giovedì 25 giugno 2009

Il sogno di Barcellona '92 all'alba di Ekecheiria.org


Voglio pubblicare una lettera di Valerio Di Vincenzo. Lo faccio con l'emozione e le lacrime di un giorno di diciassette anni fa. Quel giorno l'erta del Montjuic parlava abruzzese.
Buona lettura.


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Sentendomi parte in causa di quanto sta avvenendo su questo blog negli ultimi giorni mi sento anche in dovere di spiegare meglio le motivazioni che animano i miei interventi. Per farlo, prendo spunto dal Progetto 92 - più volte citato da Mario - e che rappresenta l’origine e l’elemento di congiunzione tra passato e futuro del progetto che si esprime attraverso ekecheiria.org.
Devo dire che questa necessità, in qualche modo, si accompagna in me con una strana euforia.
Infatti la deformazione spazio-temporale che si sta creando attorno al centro gravitazionale costituito dalla Tregua Olimpica ed alle possibili “influenze celesti” che vi voglio stimolare a considerare non è nuova né per Mario, né per me. Al contrario, riconosco parecchie analogie tra quello che avvenne venti anni fa ( con i successi maturati con il progetto 92) ed il potenziale che esprimono l’affermazione della Tregua Olimpica e la consapevolezza del proprio ruolo sociale a partire dai Giochi del Mediterraneo di Pescara 2009.
A cominciare dal 1989 Mario ed io abbiamo iniziato a studiare strategie per vincere le Olimpiadi di Barcellona. Io, con le conoscenze maturate da ricercatore universitario in medicina, proponevo i metodi e gli strumenti. Lui li traduceva in protocolli scientifici di allenamento, in fitte tabelle di dati funzionali e rilievi sul campo che venivano graficizzati in forme primordiali di pagine elettroniche, allo scopo di valutare gli effetti , nel tempo, delle fasi di lavoro. Giovanni ci metteva il fisico ed un carattere che esprimevano la sua energia sovrumana. Claudio interpretava olisticamente il modello biomedico, assecondava i flussi energetici e la crescita delle prestazioni atletiche di Giovanni, leniva i dolori. Daniela appianava i conflitti e minava le basi di quella sindrome che - tra me e me – ho chiamato la “paura di vincere” ( quella che fino a quei tempi aveva attanagliato i primati mondiali che erano nelle gambe di Giovanni). Mamma Angela e papà Nino ci avevano adottati come parte integrante della famiglia. Tutto ciò cresceva giorno dopo giorno, confortato da risultati crescenti. Era qualcosa che non era mai esistito prima in nessuno di noi presi singolarmente, eppure si avverò quando decidemmo di lavorare insieme.
Ciò che potrebbe stupire oggi è che Giovanni, in preparazione della sua seconda olimpiade, accettò di affidarsi a questa strana combriccola, priva di alcuna precedente esperienza del genere, osteggiata dall’establishment, ma dotata di idee capaci di fare la differenza. Erano i tempi in cui un bel numero di medaglie olimpiche e maglie rosa erano prodotte in Italia dalle parti di Ferrara, ma Giovanni preferiva frequentare la riviera pescarese, le Dolomiti, gli altopiani messicani, a costo di ingurgitare integratori e certe “cineserie” probiotiche che gli prescriveva Claudio, di litigare con taluni “santoni” della Federazione e, in fin dei conti, perfino di farsi superare in silenzio da gente che il buon sangue se lo faceva venire con mezzi diversi dal buon vino e dall’armonia tra mente e corpo.
Il fatto è che, parlando e riparlando con Mario, ho capito quanto le personalità come quella di Giovanni e come la sua sanno essere carismatiche anche continuando ad essere vere. Questo, secondo me, deriva dalla capacità di essere sempre coerenti con sé stessi e di affermare coi fatti valori inalienabili.
Il commissario Mario Pescante – è scritto nell’articolo riportato nel link
http://www.primadanoi.it/modules/bdnews/article.php?storyid=21345&page=1) ha affermato : «..ma quale miracolo del Villaggio. Qui si vede la capacità dell'imprenditoria abruzzese... Verranno da 23 Paesi, non più nemici tra loro, ma solo avversari al momento della gara. Ringrazio tutti, ringrazio la stampa alla quale avevo chiesto una tregua olimpica per arrivare ai Giochi, pur in periodo pre-elettorale… ». Personalmente sono onorato dalle parole di Pescante sull’Abruzzo, un po’ meno – Considerato che il Commissario è membro del Board dell’ International Olympic Truce Foundation - dall’uso inopportuno che fa del concetto di tregua olimpica, che , grazie a Dio, vola ben più in alto delle beghe elettorali Italiane.
Inoltre, per quanto ne so, vorrei riconoscere al Direttore Mario Di Marco ed alle decine di ragazzi che lavorano nel Comitato Organizzatore una tenacia ed una capacità di pedalare in tempi avversi, senza la quale Pescante e tanti altri non avrebbero avuto la platea per le loro esternazioni attuali. Questo è il palcoscenico sul quale possono ancora essere espressi i ruoli di ciascuno di noi, non solo abbandonando i conflitti e le polemiche, ma prendendo il posto che si vuole mantenere quando i riflettori saranno spenti.
Ora che il periodo pre-elettorale è finito, chi ci impedisce di costruire, per la prima volta, una tendenza sociale che - passando per la Tregua Olimpica - assegni visibilità e credibilità alla comunità degli sportivi praticanti non solo con i mezzi di informazione ma tra i popoli del Mediterraneo?.
Tutti mi dicono , talvolta con la sufficienza di chi costruisce il proprio futuro proprio nelle cene pre-elettorali: ma sei partito troppo tardi!
Scusatemi l’ardire, ma a me viene da rispondere che “ogni lasciata è persa”.
L’Italia, purtroppo - e non è colpa dei cittadini né della stampa – vive in uno stato di continua campagna elettorale da decenni e, questo, rischia non solo di far perdere delle occasioni d’oro a tutti noi, ma addirittura il senso della realtà alla maggioranza.
In momenti difficili, quando ci si sente perdenti non per proprie manchevolezze, ma per effetto della ottusità dei decisori o di una competizione sleale, mi viene da evocare (in modo altisonante perchè è una frase usata da Obama in una recente conferenza rivolta ai Popoli arabi e con la quale ha rivendicato la possibilità di portare la Pace in Medio Oriente) “l’audacia della speranza”.
Il lavoro raccolto nel sito web www.tregua.org è un modo originale e potenzialmente determinante per strutturare un posizionamento visibile dell’ evento sportivo internazionale dei Giochi nella comunicazione planetaria dell’Abruzzo di oggi: terra di dolore e di orgogliosa determinazione a fare. C’è una T shirt - che spopola nell’Aquilano - che cita “TERREMOTOsto” e chi vorrà la potrà trovare nella nostra sede dell’Ex Gaslini, di prossima apertura.
Ci attendono compiti molto impegnativi per evitare che la ricostruzione delle zone terremotate si tramuti in una perdita di identità e di autonomia per tutta la regione. Lo sport praticato è uno degli ingredienti di questa identità. La dignità dei punti di vista ne è un altro. Oggi, con tutto il rispetto per le motivazioni di GMak che non mi permetto di discutere, le burlesche allusioni presenti nei dialoghi tra sordi di recente lasciati nel blog da pensatori aerobici e da sognatrici podiste, mi sembrano più concrete e dotate di un futuro sostenibile.
Forse siamo ancora in tempo per compiere insieme un miracolo pari a quello del Villaggio, e che può lasciare un segno proveniente dalla nostra regione che sia incrementale ed evolutivo rispetto alla stessa disponibilità di impianti sportivi “da paese civile” e di centri storici da ricostruire. Questo segno ha il valore universale espresso dalla volontà di sentirsi fratelli , nonostante le differenze. Non mi pare poco. Popolo dei blog: “alzati e cammina!”.
A partire da una grande provocazione sociale, per la prima volta i Giochi del Mediterraneo potrebbero rivestire un ruolo più consono alla composizione dei Paesi partecipanti, suscitare un ripensamento “dal basso” al riguardo della esclusione di Paesi quali Israele e la Palestina. Questo anche grazie a un’idea portata avanti in occasione di Pescara 2009, come primo laboratorio sperimentale. Se qualcuno mi spiega perché dovremmo aspettare un momento successivo, sono disposto a ritirarmi subito e ad oscurare il sito.
Se, viceversa è vero - come sostiene Paul Watzlawick in “La realtà inventata”- che “la realtà non va prevista, ma costruita” attraverso profezie che si autoavverano per il semplice fatto di essere state introdotte, la tregua può contaminare benevolmente migliaia di persone, in breve tempo, ma questo non lo può fare nessuno da solo.
Vorrei dedicare questo post a mio cugino Gaetano Cardano, morto sul lavoro due notti orsono. Fu uno dei finanziatori del Progetto 92. Nei primi anni sessanta – io avevo tra i 7 ed i 9 anni, lui era studente universitario - all’inizio dell’estate, organizzava le “Olimpiadi di Via Tiburtina” che, con un nome pomposo non erano altro che gare di corsa, di marcia e di “mazz e cuzz” tra i ragazzi del quartiere. La sua intuizione - in tempi non sospetti - fu quella di invitare a competere anche alcuni ragazzi di Rancitelli - il quartiere confinante con il nostro - e con i quali si combattevano costantemente guerre a colpi di pietre per la conquista dei campi di gioco rubati ai cantieri della periferia che esplodeva urbanisticamente. Lui, unico esponente del comitato organizzatore, era anche giudice di gara. A me , che ero sempre il più piccolo della compagnia ed ero anche un po’ brocco, riservava un occhio di riguardo e quando arrivavo ultimo mi consolava dicendo “l’importante è partecipare”. Allora mi sembrava un contentino, non capivo bene dove volesse arrivare. Adesso mi è più chiaro.
Valerio

martedì 23 giugno 2009

L'Adriatico torna all'Atletica

(foto da http://www.worldharmonyrun.org/italia/news/2009/0522 )


Evviva, evviva! I Giochi del Mediterraneo sono la manna che piove dal cielo, per i giovani dell’Atletica (ed anche i meno giovani) e per tutti quelli che credono che il sano movimento, anche attraverso il giusto agonismo – etico aggiungerei io –, possa essere la base di partenza per migliorare concretamente la nostra società. No, non sono impazzito. Voglio prendere sul serio, alla lettera, le parole espresse da Mario Di Marco, Direttore dei Giochi, nella conferenza stampa per la presentazione dei Giochi del Mediterraneo. «L’Abruzzo come Svizzera degli impianti sportivi» (da Primadanoi.it, http://www.primadanoi.it/modules/bdnews/article.php?storyid=21345&page=1 ), dice Di Marco. E quindi chi più felice di me? Chi più felici dei miei ragazzi, dei loro genitori, e di tutte le migliaia di persone che coinvolgeremo nel Progetto Ludus, Ethica et Ratio?
Sì, “l’Abruzzo come Svizzera degli impianti sportivi” ci piace un bel po’. Non vediamo l’ora di riempire l’azzurro catino pescarese con il contagioso entusiasmo dei nostri ragazzi. Proprio come avviene in Svizzera, da sempre.

A proposito: a giorni terremo una sorta di raduno di sportivi (atleti e ‘simpatizzanti’) desiderosi di tornare a calcare piste e pedane dell’Adriatico (e non solo). Siamo o non siamo abruzzesi? Per il luogo, la data e l’ora… Stay connected!


venerdì 19 giugno 2009

Lo sport fuori



– Papà, che fanno quelli?
– Marciano.
– Per strada? Ma non è pericoloso?
– Sì, ma stanno attenti, non credere.
– Ma poi ci tornano lì dentro?
– Nello stadio dici? Chissà, forse. Dipende…


venerdì 12 giugno 2009

Lo sguardo umano sui Giochi, ovvero www.tregua.org


Mi scrive l’amico Valerio Di Vincenzo, lasciandomi un documento da condividere con tutti i lettori del blog. Valerio è persona che stimo innanzi tutto per la sua intelligenza morale, che è lungimirante fantasia giocata quotidianamente sulla terra nera della logica, della ricerca scientifica, dell’etica. Valerio fu ideatore del Progetto ’92, quella geniale scommessa scientifica e culturale attraverso cui fu possibile realizzare il bronzo olimpico di mio fratello Giovanni, diciassette anni fa a Barcellona. Ma non solo. Con lui sperimentai, a ventisette anni e per la prima volta, l’energia invincibile di una comunità che lotta pacificamente per affermare i valori positivi della propria terra; con Valerio e con il team di amici del Progetto ’92 si riuscì a far parlare abruzzese le Ramblas e la via che porta al Montjuic, davanti agli occhi del mondo e per gli ottanta minuti più lunghi della mia vita.
A Valerio dedicai un post a gennaio di quest’anno (cliccare qui). Un post ‘criptico’ e pieno d’affetto. Oggi è lui a scrivere ed è un piacere leggerlo.
Buona lettura.


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Ho conservato il testo con il quale, il 24 gennaio scorso, Mario aveva commentato il nostro incontro e la descrizione del progetto nel quale ero già fortemente impegnato.
Mario lo ha introdotto a tutti voi - con la sua prosa intrigante - come un “mondo misteriosissimo e pieno di vita sotto il pelo dell’acqua” (In questo modo mi piace inquadrare sia l’ondeggiare aggraziato dei coralli lungo la barriera tropicale che gli occhi impenetrabili del coccodrillo pronto a sferrare un attacco mortale alla preda).
Mario, che mi conosce, sa che sono abituato a mantenere i fili dei discorsi e, da qualche tempo, vuoi sui giornali, vuoi su questo stesso blog ho percepito il disagio che il mondo dello sport “giocato” esprime nei confronti dello sport “governato” da parte del business, dei media e/o delle istituzioni. La cosa che risulta difficile digerire – credo a tutti noi - è come sia possibile che i protagonisti che praticano lo sport – gli atleti - ne subiscano, più che determinarne, gli usi e gli effetti sociali.
Faccio una parentesi storica, per me istruttiva.
La natura religiosa dei Giochi, ospitati ad Olimpia a cominciare dall’ottavo secolo prima di Cristo, l’influenza che essi impressero nella vita degli abitanti della Grecia antica - e, successivamente, in tutto il mondo occidentale civilizzato attraverso l’ Impero Romano - è testimoniata dalla dovizia di reperti che ci sono pervenuti, anche in conseguenza del fatto che i Giochi furono ripetuti nell’arco di oltre un millennio. Durante tutto questo periodo la scansione del tempo è stata dettata dalla ripetizione quadriennale delle celebrazioni Olimpiche.
Questi dati dimostrano anche che - sebbene i Giochi fossero nati per onorare la gloria di Zeus con eventi agonistici nel campo dell’atletica - col trascorrere del tempo e, soprattutto, in sedi diverse dalla stessa Olimpia, alle competizioni sul piano delle prestazioni fisiche si aggiunsero veri e propri tornei di discipline non prettamente “sportive”. I tornei miravano ad eleggere i migliori esponenti in varie forme d’espressione psicofisica , principalmente nell’ ambito delle discipline dell’interpretazione musicale, del canto, della danza, della recitazione, della poesia e della prosa.
Un aspetto di grande rilevanza è rappresentato, comunque, dal fatto che i Giochi olimpici dell’antichità erano la più grande celebrazione religiosa panellenica e rivestono un ruolo fondamentale nel consolidamento della grande Civiltà Mediterranea.
L’insieme di aspetti culturali, artistici, patriarcali, economici, sociali, religiosi e filosofici che i Giochi Olimpici catalizzavano intorno alla loro preparazione, presentazione, esecuzione, direzione sono stati lo strumento che ha fornito al variegato popolo greco un’identità, la possibilità di unirsi in una sola civiltà culturalmente egemone.
Con il passare delle generazioni, negli elenchi dei vincitori delle principali manifestazioni sportive - che, numerose, si tenevano in diverse località greche quali Pytios, l’Istmo di Corinto e Nemea tra le principali - comparvero sempre più frequentemente i nomi di professionisti attentamente reclutati ed addestrati, venuti dalle province della Magna Grecia e, in particolare, dalla Sicilia e dall’Italia meridionale.
I vincitori ricevevano in premio un serto composto con ramoscelli di olivo intrecciati.
In aggiunta, la fama e la gloria che essi conquistavano e del cui riflesso godeva la Città-Stato e le Province di origine, oltre a consentire loro di ottenere lauti compensi per la partecipazione come “star” ad eventi sportivi meno titolati, li rese persone di grande notorietà e dignità pubblica.
In effetti la natura religiosa dei Giochi Olimpici consentiva di sublimare la devozione - espressa agli Dei cui erano dedicati i Giochi - in un sacrificio umano per nulla cruento ( tranne che nei combattimenti di pancrazio, criticati per questo già in quei tempi).
L’ agonismo, le strategie di allenamento ed addestramento dei partecipanti, la sensualità, il fanatismo sportivo, la brama ed il sapore della vittoria immedesimati in un giovane corpo atletico - privo di indumenti durante le gare a cui potevano partecipare ed assistere solo gli uomini - inebriavano lo spirito e trovavano lo sbocco per elevare le pulsioni e le azioni della vita quotidiana alla concretezza semidivina di un idolo antropomorfico, destinato alla gloria terrena. Questa forma ideale , a sua volta, costituì lo stimolo per elevare al Cielo le più immaginifiche opere dell’arte e dell’intelletto di quei tempi.
Dopo l’edizione del 393 d.C. le Olimpiadi, o meglio ciò che erano diventate e che da esse aveva tratto origine, furono messe al bando. Le motivazioni che indussero l’imperatore bizantino Flavio Teodosio I° ad abolire i Giochi si confondono con l’evoluzione complessiva della storia, della religione, dell’economia e dei costumi della decadente gloria di Roma. Certo è che lo spirito olimpico originario era stato già annientato nel 390 DC quando il pur valente imperatore e condottiero romano aveva chiuso in una trappola - in un ippodromo - alcune migliaia di ribelli greci attirati proprio dalla promessa dell’ effettuazione delle gare sportive. Teodosio I° fu influenzato dalla carismatica figura di Ambrogio, Vescovo di Milano, il quale lo scomunicò per punirlo di aver ordinato l’inganno e la strage dei ribelli e successivamente gli chiese (ed ottenne) che i Giochi Olimpici fossero aboliti.
La storia delle Olimpiadi classiche è quindi un esempio illuminante del valore sociale (e dell’uso politico) dello sport e uno degli effetti dell’assoggettamento e dell’assorbimento della cultura Greca da parte dei Romani fu che i Giochi Olimpici divennero parte della politica culturale dei romani.
Pertanto potrei affermare che, se lo sport sta incontrando una crisi di valori e di identità, è questione ciclica e, in parte, priva di novità.
Il nuovo lo fanno, ogni giorno, le generazioni che si succedono e che possono attingere, dalla storia, dall’educazione e dalla consapevolezza, gli insegnamenti utili a non ripetere gli errori già compiuti e da idee ed altruismo reciproco le linee guida da seguire per far sì che le cose desiderate accadano.
Queste generazioni vanno alimentate con motivazioni, risorse umane ed economiche, formazione, progetti sociali…e, invece: l’Abruzzo è una regione nella quale solo il 40% circa della popolazione attiva pratica uno sport, nella quale l’abissale debito determinato da una scellerata “gestione manageriale” delle risorse giustifica l’abbandono delle politiche di prevenzione di malattie, infortuni e di educazione a stili di vita più sani, nella quale la visione strategica della salute pubblica è così miope che l’attività fisica strutturata è considerata un accessorio facoltativo – quasi un retaggio di cui liberarsi - della vita sociale e della scolarità.
Ebbene, in questo deserto di consapevolezza, in Abruzzo siamo in procinto di ospitare i Giochi del Mediterraneo: un evento irripetibile e che, se ben interpretato dalla popolazione attiva, può rivelarsi di importanza strategica per l’intero modello di sviluppo della nostra regione.
I Giochi, a mio avviso non devono essere trascinati nelle polemiche dagli sportivi praticanti, pena un’ulteriore perdita di potere decisionale di questi ultimi a favore di una gestione verticistica incapace di rappresentarne le istanze della società civile.
Il potere decisionale, invece, va affermato e conquistato con una massiccia operazione di partecipazione, testimonianza, contaminazione positiva, direi addirittura di “presidio del territorio” da parte di coloro che vivono e condividono lo sport come stile di vita.
Questa attitudine , che caratterizza coloro che pongono l’attività motoria – competitiva o meno - all’interno di una visione sistemica di mente e corpo, che le riconoscono il carattere dell’essenzialità, della priorità all’interno delle dinamiche sociali , nonchè di un approccio moderno alla salute, all’interno della vita individuale, deve trovare uno spazio di affermazione e rappresentazione consolidato.
Ciò deve avvenire ogni giorno di ogni anno e non solo in relazione ad occasioni puntuali come i Giochi del Mediterraneo, ma dai Giochi si può assorbire forza, ispirazione, multinazionalità , rapporti da spendere e valorizzare nel tempo.
Ciò, assolutamente, dovrebbe condurre a non perdere un istante di “presenza attiva” nei Giochi del Mediterraneo, facendo valere una propria voce ed espressione autonoma (ove gli spazi istituzionali siano inesorabilmente chiusi), capace di evidenziare i punti di vista alternativi a quelli imposti dall’establishment, senza cadere nella trappola di farsi identificare con l’epiteto di “dissidenza” omologabile e, come tale, dotata di un’immagine pubblica debole e facilmente vulnerabile.
I Giochi del Mediterraneo di Pescara 2009 evocano intensamente lo scenario etnico, se non quello culturale e geopolitico, delle Olimpiadi classiche. Nessuno scenario, come questo , avrebbe potuto contenere – e, forse, ospiterà in futuro - una riedizione anche della “ekecheiria” (la traduzione italiana del termine greco “EKECHEIRIA” o “EKECHEREIA” è “ alzare le mani”. Questa immagine ha assunto simbolicamente il significato di “TREGUA OLIMPICA”.)
Durante l’ ekecheiria, per circa un mese nel periodo estivo, nessuna guerra poteva essere intrapresa e i conflitti già in corso dovevano essere sospesi.
Non si è mai trattato di veri e propri periodi di pace duratura, ma il concetto di Tregua Olimpica evoca simbolicamente un’aspirazione che gli ideali Olimpici sono in grado di affermare universalmente, oggi più che mai.
Fin dal 1992, - forse illuminato anche dalla chiassosa carovana di tifosi che “tirava” la marcia di Giovanni verso la medaglia - il presidente del Comitato Internazionale Olimpico (CIO) Juan Antonio Samaranch, da Barcellona, propose all'ONU - con l'appoggio di 184 comitati olimpici - di istituire una versione moderna della tregua olimpica. Da allora la dichiarazione viene riproposta al voto delle Nazioni che aderiscono all’ONU, ogni due anni, sotto il titolo di:
Building a peaceful and better world through sport and the Olympic ideal
.

L’intuizione che ho avuto circa due anni fa riguardo al fatto che i Giochi di Pescara potevano assurgere alla storia moderna come i primi a riaffermare al mondo i valori della Tregua olimpica e che tu hai annunciato nel tuo “post criptico” di cui sopra è naufragata, trovando al contempo la via per sopravvivere in una forma embrionale che, se ne riduce all’attualità la diffusione globale, non ne sminuisce il valore locale.
Il naufragio di cui parlo, come tutte le catastrofi, ha una molteplicità di cause tra cui le “beghe” della politica; i ritardi accumulati nella realizzazione degli impianti; il “timore di sbagliare” da parte del management della manifestazione; la mancanza del substrato di un “business” definito (chissà come avrebbe reagito il Presidente Obama se gli fosse stata fatta la stessa proposta mentre progettava la nuova “road map” per la pace in Medio Oriente); le più recenti, strumentali e disinformate polemiche suscitate da partincausa riguardo a “inclusione o esclusione” di Israele e Palestina (sancita fin dal 1951 da un ‘ interpretazione, diciamo riduttiva, dello spirito olimpico), solo per citarne alcune.
Nonostante il naufragio di un coinvolgimento partecipato del Comitato Internazionale dei Giochi del Mediterraneo, posso finalmente annunciare che il progetto ekecheiria.org è riuscito a raggiungere un approdo concreto con la pubblicazione delle iniziative che, affermando i temi della Tregua, sono presentate nel sito
www.tregua.org.
Queste iniziative vogliono focalizzare l’attenzione sulle capacità degli abruzzesi di ospitare grandi eventi mediatici di livello internazionale in una terra ferita e ciò, ad opera principalmente della volontà di una popolazione che, seppure ancora attonita di fronte alla gravità dei danni umani, strutturali ed economici subiti, non accetta di addomesticare i valori con i quali si fa apprezzare per dignità, coraggio e capacità, in tutto il mondo.
Con le iniziative accessibili tramite il Sito web non intendiamo fare numero con celebrazioni simboliche ma costruire, dal basso, testimonianze indipendenti attraverso lo sfruttamento delle nuove tecnologie. Ciò, con lo spirito di chi è convinto che anche dai danni del terremoto si potrebbe emergere a testa alta, in tutti i campi, se ognuno aderisse con rigore e responsabilità al proprio ruolo sociale. Ciò senza filtri o giustificazioni di appartenenza ideologica, di casta, di campanile, ecc.
Il dubbio atroce che viene è che, in certi “ambienti protetti”, queste cose non si facevano prima, figuriamoci dopo il terremoto. L’antidoto che proponiamo è quello di contribuire a definire gli strumenti per sottoporre i decisori ad un “feedback” democratico che, per garanzia di imparzialità e di trasparenza, viene mostrato ad una platea internazionale particolarmente attenta alle vicende del nostro territorio: gli Abruzzesi nel mondo. Lo sport e lo sfondo del terremoto uniti, come metafora della fratellanza, della solidarietà, della convivenza pacifica dei popoli, del rispetto reciproco, dei vincoli e delle opportunità ai quali tutti siamo democraticamente sottoposti e pubblicamente responsabili.
Lo sport agli sportivi, la politica ai politici, la medicina ai medici, l’economia alle imprese, il turismo alle strutture recettive, il traffico ai commercianti, l’agricoltura ai contadini: quando la smetteremo di dividerci gli orticelli , facendo prosperare i conflitti e gli approfittatori; quando si capirà che si deve conquistare dignità di rematori nella stessa barca, usando i mezzi di informazione e di comunicazione – anche quelli non dominati dalla politica - per affermare la propria identità ed ottenere il riconoscimento delle priorità, prima che di queste si appropri una politica vorace, ma sempre più delegittimata dall’astensionismo dei votanti?
Questo blog è un esempio luminoso di un’ attitudine propositiva e, per la stima che nutro riguardo ai punti di vista del suo moderatore e dei partecipanti, mi permetto questo intervento.
È così che “il mondo misteriosissimo e pieno di vita sotto il pelo dell’acqua” ha assunto una concreta dimensione partecipativa che è la continuazione ideale del cammino avviato con il progetto di Barcellona ’92.
Vi invito tutti, cordialmente, ad approfondire quelli che, nel sito citato, abbiamo chiamato i temi della Tregua, sperando di continuare a discuterne ed a reclutare adesioni in questa ed altre sedi.

Valerio


domenica 7 giugno 2009

Steve Ovett said:

(image from www.daylimail.co.uk )



"....any idiot can become an Olympic champion provided that they have a lot of luck, work hard and cross the finish line first in the final."



sabato 6 giugno 2009

Come er blogghetto de mi' fijo

Superati i 30.000 contatti unici. Niente male per un atipico blog di nicchia. Giorni fa parlavo con un mio amico, romano de Roma, che mi diceva: « Però te stai a da’ da fa’. C’hai quasi più contatti der blogghetto de mi’ fijo ». Un bel complimento il suo, se consideriamo l’abilità telematica di certi pupi smanettoni. La mia popolarità sul web ha quasi gli stessi numeri di quella di un adolescente discretamente telematizzato; qualche numero in meno del locale sito federale.
Grazie di cuore a tutti gli internauti transitati, o in transito, da queste parti.

venerdì 5 giugno 2009

Cantieri mediterranei

A Pescara ci saranno i Giochi del Mediterraneo. Un tempo per certi Giochi si interrompevano le guerre. Da noi invece si interrompe l’Atletica, quella vera, quella dei ragazzi di Pescara, Chieti e Francavilla. Atleti reali, ‘sfollati’ dello sport da sempre, dentro impianti sportivi fatiscenti. ‘Baraccati motorî’ i nostri atleti, oggi sbattuti fuori pure dalle loro baracche (piste e pedane di cemento spaccato e colorato di rosa, un rosa pallido, esangue) perché dal 26 giugno al 3 luglio dovrà andare in scena l’Evento. Chi vuole allenarsi, per cortesia, lo faccia per strada. Dentro ai cantieri mediterranei c’è gente che sta lavorando per noi.