il permesso di soggiorno deve essere in originale e non fotocopiato”, “stavolta t’è andata bene, la prossima chiamo la polizia”, eccetera eccetera. Il controllore finisce la sua corsa parlando al conducente di gite a Lourdes e S. Giovanni Rotondo, di straordinari mai pagati, eccetera eccetera.

L’autobus alle sette di sera è vuoto. Montesilvano sa già di Pescara. Molta dell’umanità dell’andata ha viaggiato con me al ritorno. Nuovo proletario senza coscienza di classe riprendo le mie quattro cose prima di scendere.
Il cielo ha la stessa luce di questa mattina.


mercoledì 26 novembre 2008

Tutto intorno è silenzio. Qualcuno, nel frattempo, cresce...





Che strano silenzio. Quasi assordante. Dicembre è arrivato e del calendario regionale invernale neanche l'ombra. Ma che sarà mai un calendario? Visto uno, visti tutti! Vorrà dire che ce ne faremo una ragione.
Qualcuno, nel frattempo, cresce...

martedì 25 novembre 2008

Who loves his job? Who knows his job?

Per acquistare popolarità bisogna essere una mediocrità. (Oscar Wilde)
Niente è più terribile di un’ignoranza attiva. (Goethe)


Post criptico di fine giornata. Dedicato a chi fa casini incommensurabili, portando avanti il suo lavoro da impiegato gogoliano. Immaginatelo però questo impiegato, nel ruolo di medico.
Post sulle pene dello sport e della società. Dedicato anche a chi fa altri casini perché ha un ego smisurato e una missione da compiere. Immaginate pure un allenatore, che dice di essere bravo e si dà molto da fare. Ma in atletica chi rompe (un atleta) non paga e i cocci ( o cacchi) sono di chi ci rimette davvero.
Immaginate i nostri figli nelle mani di questi medici e allenatori.
Notte a tutti.

lunedì 24 novembre 2008

I viaggi ("sportivi") della speranza

Stavolta il post lo dedico a “Sat”, Saturnino Palombo, fermo per un infortunio da sovraccarico funzionale (diciamo così). Procediamo però con ordine. Ieri mattina ero in pineta d’Avalos per una sgambata coi miei ragazzi. Prima di iniziare le “ostilità” incontro un carissimo amico ed ex rivale di mille tenzoni atletiche. Scambio una chiacchiera a volo e il discorso cade sugli acciacchi che lo affliggono. Guai muscolari misteriosissimi e, ahimé, inibenti la pratica dell’attività podistica. Il mio amico sta abbacchiato assai, ma non si rassegna (e fa bene). Mi comunica di aver preso la decisione di risolvere la questione una volta per tutte. Ha saputo da un altro podista (anche lui ex atleta di belle speranze) che c’è un medico-terapista di cui si dice un gran bene... Per farla breve pare abbiano organizzato una spedizione di quattro cinque runners “acciaccati”, solidali e uniti nel comune vincolo della sofferenza di ex-agonisti sfrenati.
Di “pellegrinaggi” del genere, purtroppo, potrei citarne a decine (e mi limito al 2008). Stavo pure pensando di suggerire a qualche tour operator di mia conoscenza un business che, se ben strutturato, potrebbe rivaleggiare con quello dei viaggi per le maratone internazionali.

“Quando si è giovani”, scriveva Pasolini, “si ha tanto tempo dinanzi da buttarne via a palate”. Quanti chilometri ho pestato intorno ai vent’anni; in modo dissennato. Partivo a freddo a 3’40”/km, dal primo metro. Ricordo quella volta che passai dai primi quindici minuti di riscaldamento sull’erba (avevo abbondantemente percorso quattro chilometri) ad un 5000 in 15’10”, saltando dal prato al circuito in sportflex; e poi un altro chilometro intorno ai 3’40” ancora sull’erba – per prendere fiato – e di nuovo un bel 2000 in 5’50” corso meglio del 5000 precedente. Praticamente un folle. E di matti come me, in quegli anni, ce n’erano a mazzi.
L’allenamento è scienza quasi esatta. E certi errori si pagano a caro prezzo. A questo punto dovrei fare una lezioncina sull’importanza del riscaldamento, di come dovrebbe essere eseguito; dovrei dire qualcosa sull’incremento dei carichi di lavoro (volume e intensità), eccetera eccetera. Ma non ne ho voglia (e vi chiedo scusa per questo). Potete però chiedere ai miei ragazzi al Cus. Loro si riscaldano bene e sanno pure perché. A Saturnino, “Sat”, chiedo solo di “ripensare” l’allenamento, ché ha ancora tanti anni da correre. Basta solo che ascolti i consigli di un allenatore-podista che non corre più a 3’00”/km e che sta prendendo in considerazione la possibilità di aggregarsi alla comitiva di pellegrini infortunati, in cerca di un miracolo.

giovedì 20 novembre 2008

I propositi della Nuova Fidal Abruzzo

Credo nei fatti, ma anche nella forza delle parole. Se così non fosse non porterei avanti l'impegno del blog che avete sotto gli occhi. Ma c'è parola e parola. Discorso e discorso. Voglio credere alle parole di Domenico Narcisi, oggi presidente del Comitato Regionale Fidal Abruzzo. Le potete leggere qui di seguito, in basso (basta cliccare sulle foto per ingrandirle). Sono le immagini di un documento consegnato ai rappresentanti delle società abruzzesi, in occasione di un incontro pre-elettorale svoltosi a Pescara il 7 ottobre scorso. "Una nuova proposta per l'atletica abruzzese". Sembra una buona cosa. Mi auguro (tutti ci auguriamo) che ad essa seguano i fatti.



martedì 18 novembre 2008

Tempi duri, son quasi felice

Il 2009 si avvicina, anzi è già qui. E reca con sé nubi scure assai. Qualcuno dirà: a furia di parlare di crisi, recessione, deflazione, eccetera eccetera, eccoci con le saccocce sgonfie; temo però che non si tratti di sfiga. Prevedo tempi duri per il popolo e, venendo al nostro, un ridimensionamento dei sogni di gloria di molte società sportive. Terrorismo psicologico? Paranoia? Non credo. Guardate per esempio ciò che sta succedendo in Val Vibrata (cliccare qui) e in Val di Sangro (cliccare qui), giusto per citare qualche numero.
Dal canto mio son quasi felice (ovviamente non per i licenziati e le loro famiglie; parlo dello sport). Sadomasochismo? Macché. È in tempi come questi che si fa piazza pulita del superfluo, dei giochi di facciata, delle chiacchiere senza costrutto. Chi si è sempre impegnato nello sport, con passione, studiando a casa e sul campo, cercando ricchezze meno effimere di un po' di potere e qualche spicciolo, con tutta probabilità continuerà a divertirsi.
La serie A, come il paradiso, è una condizione dello spirito.

domenica 16 novembre 2008

Assemblea Regionale Fidal Abruzzo: lost in translation




Oggi non ci ho capito nulla. Lost in translation, mi son perso nella traduzione, probabilmente per una questione di codice linguistico, diciamo così. Pensavo di trovare parole nuove, concrete, quel ripartire dal “fare”, tornando a “sporcarci” le mani sul campo. L’elezione di Domenico Narcisi, nuovo presidente della Fidal Abruzzo, nasce invece sotto il segno della trita questione delle “poltrone” per il consiglio nazionale federale. La querelle Balsorio vs D’Agostino ha monopolizzato buona parte degli interventi in assemblea. Ho apprezzato le parole schiette di Gianni Lolli che ci invitava a riprendere la via dell’impegno appassionato ché i soldi sono davvero finiti, e continuare a menarla coi valzer politici di un’atletica sempre più distante dalla realtà è puro masochismo. Mentre il Titanic affonda, c’è chi danza, chi brinda e pure qualcuno che si incazza.
Spero si torni a parlare presto di progetti, programmi, per chi l’atletica la fa sul serio. A proposito, stamane a Volpiano, nel Cross della Volpe valido come seconda prova di selezione per i prossimi Campionati Europei di Cross, Martina Petrini, U.S. Aterno Pescara, è arrivata terza tra le juniores. La giovane atleta pescarese, allenata da Luciano Carchesio, è virtualmente in maglia azzurra. Meritiamo tutto questo?

sabato 15 novembre 2008

La pioggia e il mare

Quando corro è il mondo che si muove, che mi scivola di fianco mentre io, io sono fermo. Finalmente fermo dopo una delle troppe giornate sciupate a volare da un punto all'altro del mio nulla scolastico, a cercare di mettere insieme non so bene cosa.
E mi passano accanto casotti sbilenchi sporchi di sabbia umida e verde di alghe marce, che sanno di mare e di pioggia. Perchè piove. Piove qui, sulla riviera nord (le tamerici non esistono), tra Montesilvano e Pescara, alle due del pomeriggio. Un semirettilineo di otto nove chilometri a betonelle di centrodestra o centrosinistra e asfalto rattoppato; l’eterno iperattivismo politico.
Qualcuno potrebbe inciampare sui troppi denti delle betonelle sistemate alla meno peggio sul marciapiede montesilvanese. Qualcuno, meglio se un vecchietto della previdenza sociale, con cagnolino sfigato al guinzaglio che fa tanto Umberto D. Il marciapiede sbeccato corre per quattro chilometri, tra inutili fioriere di cemento e il mare che, muggendo, reclama la sua quota di spiaggia e, perchè no, di asfalto stradale quando gli va. Corre il marciapiede, come un tapis roulant che non fa rumore ma che oggi mi infradicia le scarpe di pioggia e di mare. Mai stato così bagnato, il mare. A guardar bene corre pure lui e fa per me uno cosa speciale. Si avvicina e si ritrae scivolandomi di fianco; non come i casotti però; non come gli stabilimenti coi loro muretti bassi o le povere barchette spiaggiate come delfini col nylon nella strozza. Il mare è lì a farmi compagnia, finalmente loquace dopo la caciara estiva che ogni anno lo riduce a sfondo, balocco per tiratardi d’ogni età e censo. Immenso e cupo, torna in autunno a riprendersi ciò che gli appartiene e a battere il ritmo della mia corsa col suo respiro regolare.

"Luca è gay" recita, teneramente reazionaria, una scritta nera sul muro di "Bagni non so cosa". Ma come sempre accade il nero chiama il rosso, che stavolta ha la forma di una replica simpatica e libertaria: sotto lo scuro sfottò ridacchia un "Pure io", color sangue. "Cazzi vostri" penso e scrivo idealmente, da terzo incomodo e mi scopro più a destra di Teodoro Buontempo. Schizofrenia della fatica: penso quello che non sono e sono quello che non vorrei immaginare (stanco, fradicio e confuso).

Casa si avvicina, cerco di sveltire il passo e mi faccio due volte violenza. Vorrei vagabondare ancora per un po’. Ma la mano è già sullo stop del cronometro. Game over. Il mondo si ferma di nuovo.

giovedì 13 novembre 2008

Rispettare le regole disonestamente

Il recente commento di Marco Z. al post precedente, sul rapporto Coni-Censis, genera queste mie "opinioni anaerobiche" (anaerobiche perché quel documento, in alcuni passaggi, mi ha lasciato letteralmente senza fiato). Marco scrive: "... a pag. 33 nella tabella dei valori espressi dallo sport c'è la separazione tra "rispetto delle regole" e "onestà" con percetuali di 'espressività' che trovo per lo meno bizzarre. Mi sono perso qualcosa? ". No Marco, non ti sei perso nulla. Quello che hai letto rappresenta perfettamente lo stato in cui versa lo sport nell'"opulenta" società occidentale. Cito dal rapporto Coni-Censis:
4. Il vissuto dello sport nell'opinione degli italiani e del mondo sportivo
L’immagine dello sport è decisamente positiva; alla parola sport vengono associati, nella stragrande maggioranza dei casi, concetti positivi come il benessere fisico e il divertimento, mentre i disvalori, ancorché presenti e rilanciati spesso dai media, come il doping e i troppo facili guadagni dei professionisti, vengono associati solo secondariamente al concetto di sport. Per quanto riguarda la capacità pedagogica, sembra che il mondo dello sport in buona parte riesca ancora a trasmettere i suoi valori tradizionali. Non solo, dal questionario (1) emerge una forza aspirazionale ed emozionale, che permette, o meglio, potrebbe permettere allo sport di essere un traino di sviluppo civile.
4.1 I valori
Molti oggi si pongono la domanda: lo sport può essere considerato lo specchio della società italiana? È una domanda suggestiva e può aiutare nella riflessione. Dalla ricerca emerge che in parte è così, nel bene e nel male le dinamiche che girano attorno allo sport possono rappresentare il Paese: la forza delle identità locali, alcuni eccessi di protagonismo, ma anche una società che ha voglia di guardare oltre, di trovare ed affrontare nuove sfide, di darsi regole più stringenti, ma anche più chiare. Potremmo dire che è lo sport in quanto tale a trasmettere valori quali lo spirito di squadra, il rispetto, indipendentemente da personalismi e mitizzazione di atleti. (tab. 7, cliccarci su per ingrandirla)

Nella sopra citata tabella il campione Censis di mille italiani (1000) ci dà valori diversi riguardo al "rispetto delle regole" (il valore è più alto) e all'"onestà" (valore più basso !!??). Ma cos'è l'onestà allora? La cosa mi fa pensare ad un marciatore che rispetta la regola del bloccaggio, non va in sospensione, però si dopa. Il rispetto delle regole inteso come atto "tecnico", avulso dal discorso morale? Bene, allora siamo a cavallo. Allora mi tornano pure altri "conti", come quello dei finanziamenti allo sport erogati in base alle medaglie olimpiche ottenute.


Marco Z. apre così il suo commento: "una letta veloce sono riuscito a darla: ho letto cose che mi lasciano un po' perplesso, altre di cui non capisco il senso e altre che mi regalano una risata". A me, sinceramente, viene da piangere.

martedì 11 novembre 2008

L'Assemblea Regionale Fidal e gli spettri del rapporto Coni-Censis



Domenica prossima la Fidal Abruzzo dovrebbe voltare pagina. Si va al rinnovo del consiglio regionale Fidal, per un nuovo presidente, Domenico Narcisi, e una squadra (il sostantivo parrebbe quello giusto) di consiglieri realmente operativi. Vedremo se prevarrà ancora la "logica" dei triti giochetti di potere oppure si seguirà la via del progetto finalizzato alla rinascita del nostro movimento atletico. Vedremo. L'unica certezza è nella necessità di un ritorno al lavoro intelligente e continuo che, a mio avviso, deve precedere qualsiasi operazione di marketing. Bisogna promuovere solo ciò che può essere verificato, validato, sul piano innanzi tutto etico. Un buon progetto scolastico oggi vale più di mille uomini immagine (che magari potrebbero pure imbrogliarci col doping). Facciamo correre, saltare e lanciare, parliamo pure di agonismo, ma sempre dopo aver educato alla salute.
Bisogna quindi mettersi subito al lavoro ché i problemi da affrontare sono tanti. Avete provato a dare un'occhiata al 1° rapporto Coni-Censis su "Sport & Società"? Chi non ne sapesse nulla può cliccare qui e scaricarne un'interessante sintesi in formato pdf. Buona lettura.

lunedì 10 novembre 2008

Il vero successo

La vittoria è grande, ma ancora di più lo è l'amicizia. (Emil Zatopek)


Giornata intensa quella che si sta chiudendo. Sto per andare a nanna e non voglio sentir parlare di cronometri, risultati, tabelle d'allenamento & affini. Volevo scrivere qualcosa sull'essenza della pratica del running. Qualcosa di pedagogico, di morale, di. . . Poi ho trovato delle foto (in basso). Hanno il dono dell'"eloquenza sintetica". Chi vuol intendere, intenda ciò che vuole.
Notte a tutti.




domenica 9 novembre 2008

Un mondo senza meraviglie

"A questo punto la povera Alice ricominciò a piangere, perché si sentiva sola e sconsolata. Dopo un po' udì di nuovo un rumore di passi lontani e alzò gli occhi ansiosi perché sperava che il Topo avesse cambiato idea e tornasse per finire il suo racconto". (Lewis Carroll, Alice nel Paese delle Meraviglie)


Il post di Carla, alias "Sognatrice", nei commenti a "Il doping e i cattivi maestri", mi ha molto colpito. Muove da una citazione da Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll. Tengo tanto a quel libro in modo quasi feticistico (ne conservo come una reliquia un'edizione della BUR di vent'anni fa, con testo inglese a fronte). Alice è un gioco matematico-letterario di rara bellezza, da leggere in lingua originale (come ogni opera letteraria dovrebbe essere letta), difficilissimo da tradurre in italiano (ottime le traduzioni di Tommaso Giglio e di Aldo Busi).
Carla ci propone un estratto dal III capitolo: LA CORSA CONFUSA E UN RACCONTO CON LA CODA. Bellissimo. E decisamente calzante. ("ma chi ha vinto?", "tutti hanno vinto, e tutti meritano un premio"; stupendo!). Io invece apro questo post con la chiusura di quel capitolo. È l'immagine sconsolata di una bimba che attende la fine di un racconto. Il narratore è andato via lasciando aperta una terribile sospensione. Un mondo senza meraviglie.

domenica 2 novembre 2008

Campioni mancati

“E poi vanno tutti così forte. Io ne conosco uno, un ‘cicloamatore’, diciamo così, che fa i trenta orari in salita, gareggia surclassando ex dilettanti; un mostro”.
Il tipo che ho di fronte è il terzo della giornata. Appartiene alla specie dei ‘pretori da bar’, quelli con loquacità sportivo-repressiva in funzione antidoping.
È un tranquillo pensionato. La sua vita è scandita dai ritmi istituzionali e fatali del casa-poste-pensione-nipoti-a-scuola. Vive per l’incontro della giornata, quello che gli riempie una buona mezzoretta al dopolavoro ferroviario. Quello che mi fa sospirare il pagamento di una odiosissima bolletta condominiale, immobile e in processione all’ufficio postale.
“Le bombe, si fanno le bombe. Eh Debbenedì?” mi fa il tipo, ammiccando un poco. Si rivolge ovviamente all’esperto, l’uomo di sport che ne ha viste di cotte e di crude. Mi provoca. Vuole sapere le confidenze che mi faceva Pantani al Giro d’Italia, dei cicli di ‘cure’ anabolizzanti di Ben Johnson, dei testicoli delle nuotatrici cinesi.
Naturalmente non ho avuto mai il piacere di conoscere di persona Pantani. Né faccio parte della commissione antidoping del CIO. D'accordo, ho fatto qualche olimpiade, da allenatore. Una collaborazione di circa sedici anni con la nazionale italiana di atletica leggera, nei settori mezzofondo e marcia. Sempre fuori da ogni circuito di potere. Sempre.
Ma il passato rimane. E il pensionato pure.
La fila scorre, la cassa non è più un miraggio e le sue domande si fanno sempre più incalzanti. Delineano un obiettivo preciso: convincermi di essere stato vittima di un’ingiustizia cosmica. Il pensionato, in gioventù quarto classificato nella corsa campestre alla selezione scolastica del noto istituto tecnico eccetera eccetera, a quei tempi non poteva allenarsi perché c’era la fame, perché papà non voleva, eccetera eccetera.
“Con la bomba giusta a quest’ora avevo un paio di medaglie olimpiche anch’io, cosa crede?” si sfoga, vuotando finalmente il sacco. E mi lascia con la bolletta in mano, davanti al cassiere che mi chiama con sguardo feroce, spazientito per il mio titubare. Pagata la mia bolletta esco dalle poste senza voltarmi.
Un mondo di campioni mancati, da qualche parte, mi aspetta.