sabato 21 maggio 2011

Drop-out, dropouts e dintorni

Nel post precedente si parlava delle discipline di endurance dell’Atletica Leggera; di infanzia, pre-adolescenza e adolescenza. Di ‘pensieri pesanti’ (demotivazione; incapacità di finalizzare il proprio impegno sportivo) e, senza citarli in modo diretto, di involuzione tecnica e conseguente abbandono dell’attività. Drop-out nello sport significa abbandono dello sport agonistico prima di giungere all’apice della carriera agonistica (Elbe, Beckmann, Szymanski, 2002), un fenomeno che non dovrebbe riguardare affatto i giovanissimi. Il drop-out è l’abbandono e dropout, secondo i summenzionati autori, è il soggetto, agonista o semplice sportivo, che abbandona anzitempo la pratica sportiva.

Il drop-out sembra però fisiologico anche nei giovanissimi, nel mezzofondo e nella marcia, soprattutto oggi, nell’era delle merendine a tutte le ore, dei gadget tecnologici e dei motorini ‘obbligatori’ dai quattordici anni in su per percorrere poche centinaia di metri. Bamboccioni e bamboccetti motorizzati, dalla pappa pronta e dall’autonomia zero, è assai improbabile che possano affermarsi nei ‘podismi di elite’.

Per la selezione del talento (qualcosa di assolutamente diverso dal reclutare ragazzini cui proporre attività ludico-motorie ‘buone per la salute’ – passatemi l’infelice dizione) Paul Schmidt, ex-campione tedesco degli 800m negli anni ’50-’60, allenatore di molti campioni del mezzofondo (Thomas Wessinghage su tutti) ha stilato un profilo delle attitudini verso le corse di mezzofondo (Schmidt, 2005, nella trad. di M. Gulinelli). In esso, nella sezione "Sistemi funzionali", mi è caduto l’occhio su tre delle otto sottosezioni: quella del "Controllo dello stress", dell’"Autoorganizzazione" e delle "Condizioni ambientali". La prima recita così: “Lo stress di allenamento e di gara è tollerato e rielaborato bene; la tolleranza dello stress aumenta con l’aumento dell’esperienza in situazioni di allenamento e di gara – ciò vale anche per le delusioni”. La seconda: “Le esigenze della scuola, della formazione professionale, della professione come anche le necessità private sono coordinate in modo tale che il tempo disponibile è sufficiente per riuscire a raggiungere gli obiettivi”. La terza: “Famiglia, amici, scuola/professione, allenatore, mentore, club promuovono lo sviluppo motorio e si sforzano di creare i presupposti che sono indispensabili perché si possa realizzare completamente il potenziale individuale”.

Schmidt scrive scientificamente del talento nel mezzofondo distinguendo tra talenti e grandi talenti. Molti dei nostri migliori ragazzini, corridori e marciatori, vivono la iattura di essere considerati talenti senza esserlo. Ce lo dicono le scarne e viepiù pietose graduatorie regionali – e nazionali – delle categorie Allievi e Juniores. (Negli anni ’80 la mezz’ora di corsa in pista, categoria Allievi, in Abruzzo contava, mediamente, una quindicina di partenti; chiedete all’unico partecipante di quest’anno, l’ottimo ed eroico Antonio Lupone della Gran Sasso Teramo, cosa significhi girare in tondo mezz’ora, da solo).

4 commenti:

Marius ha detto...

Per l'anonimo-spammer (e solo per lui): pubblicherò tutto ciò che vorrai, ma da registrato, affinché tutti (compreso il sottoscritto, ovviamente) possano conoscerti (o ri-conoscerti) e magari pure risponderti. Io quando 'posto' ci metto la faccia (e non solo quella). Provaci pure tu. Puoi fare un bel salto di qualità, sai? Viceversa, sei libero di divertirti a lanciare fialette puzzolenti dalle mie parti (scaricando, come sei uso, la responsabilità di certe deplorevoli azioni ogni qual volta vieni 'tanato'); non chiedermi perciò di aprire la porta di casa: gioco solo con chi riconosco.

Chiedo scusa a tutti, ma quando ci vuole, ci vuole.

mario

Anonimo ha detto...

Innanzitutto, mi do un bentornato da solo...
No, Marius, perdona la lunga assenza, ma e' stato un periodo un po' cosi' (perdonate gli accenti, ma sto usando una tastiera americana...).
Praticamente sono in viaggio di nozze e da un po' di tempo mi connetto davvero pochissimo. Per non parlare degli allenamenti...
Vabbe', arriveranno tempi migliori...

Quanto al post, mi inchino di fronte al grande Schmidt. Ovviamente, le tre sottosezioni riportate sono tra le piu' critiche, perche' una loro eventuale cattiva e/o scorretta gestione possono rivelarsi assolutamente nocive e controproducenti per il giovane atleta.
Come dice sempre il responsabile della 100 Torri Pavia, e' piu' difficile allenare un ragazzo che un campione e, comunque, un atleta gia' formato. Nel secondo caso, si tratta di rapportarsi con un atleta gia' capace di gestire le situazioni e, nella maggior parte dei casi, quasi autosufficiente. Nel primo, invece, appare sempre piu' difficile trovare stimoli adeguati, specie in una societa', come quella odierna, che pubblicizza troppo il facile consumismo e troppo poco lo sport di alto livello (eccezion fatta per alcuni sport di squadra).
Il discorso sarebbe fin che mai semplicistico, se ridotto soltanto a queste considerazioni. E' chiaro che allenare un professionista puo' comportare altrettante e addirittura maggiori difficolta', in particolar modo nei periodi di ribasso di condizione e di involuzione che, nella carriera di un atleta, non possono mancare. In questi casi uscire dalla crisi puo' essere davvero lungo e dispendioso.
Cio' non toglie, pero', che tirar su un vero atleta mezzofondista diventa sempre piu' difficile. Tanta fatica, scarsi incentivi, mancanza di strutture, concorrenza di altri sport piu' remunerati, imbarazzante confronto con i "coloured", aspettative familiari spesso eccessive, gestione dei tempi e conciliazione con lo studio, inevitabili delusioni e quant'altro.

Cio' che pero' condivido di piu' della disamina e' il discorso sulla sopravvalutazione di diversi giovanissimi. In molti casi, infatti, si tende ad enfatizzare piu' del dovuto una prestazione, per quanto positiva. Anche senza tornare troppo indietro negli anni, basta pensare che ai tempi di Caliandro - dunque circa 15 anni fa - il minimo richiesto per partecipare alle fasi nazionali sui 3.000 metri era fissato intorno agli 8'45". Oggi, invece, basta un tempo superiore di circa 10 secondi al chilometro.
Peraltro si vanno perdendo molte gare - la mezz'ora una meteora, mentre l'ora in pista e' diventata per lo piu' una distanza amatoriale.
Nel mio piccolo, ho corso 3 volte l'ora in pista. Ed e' ben diverso rispetto a correre su strada, perche' fai fatica anche a trovare qualcosa a cui pensare...

Saluti a tutti.
Sat

P.S.: con il rinnovato obiettivo di una maggiore presenza sul web...

Marius ha detto...

O buon Dio, Sat! Viaggio di nozze, ergo: SPOSATO!!! AUGURIIIIIII!
Porca miseriaccia, tu zitto zitto ed io... Il tempo è volato che ancora mi riprendo! Fammi sapere dove ti trovi. Ci sarà la possibilità di rivedersi un attimo?

un marius basito

;))

Anonimo ha detto...

Chiaramente...
Faccio un saltino a casa il weekend del 19. Magari ci si trova per una piza o qualcos'altro. Mi piacerebbe poter dire anche per un allenamento, ma al momento ho qualche problemino fisico da risolvere (taluni dicono l'eta', ma io non ci voglio credere e non ci credero' mai...).

Saluti
Sat

P.S.: ci risentiremo prima sul blog...