Nel post precedente si parlava delle discipline di endurance dell’Atletica Leggera; di infanzia, pre-adolescenza e adolescenza. Di ‘pensieri pesanti’ (demotivazione; incapacità di finalizzare il proprio impegno sportivo) e, senza citarli in modo diretto, di involuzione tecnica e conseguente abbandono dell’attività. Drop-out nello sport significa abbandono dello sport agonistico prima di giungere all’apice della carriera agonistica (Elbe, Beckmann, Szymanski, 2002), un fenomeno che non dovrebbe riguardare affatto i giovanissimi. Il drop-out è l’abbandono e dropout, secondo i summenzionati autori, è il soggetto, agonista o semplice sportivo, che abbandona anzitempo la pratica sportiva.
Il drop-out sembra però fisiologico anche nei giovanissimi, nel mezzofondo e nella marcia, soprattutto oggi, nell’era delle merendine a tutte le ore, dei gadget tecnologici e dei motorini ‘obbligatori’ dai quattordici anni in su per percorrere poche centinaia di metri. Bamboccioni e bamboccetti motorizzati, dalla pappa pronta e dall’autonomia zero, è assai improbabile che possano affermarsi nei ‘podismi di elite’.
Per la selezione del talento (qualcosa di assolutamente diverso dal reclutare ragazzini cui proporre attività ludico-motorie ‘buone per la salute’ – passatemi l’infelice dizione) Paul Schmidt, ex-campione tedesco degli 800m negli anni ’50-’60, allenatore di molti campioni del mezzofondo (Thomas Wessinghage su tutti) ha stilato un profilo delle attitudini verso le corse di mezzofondo (Schmidt, 2005, nella trad. di M. Gulinelli). In esso, nella sezione "Sistemi funzionali", mi è caduto l’occhio su tre delle otto sottosezioni: quella del "Controllo dello stress", dell’"Autoorganizzazione" e delle "Condizioni ambientali". La prima recita così: “Lo stress di allenamento e di gara è tollerato e rielaborato bene; la tolleranza dello stress aumenta con l’aumento dell’esperienza in situazioni di allenamento e di gara – ciò vale anche per le delusioni”. La seconda: “Le esigenze della scuola, della formazione professionale, della professione come anche le necessità private sono coordinate in modo tale che il tempo disponibile è sufficiente per riuscire a raggiungere gli obiettivi”. La terza: “Famiglia, amici, scuola/professione, allenatore, mentore, club promuovono lo sviluppo motorio e si sforzano di creare i presupposti che sono indispensabili perché si possa realizzare completamente il potenziale individuale”.
Schmidt scrive scientificamente del talento nel mezzofondo distinguendo tra talenti e grandi talenti. Molti dei nostri migliori ragazzini, corridori e marciatori, vivono la iattura di essere considerati talenti senza esserlo. Ce lo dicono le scarne e viepiù pietose graduatorie regionali – e nazionali – delle categorie Allievi e Juniores. (Negli anni ’80 la mezz’ora di corsa in pista, categoria Allievi, in Abruzzo contava, mediamente, una quindicina di partenti; chiedete all’unico partecipante di quest’anno, l’ottimo ed eroico Antonio Lupone della Gran Sasso Teramo, cosa significhi girare in tondo mezz’ora, da solo).