lunedì 29 luglio 2013

Il doping dei poveri (di spirito e non)


Gara podistica su strada, dalle mie parti, sabato sera. Controllo antidoping a sorpresa della Commissione per la Vigilanza ed il controllo sul Doping (CVD), del Ministero della Salute. Nervosismo tangibile di alcuni atleti di vertice. Si attendono nuove...

lunedì 8 luglio 2013

Il campione, la solitudine, l'ascolto, la parola


In questi meteorologicamente bizzarri giorni di inizio luglio rimbalzano, sinistre e vieppiù inquietanti, le numerose notizie di un doping sempre più sistema transnazionale. Certi 'poteri forti' però -  questa sembra essere la novità - cominciano a 'balbettare' per effetto dell'incalzare di un giornalismo rivoluzionario ed estremamente efficace e, almeno qui in Italia, di una magistratura determinatissima e competente.
Ma non è di questo o quell'altro caso di 'imbroglio farmacologico' che vi voglio parlare, bensì di un aspetto, per me non meno interessante del fenomeno doping tout court; qualcosa che, probabilmente, 'vive' accanto al doping e finisce per alimentarlo. Per avere un'idea di ciò che sto per introdurre vorrei riandare ad un'intervista al giornalista-scrittore Marco Bonarrigo (trasmessa nell'ottobre del 2012 su SKY News 24; il video in calce a questo post). Nel parlare di Armstrong e dei suoi rapporti con il medico che lo aveva 'in cura', e poi del caso Schwazer, ci dice: 

"[...] Due atleti seguiti da metodologi, allenatori, preparatori, dietisti e dietologi e, nel caso di Schwazer anche da una psicologa, per anni, sentono la necessità comunque di andare, clandestinamente, perché comunque non si poteva fare, dal medico Michele Ferrari. Questo deve farci riflettere proprio sul sistema delle persone che supportano gli atleti in Italia. [...] Atleti che rischiano la squalifica (perché chi va con Ferrari rischia l'inibizione; è successo già per un paio di atleti), comunque, anche per motivi che non siano strettamente legati al doping - perché io so di atleti che non ci vanno per 'farsi' - vanno, rischiano, per andare da lui. Questo per me significa una cosa di base (ho parlato con tantissimi atleti che lo hanno frequentato): molti atleti in Italia, specie nelle discipline tra virgolette 'povere, come il ciclismo, come l'atletica,  come il triathlon, sono soli. Sono soli, cioè hanno decine di consulenti ma non hanno uomini in grado di parlare con loro e di risolvere i loro problemi".

I record stratosferici, le medaglie a palate si ottengono quasi sempre con il 'turbo' di micidiali alchimie farmacologiche; e questo è un fatto. Ma il campione (ed anche l'amatore) spessissimo si lega al suo 'mentore-stregone' per un bisogno vitale di ascolto, di comprensione. Prima del farmaco c'è ancora l'uomo. Il doping è innanzi tutto un problema culturale.