C’è stato un tempo in cui Giovanni de Benedictis, mio fratello, correva. A quel tempo il marciatore in famiglia ero io. Giovanni andava davvero forte nella corsa: 6’33”4 sui 2000m in pista a 10 anni; roba da keniani. Io a 13 anni avevo un normalissimo 21’34” sui 4 km di marcia e 6’39” nei 2000 di corsa. Certe sere penso a cosa avrebbe potuto combinare Giovannino nella maratona, col suo talento immenso; la sua innata capacità di mulinare frequenze allucinanti per tanti metri, alchimia genetica che, a soli 10 anni, gli permetteva di correre i 400m in 1’04”.
È andata comunque bene così. Per lui, ma anche per me.
Un blog è un diario. Il mio parla di running, ma anche di marcia atletica ché me lo impone la storia, la mia. Nel mio blog difficilmente troverete articoli scientifici, studi di fisiologia del movimento, alimentazione o quant’altro attenga alla ricerca dello sport, in funzione endurance. Chi volesse parlare con me di teoria dell’allenamento sportivo, di pianificazione e programmazione dell’allenamento di mezzofondisti, maratoneti e marciatori, sa come contattarmi; il mio indirizzo mail lo si trova cliccando sulle “informazioni personali”.
Nel mio blog racconto storie. E qualche mezza verità.
[…] sin dall’infanzia sono stato incantato dal fatto e dal simbolo della mano destra e della mano sinistra: la prima rappresenta colui che fa, la seconda colui che sogna. La destra è l’ordine, la legalità, le droit... Le sue bellezze sono quelle della geometria e delle rigide connessioni. Cercare la conoscenza con la mano destra è scienza. Eppure dire soltanto ciò della scienza significa trascurare alcune delle sue fonti, poiché le grandi ipotesi della scienza sono doni che giungono dalla mano sinistra. (J.S. Bruner, On Knowing. Essays for the left hand)
Mercatini rionali
Prosciutti, buoni benzina ai primi classificati e il nostro movimento è salvo. Almeno così parrebbe. Dalle mie parti però a correre davanti sono sempre i soliti, ex-giovanotti di belle speranze ed un semidio di quarantacinque anni, Camillo Campitelli (il mito Campitelli; appartiene alla dimensione del sacro; come ogni buon mito dovrebbe ordinare la realtà del nostro povero mondo; Camillo no, anzi, lui la sovverte. Da dove vieni Cami’?). A vederli gareggiare sembrano dare l’anima. E in effetti la danno, la sputano sfiatata ad ogni traguardo. Si amano e si odiano sul filo dei diciotto, diciannove chilometri orari, i forzati del running di casa nostra, eroi del borgo e per una mezza giornata, una settimana al massimo, ché la domenica successiva si corre di nuovo. Sembrano avere tendini d’acciaio, legamenti e articolazioni della stessa natura. I loro meccanismi di recupero paiono regolati da biochimiche extraterrestri. Parrebbe. Ogni tanto però qualcuno lì davanti si ammacca. Iniziano i pellegrinaggi infiniti presso santi e santoni della fisioterapia. Plantari d’ogni colore e consistenza promettono equilibri taumaturgici, dalla prima calzata. E se non funzionano (come può un plantare “curare” un’infiammazione?) allora giù con laser e tecar, ipertermia, diatermia e onde d’urto e chi più soldi ha (da buttare) più ne spenda; perché spesso non c’è criterio scientifico dietro la scelta di questo o quell’intevento terapeutico. Pochi seguono la logica trafila: medico di base, ortopedico (meglio se con una solida esperienza medico-sportiva), fisioterapista. Prevalgono le “mode”; il successo improbabile e rassicurante dell’amico che ce l’ha fatta curandosi con dieci sedute di...
Un suggerimento per gli organizzatori di manifestazioni podistiche: iniziate a pagare in buoni laser, tecar, ecografie, risonanze, eccetera, eccetera; farete il tutto esaurito. Una moltitudine di vecchi (ma anche tanti giovani, ahimé!) runners arrugginiti e traumatizzati non aspetta altro. Fa eccezione Camillo Campitelli, naturalmente.
Quante volte l’hanno maledetta. Certi “puristi” dell’atletica leggera, come i pedagoghi dell’ “attenti a bruciare i ragazzini”, hanno sempre demonizzato l’attività giovanile del “running stradale”, condendo le loro traballanti teorie con affermazioni del tipo: “prima bisogna velocizzarli…”, “la strada rallenta…”, “troppi chilometri fanno scoppiare…”, eccetera eccetera. In un’epoca in cui ci viene attribuito il triste primato di nazione tra le più obese del pianeta e dove pare che la Calabria – udite udite! – sia la regione italiana col più alto tasso di obesità infantile, voto per la quasi santificazione delle corse su strada! Boutade a parte, credo ci sia tanto da lavorare, per recuperare un gap che non è più solo il segno di un regresso tecnico-sportivo, ma il sintomo micidiale dello scadimento della qualità della vita e dei suoi valori essenziali. La foto di Lorenzo che corre è un invito a darci gioiosamente, ma concretamente, da fare.
Si può tornare a nascere, altrove; Giulianova, Morro d’Oro, Chieti. Di rinascita atletica si tratta, il tornare ad occuparmi di training, da ricercatore-podista (passatemi il termine), impastarmi col sudore e l’attività intelligente di un bel gruppo di appassionati. Per questo non finirò mai di ringraziare il mitico Gianni Petrella, presidente del Runners Adriatico di Giulianova; Gabriele Di Giuseppe, impareggiabile direttore tecnico della Bruni Pubblicità Atletica Vomano. Di loro, delle cose meravigliose che fanno quotidianamente, molto ho detto e ancora tanto dirò.
Oggi però voglio esprimere un sentimento analogo, per intensità e bellezza; un pensiero che va innanzi tutto ad uno straordinario manipolo di eroi: il settore mezzofondo giovanile del Cus Chieti Atletica, che mi onoro di guidare come allenatore. Ragazzini controcorrente, silenziosi e puntuali faticatori in uno stadio altrimenti semideserto in estate. Keniani d’Abruzzo, dalle idee chiare; dal cuore limpido.
Grazie ragazzi, per ciò che mi insegnate ogni giorno.
Qualche settimana fa sono tornato a correre nella pinetina vicino casa mia. Una "latitanza" di circa un anno e mezzo. Mentre giravo sull'antico circuito non ho potuto fare a meno di notare un gruppo di ragazzi, sui sedici anni, ubriachi e non so cos'altro, divertirsi a massacrare un pino a colpi di bottiglie di birra. A dire il vero la più attiva nell'"impresa" era una ragazza che, cellulare incollato sull'orecchio, spargeva cocci scuri taglienti e bestemmie dappertutto. Le faceva il controcanto un'altra quindicenne strafatta, a piedi scalzi e coi jeans calati fin sotto le chiappe; il perizoma sembrava chiedesse scusa.
"Come va, signo'?", eravamo soliti chiedere diversi anni fa alla mitica bidella Rosetta. E lei, filosofa di scuola stoica, ci rispondeva: "Sempre un po' peggio", con atarassica, serena rassegnazione.
A questo punto credo valga la pena postarvi un mio scritto di due anni fa. Avevo da poco compiuto quarant'anni. Buona lettura.
Lo zainetto kaki
Prima un rutto. Poi un peto. Ancora un rutto e giù risa, sguaiate, di sedicenni fumati, che puzzano di birra e di scarpe da tennis. E anche di peti. Il crocchio fa versi strani, si litiga per un pezzo di fumo. Qualcuno sta seduto su una panchina, qualcun altro tira pigne e si nasconde dietro un pino. Altri arrivano alla spicciolata su motorini spompati, che fanno più fumo del tossico che non vuole mollare il pezzetto di marocco della contesa. Si divertono a fare zig zag tra gli alberi. Qualcuno sgrattugia un paio di cortecce fingendo disinvoltura. “Tutto calcolato” fa, in una strana lingua tonale. Ma sanguina da un braccio e non gli crede un cazzo di nessuno. Un beone rumeno, trent’anni portati molto male, birra e urina fin dentro le scarpe, gira in tondo con una bottiglia in mano e ride. Sembra uno di loro, sta in mezzo a loro. Ma non è uno di loro. C’è ma non c’è. Lo urtano, lui fa un’altra piroetta e poi continua il discorso interrotto con l’amichetto rumeno che non l’abbandona dall’ultima sbronza di peroni bollente. L’amico fedele che non vuol scendere giù dalla sua spalla e che gli somiglia tanto. Da sobrio però.
E’ il settimo giro di corsa che faccio, dentro ‘sta fottutissima pineta. C’ho passato i migliori anni della mia vita a preparare mezze maratone in giro per l’Italia. Un anello di settecentosessanta metri, non uno di meno, misurati al millimetro con la rotella metrica dell’ufficio tecnico comunale. Adesso però faccio altro nella vita, per fortuna, ma la panza e quarant’anni da poco compiuti mi dicono che girare in tondo per un’ora, almeno quattro volte a settimana non è proprio da coglioni. Cerco con la coda dell’occhio la sagoma della mia ombra. Lo facevo pure vent’anni fa. Mi esaltava vedermi correre a fianco un altro io, più etereo di me – un metro e ottantaquattro per sessantasei chili, giusto un’ombra – la sintesi perfetta, il distillato di tutte le minchiate che mi passavano allora per la testa. Eppure quel mandare il cervello in alfa, staccare col mondo e partecipare del mio, solo del mio… Cazzo! Dai che sono qui anche per questo. Dopo il nono giro non riesco a scorgere la mia ombra. Forse è la stanchezza. Da qualche tornata c’ho il sudore che mi brucia gli occhi. Farei fatica a riconoscere pure mia madre. E lei me. Si sarà fermata a pisciare. La mia ombra dico. Ma io non l’aspetto. Lei non ha problemi di peso. Io sì. Lo zainetto con la maglietta di ricambio però non lo mollo con lo sguardo. L’ho appeso ad un rametto spezzato di un pino che mi saluta ad ogni giro. Per carità è uno stupido zainetto kaki, supersponsorizzato. Dentro c’è soltanto una maglietta di cotone ultralisa, di quelle da cinque euro per tre pezzi. Mi serve per il ritorno. Finisco l’allenamento in pineta, mi cambio e torno di passo a casa, un chilometro e mezzo più in là, tanto per defaticarmi e per fare ancora qualche metro. Il decimo giro è salutato da un “vaffangul’ a mammete, cala ‘sso carico a bastoni!”. Il crocchio sedicenne ora fuma, rutta e gioca a briscola su una panchina lurida a pochi metri dal mio sentiero. Una pigna mi rotola tra i piedi e la schivo buttando via almeno due preziosissime stille di glicogeno. Un imbecille coi jeans dal cavallo più basso della mia glicemia ride, si giustifica e scorreggia. La pigna successiva lo prende in pieno, sullo sterno. L’imbeccille rotola, piangendo e ridendo, vicino alla prima pigna, ma io sono già lontano. Lo scavalcherò al giro successivo, dribblando pure due amici suoi che lo accarezzano coi piedi, le mani in tasca, ruttando e bestemmiando. Il rumeno gira ancora su sé stesso, ma ha cambiato verso. Mi mancano due giri, cazzolino! Cerco un’agilità che non c’è. Non c’era undici passaggi fa figuriamoci ora. Ritrovo però la mia ombra. E’ impettita come ai bei tempi. Sembro io. E allora accelero. Beh, accelero. Diciamo che tiro un po’ su le frequenze, faccio andare le gambette. E inizio a incespicare, le caviglie cedono sulle conosciutissime pieghe del terreno, sulle radici dei pini, sulle pigne cadute. Sulla bottiglia di merda del rumeno, maledizione a lui. Ultimo giro. Ma dov’è lo zainetto? Mi è sembrato di non averlo visto appeso al pino. Sarà come per l’ombra. Sarà andato a pisciare. Ripasso per l’ultima volta vicino al crocchio che rutta. E’ dimezzato. La cosa mi fa pensare, ma non posso permettermelo, l’ossigeno mi serve per l’ultimo giro. Faccio appena in tempo a tagliare il traguardo che mi prende la fregola di controllare il pino appendizaino. E il mio zainetto. Non c’è. Me l’hanno fregato. Fanculo a loro, tanto c’era solo una maglietta ultralisa. La maglietta per il ritorno a casa. Allora prendo e parto verso il crocchio dimezzato. “Scusate ragazzi, mica avete visto del movimento attorno a quel pino? E’ che c’era appeso il mio zainetto col ricambio. C’era solo quello dentro”, dico cercando solidarietà, come un preservativo da Ruini. “No, visto niente” risponde un cazzonetto con la visiera del berretto calata fino al mento. “Era color kaki, lo zainetto” dico cercando la chiusura di quel dialogo improbabile. Il crocchio sono quattro ragazzi attorno ad un tavolaccio lurido. Tre ragazzi e una ragazza, o almeno tale mi sembra. Alla parola “kaki” la tipa mette la testa tra braccio e avambraccio e sbruffa una risata. Gli amici cercano allora alla meno peggio di coprirla facendo cerchio, trattenendo a stento le risa anche loro. Faccio per andarmene, ma ci ripenso e torno indietro. “Kaki vuol dire color sabbia, non è un’esortazione!” le faccio con malcelata incazzatura. Stavolta me ne vado davvero. A casa, e di corsa perché il sudore mi sta gelando addosso.
Quando guardiamo ai corridori degli altipiani, ai keniani onnipresenti in ogni maratona internazionale, spesso vincenti, non possiamo non pensare al business che gira intorno al loro “naturale” talento. Non possiamo non andare, col pensiero, alle multinazionali del running; ai loro fatturati fantastiliardari. Nonostante ciò, mi piace pensare ancora che dietro i successi di quelle anime affilate e nobili ci sia il lavoro intelligente e appassionato di un gruppo di esseri umani.
La mia solita divagazione video (e audio): la 9^ Maratonina dei Fiori 2007
La 9^ Maratonina dei Fiori di S.Benedetto del Tronto, 1 aprile 2007, è stata un'occasione davvero speciale per vivere una giornata di sport all'insegna dei colori di una ritrovata primavera e della partecipazione gioiosa di circa mille podisti, di ogni età.
A S.Benedetto del Tronto ho ritrovato Denis Curzi, maratoneta marchigiano in forza al C.S. Carabinieri di Bologna, elegante fondista filiforme che si stava ancora chiedendo chi avesse girato il filmato sulla Maratona della Città di Roma 2007, una sorta di videoclip che lo ritraeva, simpaticamente, in alcuni momenti della competizione e nel pregara. Matteo Palumbo risolveva l'arcano, presentandomi al buon Denis e fornendomi così l'occasione per spiegargli che ero io l'autore di quel video strampalato ma d'effetto.
La gara (la Maratonina dei Fiori) poi è partita. Per la cronaca l'ha vinta Matteo Palumbo, C.S. Carabinieri Bologna, con 1h05'22", lanciato dal compagno di squadra Curzi, lì per una sorta di allenamento dopo la fatica romana del 18 marzo. Secondo classificato Marcello Capotosti, Violettaclub, con 1h05'49". Ottima la prestazione di Francesco Marchetti, giovanissimo atleta dell'ASD Bruni Pubblicità Atletica Vomano; a vent'anni e al primo anno Promesse arriva 5° con il tempo di 1h10'09"! Grande pure il portacolori del Runner Adriatico di Giulianova, Alessandro Di Cintio che con il suo 13° posto e, soprattutto, con 1h12'41" va a migliorare la sua già maiuscola prestazione di Ferrara il 18 febbraio scorso.
E per rimanere in in tema Runner Adriatico, ecco i risultati dei suoi podisti a S.Benedetto d. T.: Di Cintio Alessandro 13°, 1h12'41"; De Gregoriis Leonardo 61°, 1h20'39"; Scatasta Camillo 119°, 1h24'23"; Mastroieni Stefano 210°, 1h29'13"; Del Sordo Enio 365°, 1h35'55"; Priore Claudio 389°, 1h36'56"; Costantini Fausto 420°, 1h37'48"; Trignani Antonio 421°, 1h37'48"; De Dea Gianluigi 489°, 1h41'18"; Tavoni Romolo 579°, 1h45'41"; Iaconi Rosangela 630°, 1h48'23"; Galli Luca 714°, 1h55'35".
Non ditelo in giro: il Presidente Petrella, onnipresente, era decisamente soddisfatto.
Immagini e musica dalla Maratona Città di Roma 2007
Sono tornato a Roma. Non da insegnante, in visita guidata, circondato da torme di alunni pigolanti ed iperattivi. A Roma da allenatore o, meglio, osservatore tecnico. Col mitico presidente Petrella (immortalato nelle immagini del video mentre abbraccia un comunque splendido Curzi) si era a Roma per respirare aria di sport; elettrica, strana. Magica.
La Maratona della Città di Roma è la gara più suggestiva che si possa avere al mondo; e al dato estetico si aggiunge una logistica di assoluta eccellenza, che lascia esterrefatti. La bellezza di Roma e della sua Maratona fanno passare in sottordine il fatto agonistico (comunque notevolissimo, soprattutto quello femminile).
Più che i keniani verranno ricordati gli oltre quindicimila partenti e i dodicimila arrivati, in una città finalmente orgogliosa della propria vocazione podistica.
Roma tiene a battesimo la seconda stagione del running.
Con questo post si inizia un capitolo nuovo del blog. Parleremo anche per immagini in movimento. Franco Di Bonaventura (l'atleta del video) al suo ultimo 200m tecnico della giornata.
Abituato a ben altre velocità (è comandante in aviazione civile) sfreccia, stavolta terra-terra, con la stessa perizia usata sul lavoro.
Alex (maglia azzurra, a destra nella foto) a New York nel 2005
Alessandro è felice. Stamattina ha potuto dormire un po’ di più. Si è svegliato alle quattro e mezza. “Ancora un paio di condomini, un appartamento, una farmacia e sono libero” mi diceva eccitato per telefono prima della partenza. Alessandro ha un’impresa di pulizie e brucia, letteralmente, 5000 chilocalorie al giorno. Più della metà col proprio lavoro, il resto correndo. Lo scoprii qualche mese fa attraverso uno studio condotto da mia figlia Roberta sul bilancio energetico dei runners della mezza maratona. Non che ignorassi le sue “necessità” energetiche di atleta part time (lo alleno da quasi quindici anni, so quanto spende in allenamento), ma quel dato numerico abnorme, 5000 chilocalorie, praticamente un inceneritore umano, mi dava per la prima volta, oggettivamente, la scala della sua condizione di eroe per caso, o meglio, di anonimo supereroe condominiale.
Alessandro è felice perché stiamo partendo alla volta di Ferrara: missione mezzamaratona del Corriferrara 2007, una splendida manifestazione sportiva a cura dell’Atletica Corriferrara e, soprattutto, del suo presidente Giancarlo Corà. Gianni Petrella, il "nostro" presidente (cioè del Runners Adriatico Giulianova), amico del Corà, ha praticamente gemellato questa manifestazione col suo gioiellino primaverile, la Riviera D’Abruzzo Half-Marathon (raro esempio di come si possa − anche dalle parti nostre − organizzare una competizione podistica internazionale, degna di ospitare un campionato mondiale IAAF di Mezza Maratona).
Alessandro è felice, assieme a tutti noi, atleti ed accompagnatori. Sul pullmino che va in Emilia sogna il risultato migliore possibile. Si è allenato per questo. Col cuore in pace Alessandro dorme il sonno del giusto. In gara andrà a 3’28”/km. 1h13’25” il crono finale, primato autentico di chi le medaglie, quelle vere, le vince ogni giorno vivendo; da Uomo.
Da sinistra: Di Cintio, Delli Compagni, Traini, De Benedictis, Petrella, D'Antonio
Si avvicina la partenza...
Sono tornato ad allenare con una certa lena da circa un annetto e più.
Per prendere il treno bisogna stare in stazione, diceva mia nonna, ed ecco il mio, un rapido mandatomi dal Cielo, col nome anglo-giuliese (o anglo-abruzzese, fate come credete): Runners Adriatico.
Fuori d'ogni metafora rieccomi sul campo (di gara) nella doppia veste di Direttore Tecnico/Atleta, proprio del Runners Adriatico, grazie all'intelligenza morale del Presidente Gianni Petrella. Le sue sorprendenti capacità organizzativo-manageriali, applicate al difficile e ancora ruspante campo del running, sono già realtà (la Riviera d'Abruzzo Half-Marathon è un capolavoro in tal senso), e presto ci saranno altre novità di cui non voglio (e non per scaramanzia) anticipare nulla.
La forza di Gianni (e quindi del team) è nella capacità di coinvolgere, non solo sponsor e notabili d'ogni provenienza (per carità, sono necessari eccome), ma soprattutto uomini in grado di costruire in équipe progetti finalizzati, non illusioni. Gianni lo fa con saggezza e temperanza; e soprattutto con la leggerezza e l'ironia che tanto mancano allo sport dei giorni nostri.
Gianni Petrella non è solo, dicevamo. Con lui Luca Delli Compagni, suo insostituibile alter ego, l'immenso Segretario Enzo Celi... e qui la lista diventerebbe davvero infinita.
Chiudiamo quindi con una nota tecnica. Alla mezza maratona "Corriferrara" di domenica 18 febbraio il Runners Adriatico c'era (si vedano le foto in alto). Questi i risultati dei suoi atleti: 26° Alessandro Di Cintio - 1h13'25", 71° Mauro Viola - 1h19'18", 359° Dario Traini - 1h30'15", 668° Franco D'Ascanio - 1h40'42", 882° Domenico D'Antonio - 1h49'03", 1100° Guido Delli Compagni - 2h12'25". Tutti, o quasi, al loro personale (per ulteriori e più dettagliate informazioni si vada sul sito www.runnersadriatico.org )
Permettemi infine due parole sull'ottimo Alessandro Di Cintio (26° con 1h13'25"). Qualcuno ha detto che si torna a nascere altrove, in un altro luogo. E questo è accaduto ad Alessandro, lavoratore perpetuo e infaticabile; corridore nei ritagli di tempo. Quanto vale la sua seconda migliore prestazione di sempre sulla mezza maratona!
Poco prima di iniziare il riscaldamento sorridono beati solo tecnici e dirigenti!
Alessandro Di Cintio, 2° classificato, durante una fase della gara
Domenica 4 febbraio eravamo al Trofeo "V. Maturo" di corsa campestre, nello splendido scenario della Pineta D'Avalos di Pescara; molti spettatori "forzati" e qualche atleta, a dir la verità. C'era la Runners Adriatico - col presidente Petrella in resta - sullo storico tracciato dannunziano. E su tutti uno splendido Alessandro Di Cintio, la continuità per antonomasia.
A Pescara c'eravamo tutti, compreso mio padre Gaetano, mio primo ed unico allenatore. Tutti a carezzare un sogno dolcissimo, quello che precede una nuova partenza.
Oggi lo posso dire: Marco Agresta è un mito. Zitto zitto (neanche tanto) ha attraversato circa venticinque anni di storia del podismo abruzzese, partendo dal 1981 e arrivando a surclassare più di un giovincello nei recenti Campionati Regionali di Cross, a Pineto il 14 gennaio scorso. Lì infatti, nel nobilissimo Cross Lungo (10 km), è giunto terzo, dopo un'entusiasmante volata per il secondo posto, spalla a spalla col marsicano Massimo Antonelli, atleta assai vivace e decisamente più giovane di lui. A quasi quarantatre anni suonati continua a suonarle a molti, il buon Marco; sicuramente a tutti i suoi coetanei. Io stesso lo guardavo con molta ammirazione (ed anche un pizzico di sanissima invidia, perché no) sfrecciare tra gli alberi a velocità per me ancora "imbarazzanti". Marcus Agrestis, così mi piace ribattezzarlo, è un corridore antico. E agrestis è un aggettivo latino che possiamo pure tradurre con "campestre", pensate un po'!
Grazie Marco, per la tua costanza appassionata, esempio formidabile e perfetto per ognuno di noi.
Stamane correvo un fondo progressivo di 12 km col sempre più vivace (atleticamente parlando)
Michele D'Attanasio. Si iniziava con una prima parte "lenta" sul filo dei 4'00"/km per poi proseguire per la rimanente metà al ritmo di circa 3'40"/km. Insomma un bell'andare, anche se la fatica ci consentiva comunque di scambiare due chiacchiere.
Intorno al quarto chilometro incrociamo il mitico Adriano Lapi. Due parole su Adriano (anche se ci torneremo su in appresso; oh se ci torneremo!). Scrittore, attore teatrale di rara bravura, intellettuale vero e raffinatissimo, si è soliti vederlo attraversare Pescara assieme al fido Panzonetto, cagnolino aerobico e molto anziano, ibrido di mille ibridi.
Adriano è la voce della coscienza di Pescara. Conosce ogni singolo pescarese, saluta tutti e parla con tutti; ed ha una straordinaria caratteristica (propria di tutte le coscienze fattesi carne): se lo rivedi dopo un mese, lui è capace di riprendere a parlare proprio dal punto in cui la discussione era stata interrotta.
Al quarto chilometro incrociamo Adriano Lapi, dicevo. "Fermati un attimo, Mario. Non fare il fanatico. Devo dirti una cosa!", mi fa, agganciandomi al lazo della sua irresistibile loquacità.
A quindici chilometri orari tutto ciò che posso fare, per affetto ed educazione, è di girargli attorno, tipo palo della lap dance, di abbracciarlo e di lanciargli un tranciante "Scusami Adria', dobbiamo assolutamente rivederci con calma e parlare...".
E lui, in un nanosecondo (fantastico d'un Adriano!) mi fa: "Com'è cambiato il tuo rapporto con il libro ora che hai ritrovato quello col tuo corpo?".
Maledetto. Ma come cacchio fa? In un nanosecondo, non di più, riesce a centrare tutta la mia vita, la mia passione per la scrittura, la letteratura contemporanea... Gli allenamenti infiniti di quando ero bambino e le lacrime. Sport versus Scuola e le cazziate dei prof ai miei genitori. Le serate con gli autori al Libernauta. Le letture infinite. Teoria dell'allenamento e consecutio temporum. Analessi, prolessi e interval training. Fisiologia del movimento e intreccio narrativo. Sport e cultura. Sport è cultura?
Adriano e Panzonetto sono già lontani. Ed io ho dovuto spingere sull'acceleratore per riacciuffare Michele. Ci aspettano ancora sette chilometri. I più tosti.
Primo gennaio 2007 e tanti bei propositi. Come ogni anno del resto. Per i podisti (quelli che corrono sul serio) è tempo di far tornare a girare le gambette; i primi appuntamenti della stagione sono vicini: cross, strada e indoor per i pistards incalliti. Qualcuno parla della Maratona di Roma, qualcun altro vagheggia New York (preferisco non pensarci: New York è a novembre e un altro anno è passato!), altri si tengono "bassi" con le mezze.
Siamo davvero pronti per gettarci nella mischia? Oh sì, per buttarsi nel mucchio basta solo un po' di (in)sana incoscienza, quella sorta di "eroismo da runner", quello per cui chi non corre la maratona è un minchione. Quello di chi gareggia tutte le settimane perché sennò che cosa si allena a fare?
Gareggiare molto vuol dire accorciare drasticamente la propria vita atletica. Macinare tanti chilometri pure. Le regole del gioco sono ben note agli addetti ai lavori. Quanti sanno che il chilometraggio massimo settimanale per durare negli anni non dovrebbe superare 150 - età (R. Albanesi, Correre per vivere meglio, Tecniche nuove)? E che 1 kg di peso (muscolo, acqua, grasso, panni, eccetera) lasciano per terra circa 2,5 sec./km (R. Albanesi, Op. cit.) per cui, ai podisti in leggero sovrappeso, basterebbe perdere quei 5/6 chiletti per andare 10"-12"/km più forte? (Altro che medi e ripetute!).
Eppure molti di noi continuano imperterriti a praticare i (troppi) luoghi comuni del running fai da te. Perché corriamo da tanti anni e non abbiamo bisogno di imparare più nulla. Perché dopo una giornata di lavoro posso mica seguire un programma, un allenamento, eccetera eccetera... Salvo poi leccarsi le ferite dall'ortopedico e dal terapista di turno.
Vogliamo che sia davvero un buon anno, podisticamente parlando? Un bel bagno d'umiltà, tanto studio e un pizzico di fortuna, ché quella, non guasta mai!