"Sisifo insegna la superiore fedeltà che nega gli dèi e solleva i macigni. Quest’universo ormai senza padrone non gli appare sterile nè futile. Ogni grano di questa pietra, ogni bagliore minerale di questa montagna piena di notte, costituisce di per sè un mondo. Anche la lotta verso le cime basta a riempire il cuore di un uomo. Bisogna immaginare Sisifo felice." (Albert Camus, Il mito di Sisifo)
Voglio raccontare una storia semplice e profonda cercando la via della sintesi ché ho paura di “tradire” un amico, scivolando sul retorico. La dedico a tutti quelli che sono capaci di distinguere il vero dal falso dentro al nostro mondo di faticatori per diletto podistico; la consiglio pure a quanti fanno confusione (molti in verità, troppi), gente usa a mitizzare chiunque tagli per primo il traguardo. Sì, a pensarci bene questa storia potrei pure dedicarla a quel popolo di scommettitori da cinodromo, santificatori da bar, lesti al linciaggio sommario appena si sgama l’ennesimo campione senza valore.
Prima di cominciare vorrei porre un quesito e abbozzare una risposta. Che cosa vuol dire campione? A me piace l’accezione medievale del termine. Campione come duellante in difesa di una causa nobile. Nello sport, il nostro sport, me lo figuro un po’ Parsifal, un po’ Sisifo. Un cavaliere appiedato per scelta e condannato all’amore per la fatica.
È da un po’ che cerco il “la” per questo mio racconto, armato di entusiasmo e devozione per qualcosa che dovrebbe essere un tributo alla persona che meglio incarna il “Senso podistico” di una regione, l’Abruzzo, sfiancata moralmente dalla dilagante volgarità del doping ruspante. La persona in questione è dunque un amico; è Camillo Campitelli.
Camillo è il mito vivente del podismo abruzzese, un’icona del running la cui forza eccezionale sta dentro un ossimoro: straordinaria normalità. Perché Camillo è uno di quelli che prima di correre, o dopo aver corso, sta otto ore in fabbrica a fare altra fatica; Camillo corre dal ’76, quasi trentatre anni, senza interruzioni. Non detiene primati ufficiali, neanche a livello regionale, ma è il runner più forte che io conosca.
Ci incontrammo per la prima volta trentadue anni fa, in una gara su strada, una delle prime kermesse podistiche locali, figlie dell’austerity del ’76. Camillo me le suonò ben bene. Per carità lui aveva quindici anni e io dodici, ma allora mi allenavo già come un keniano e avevo la resistenza di un varano dopato. Battermi non era un affaruccio semplice semplice. Insomma, per un paio di anni ci demmo “fastidio” a vicenda. Poi, intorno al ’79, partì dalla natia Castel Frentano per la Germania. No, non era stato ingaggiato dallo Shalke 04. Camillo andava su per un lavoro “normale”, credo come metalmeccanico. Lì, nonostante le difficoltà derivanti dall’essere giovane straniero spaesato, con la condanna necessaria di un lavoro prezioso e soverchio, trovò il modo di migliorare il suo personalissimo metodo di allenamento. Camillo, podista autodidatta e “anarchico”, conobbe la scuola del mezzofondo tedesco d’occidente. Affinò l’arte della temperanza e imparò la disciplina, unitamente ad una organizzazione del training decisamente meno empirica delle sue corse matte e a perdifiato dentro la vallata del Sangro. Era cresciuto atleticamente, ma non solo. Se ne accorse pure lo Stato che lo chiamò per il servizio di leva, a Napoli, presso il Centro Sportivo dell’Esercito. Siamo agli inizi degli anni ’80, anni di vuoto edonismo reganiano, di panini e paninari, di moti studenteschi griffati Timberland e Moncler. Camillo cresce ancora atleticamente, e continua a macinare chilometri calzando Nike, ma non per moda. In Abruzzo è dappertutto, strada, pista, cross, montagna… Qualcuno giura addirittura di averlo visto correre, la stessa domenica, alla stessa ora, in due, tre gare diverse. Inizia così la costruzione del mito Campitelli.
Mito come discorso, racconto sull’arte del podismo di casa nostra. Un mito la cui forza poggia anch’essa sulla magia di un ossimoro: il frastuono silenzioso di imprese normali. Camillo dà l’anima per la corsa e si diverte. Chi volesse cimentarsi nella lettura degli albi d’oro delle più prestigiose “stradali” abruzzesi degli ultimi venticinque anni, troverà il suo nome, come costante, tra i primi tre classificati assoluti, un migliaio di volte. Camillo, che quando vince lo fa in silenzio, ogni tanto levando le braccia al Cielo, quasi a ringraziarlo di tanta benevolenza.
Cronometricamente dà il meglio di sé all’inizio degli anni ’90: 31’06” sui 10.000m, 1:06:52 nella maratonina, 2:26:21 nella maratona; tempi eccezionali perché ottenuti tutti (lo dico con convinzione) senza una preparazione finalizzata al “crono”. Perché Camillo non ha mai pensato al tempo. Ed è forse questo il suo segreto. Camillo è il corridore perpetuo, ed oggi, a quasi quarantasette anni, è ancora capace di correre la maratonina in 1:13. Poco gli importa l’aver buttato alle ortiche la reale possibilità di diventare pluricampione mondiale della 100 km (anche di questo, da tecnico, sono fermamente convinto; non me ne voglia l’ottimo Mario Fattore). L’arte di Camillo Campitelli è quella di attraversare il tempo, correndoci dentro e non rincorrendolo. Il sogno di ogni podista, ciò che amo chiamare long life running, è per lui, da sempre, eccezionale quotidianità, straordinaria normalità.
Voglio raccontare una storia semplice e profonda cercando la via della sintesi ché ho paura di “tradire” un amico, scivolando sul retorico. La dedico a tutti quelli che sono capaci di distinguere il vero dal falso dentro al nostro mondo di faticatori per diletto podistico; la consiglio pure a quanti fanno confusione (molti in verità, troppi), gente usa a mitizzare chiunque tagli per primo il traguardo. Sì, a pensarci bene questa storia potrei pure dedicarla a quel popolo di scommettitori da cinodromo, santificatori da bar, lesti al linciaggio sommario appena si sgama l’ennesimo campione senza valore.
Prima di cominciare vorrei porre un quesito e abbozzare una risposta. Che cosa vuol dire campione? A me piace l’accezione medievale del termine. Campione come duellante in difesa di una causa nobile. Nello sport, il nostro sport, me lo figuro un po’ Parsifal, un po’ Sisifo. Un cavaliere appiedato per scelta e condannato all’amore per la fatica.
È da un po’ che cerco il “la” per questo mio racconto, armato di entusiasmo e devozione per qualcosa che dovrebbe essere un tributo alla persona che meglio incarna il “Senso podistico” di una regione, l’Abruzzo, sfiancata moralmente dalla dilagante volgarità del doping ruspante. La persona in questione è dunque un amico; è Camillo Campitelli.
Camillo è il mito vivente del podismo abruzzese, un’icona del running la cui forza eccezionale sta dentro un ossimoro: straordinaria normalità. Perché Camillo è uno di quelli che prima di correre, o dopo aver corso, sta otto ore in fabbrica a fare altra fatica; Camillo corre dal ’76, quasi trentatre anni, senza interruzioni. Non detiene primati ufficiali, neanche a livello regionale, ma è il runner più forte che io conosca.
Ci incontrammo per la prima volta trentadue anni fa, in una gara su strada, una delle prime kermesse podistiche locali, figlie dell’austerity del ’76. Camillo me le suonò ben bene. Per carità lui aveva quindici anni e io dodici, ma allora mi allenavo già come un keniano e avevo la resistenza di un varano dopato. Battermi non era un affaruccio semplice semplice. Insomma, per un paio di anni ci demmo “fastidio” a vicenda. Poi, intorno al ’79, partì dalla natia Castel Frentano per la Germania. No, non era stato ingaggiato dallo Shalke 04. Camillo andava su per un lavoro “normale”, credo come metalmeccanico. Lì, nonostante le difficoltà derivanti dall’essere giovane straniero spaesato, con la condanna necessaria di un lavoro prezioso e soverchio, trovò il modo di migliorare il suo personalissimo metodo di allenamento. Camillo, podista autodidatta e “anarchico”, conobbe la scuola del mezzofondo tedesco d’occidente. Affinò l’arte della temperanza e imparò la disciplina, unitamente ad una organizzazione del training decisamente meno empirica delle sue corse matte e a perdifiato dentro la vallata del Sangro. Era cresciuto atleticamente, ma non solo. Se ne accorse pure lo Stato che lo chiamò per il servizio di leva, a Napoli, presso il Centro Sportivo dell’Esercito. Siamo agli inizi degli anni ’80, anni di vuoto edonismo reganiano, di panini e paninari, di moti studenteschi griffati Timberland e Moncler. Camillo cresce ancora atleticamente, e continua a macinare chilometri calzando Nike, ma non per moda. In Abruzzo è dappertutto, strada, pista, cross, montagna… Qualcuno giura addirittura di averlo visto correre, la stessa domenica, alla stessa ora, in due, tre gare diverse. Inizia così la costruzione del mito Campitelli.
Mito come discorso, racconto sull’arte del podismo di casa nostra. Un mito la cui forza poggia anch’essa sulla magia di un ossimoro: il frastuono silenzioso di imprese normali. Camillo dà l’anima per la corsa e si diverte. Chi volesse cimentarsi nella lettura degli albi d’oro delle più prestigiose “stradali” abruzzesi degli ultimi venticinque anni, troverà il suo nome, come costante, tra i primi tre classificati assoluti, un migliaio di volte. Camillo, che quando vince lo fa in silenzio, ogni tanto levando le braccia al Cielo, quasi a ringraziarlo di tanta benevolenza.
Cronometricamente dà il meglio di sé all’inizio degli anni ’90: 31’06” sui 10.000m, 1:06:52 nella maratonina, 2:26:21 nella maratona; tempi eccezionali perché ottenuti tutti (lo dico con convinzione) senza una preparazione finalizzata al “crono”. Perché Camillo non ha mai pensato al tempo. Ed è forse questo il suo segreto. Camillo è il corridore perpetuo, ed oggi, a quasi quarantasette anni, è ancora capace di correre la maratonina in 1:13. Poco gli importa l’aver buttato alle ortiche la reale possibilità di diventare pluricampione mondiale della 100 km (anche di questo, da tecnico, sono fermamente convinto; non me ne voglia l’ottimo Mario Fattore). L’arte di Camillo Campitelli è quella di attraversare il tempo, correndoci dentro e non rincorrendolo. Il sogno di ogni podista, ciò che amo chiamare long life running, è per lui, da sempre, eccezionale quotidianità, straordinaria normalità.
32 commenti:
Caro Mario,
lo avevi annunciato questo post e ti confesso che attendevo con ansia di leggerlo.
La grandezza di Camillo è cosa nota e soprattutto condivisa da tutti quelli del mondo della corsa e non solo.
Fra i podisti aleggia spesso quel frasario fastidioso e a volte molto pesante (dettato dai peggiori dei sentimenti umani) rivolto ai compagni di corsa. Ne ho ascoltati tanti di commenti che non riesco più ad registrarli nell’archivio del mio cervello.
Ma … su Camillo nulla di sconveniente e offensivo è stato mai detto, solo approvazione, stima e ammirazione.
Forse non ho mai avuto occasione di incontrare chi non lo stima, ma mi piace convincermi che questa categoria non esiste.
Oltre al valore dell’atleta che con i numeri che vanta è indiscutibile, l’altro grande valore è quello umano, forse la sua forza è proprio questa qualità.
Nel tuo bellissimo post la frase che riassume per intero la sua persona e che mi è piaciuta molto è:
“l’arte di Camillo Campitelli è quella di attraversare il tempo, correndoci dentro e non rincorrendolo”.
Proprio qualche giorno fa all’arrivo di una gara, mentre guardavo gli atleti arrivare, constatavo il fatto che c’erano tanti atleti con molte primavere alle spalle e che tagliavano il traguardo con tempi davvero interessanti.
Auguro a Camillo di tagliare altri numerosissimi traguardi, anche con gli anni che continueranno inesorabilmente a trascorrere, perché … lui il tempo lo attraversa davvero!
Ciao
Carla
Grande Mario!
Il post era atteso da tempo, visto che l'avevi annunciato più volte, ma ancora non avevi tenuto fede alla promessa...
Francamente preferisco associarmi a tutto quello che hai detto, senza produrmi in una vuota celebrazione dell'immenso MisterCamp, visto che lo conosci lungamente meglio di me.
Dico solo che apprezzo molto la decisione di contrapporre ai campioni di carta che si vedono al giorno d'oggi un uomo apparentemente normale, che però, dall'alto della sua semplicità e della sua umanità, è riuscito a realizzare e costruire grandi imprese, facendo esclusivamente ricorso alle proprie forze ed al proprio indomabile spirito agonistico.
Davvero centrato l'accostamento ai personaggi mitologici da te individuati. Soprattutto Sisifo, il simpatico emblema dell'uomo sagace e coraggioso, che aveva osato contrapporsi agli dei, addirittura incatenando la morte.
Con la semplice differenza che per Sisifo non ci fu lieto fine, mentre per MisterCamp sembra proprio non esserci fine!
Ricordo soltanto che nel 2007 mi regolò nella mezza maratona di Fossacesia, chiudendo nell'ancora ottimo crono di 1h12'36".
Nel 2008 è riuscito anche a fare di meglio.
21.09.2008, maratonina di Fossacesia: 1h13'01", sotto il diluvio.
28.09.2008, maratonina Tappino-Altilia: 1h12'35".
5.10.2008, mezza maratona città di Pescara: 1h13'52".
Da urlo...
I miei omaggi MisterCamp. E' sempre un piacere poter imparare qualcosa da te.
A presto.
Sat
Dalla serie quelli che.......si bombavano a pane e vino.
Grande Camillo e grande Mario.
A presto, Enrico
E' vero, Camillo Campitelli , alias "Mister Camp" è il riferimento dell'intero mondo podistico abruzzese e non solo. Spero che tutte le giovani leve prendano lui come esempio e non i finti campioni o le meteore del momento.
un saluto a Mario, continua così che il Blog è veramente grande.
Marco S.
Be' che dire! Leggendo tra le righe sembrava di vederlo. Come atleta e come uomo lo vedo bene insieme al famigerato Del Zoppo e al Grande (in tutti i sensi) Daniele. Grandi runners abruzzesi che nonostante fanno o facevano mambassa di vittorie, non ti guardano mai dall'alto, come su un piedistallo. Questi sono gli esempi da seguire, proporrei di farne dei poster da appenderrli al posto dei noti Baldini, Cova etc. Che bello parlarne; mi sono quasi sfogato! Approposito, ne approfitto per salutarli.
Un ABBRACCIO da Davide Leone
Sì Davide, hai citato altri due grandi: Daniele, che è Grande anche nel cognome, e l'immenso Pietro Del Zoppo. Su Pietro scriverò certamente in appresso; così come per Daniele. Camillo meritava la precedenze per i motivi che ho detto nel post stesso. La sua corsa in trent'anni non ha perso freschezza.
un abbraccio a tutti. mario
Salve Mario, perchè dici che secondo te Camillo Campitelli sarebbe potuto diventare fortissimo sulla 100 Km?
Ciao Daniele.
Rispondere alla tua domanda non è affatto semplice. Dovrei fare un discorso un po' lunghetto, noiosamente tecnico e inadatto al contesto (la sezione dei commenti intendo; mi riserverò magari di spiegare meglio la cosa in un post successivo). Un dato però lo voglio citare. Ritengo che il mitico Camillo abbia un talento straordinario nella "tenuta" ai grossi volumi di lavoro. In trentatre anni di intensissima e ininterrotta attività podistica non ricordo di averlo mai visto fermo per infortuni "seri". Un talento questo che, unitamente alle altre qualità fisiche e psichiche, fa davvero la differenza, almeno sulla 100 km.
Lui però non ha mai preso in considerazione la possibilità di fare il "salto". E le mie rimangono, ahimé, soltanto opinioni aerobiche.
un saluto. mario
Comunqe,aggiungo che per me l'ultraMaratona è una disciplina che non ha senso,per un semplice motivo:nella Maratona il meccanismo aerobico è già coinvolto al 100%,quindi le caratteristiche sono le medesime.Inoltre,100 Km sono poco più del doppio di 42 Km,mentre 10 Km sono meno di 1/4 di 42 Km.Ora,vediamo come c'è una certa correlazione tra prestazione sui 10 000 m e Maratona,nonostante tale differenza,ed è impossibile o quasi che,ad esempio,un atleta che ha un personale di 30'sui 10 000 riesca ad ottenere un personale migliore sulla Maratona rispetto ad uno da 29'sui 10 000.Quindi,c'è una correlazione ancora maggiore tra Maratona e 100 Km(o anche distanze superiori)per i due suddetti motivi.Per essere più chiaro:se un maratoneta di livello internazionale che corre la Maratona in 2h10'si cimentasse,per esempio,in una 100 Km,frantumerebbe il record mondiale,matematico.Quindi,l'ultramaratona è anche disciplina dal livello tecnico molto più basso rispetto alla Maratona,richiede le stesse caratteristiche,ha un fascino e un significato storico e simbolico infinitamente inferiore...insomma per me non ha ragione di esistere .Scusate per la lunghezza del messaggio.Infine,tornando al post in questione,se Campitelli fosse diventato,come Mario dice,campione mondiale sui 100 Km per me il suo spessore tecnico di atleta non sarebbe mutato,cioè quello di un atleta di medio livello che allenandosi in un modo più scientifico avrebbe potuto raggingere un livello nazionale.
Caro Daniele la strada che hai imboccato ci può complicare la vita. Cerco di spiegarmi. Anch'io non sono uno strenuo sostenitore delle ultra, ma non le ritengo affatto "discipline senza senso". Credo invece che dovremmo smetterla di proporre le ultra, ma anche la maratona stessa in certi casi, come se fossero alla portata di tutti. Per carità la maratona si può correre pure a 90 anni o "strisciarla" a 60 intorno alle 5 ore e mezza, sei ore. Se si ha però a cuore il rispetto della propria salute bisognerebbe prima verificare la capacità di "tenuta strutturale", relativa alla distanza in questione.
E poi, per la questione del maratoneta col personale a 30' sui 10.000, oppure a 29': qui, mi spiace contraddirti, ma la teoria, tantissime volte, è stata smentita dalla realtà del campo. Prova a chiederlo a Francesco Panetta. E per concludere: è vero che, qualora i keniani decidessero di cimentarsi sulla 100 km, i nostri Calcaterra eccetera eccetera... È vero pure che la 100 km si corre con la testa (leggasi qualità mentali di resistenza a quel tipo di fatica). Le correlazioni che fai (42-100 km) reggono bene sul fronte di una fisiologia monca, quella che non tiene conto di una fisiologia della mente.
un saluto e grazie dell'intervento. mario
Ciao Mario,condivido pienamente quello che hai detto nell'ultimo messaggio.A tal proposito sarebbe bello che tu utilizzassi le tue grandi qualità di tecnico dando(fin quanto è possibile)un maggiore spazio nei tuoi post alla disciplina dell'ultramaratona che raccoglie sempre più appassionati(non necessariamente praticanti).Molte persone,come il Daniele di prima,giungono a fare riflessioni di questo tipo che chi ha una certa esperienza e competenza sa che sono completamente sbagliate.Sono queste affermazioni ad essere ''senza senso'',che nascono da ignoranza e invidia.Grazie e a presto
Oddio ragazzi, pace pace!!! Cerchiamo di non essere "trancianti" nei nostri commenti. Vorrei tornare su quanto avevo espresso nel commento precedente. Il campo delle ultra è "minato". Scrivevo di fisiologia della mente e ci torno su con molto pudore. Tanto è stato scritto in questi anni (vi invito alla lettura-approfondimento dei testi di Luca Speciani); molte, forse troppe, sono le discipline a marca "ultra". Correre una 50 km è cosa molto diversa dall'affrontare una 24 ore o una sei giorni. Non soltanto sul piano fisico. E la 50 km (di corsa, non marcia), la 24 ore e la sei giorni sono tutte "ultra". La vastità-complessità dell'argomento è tale da farmi stoppare qua.
Un'ultima cosa, tornando sul buon Camillo; è un esempio morale prima che atletico. Questo volevo rimarcare nel mio post. Poi però mi son scappati i toni enfatici del tifoso appassionatissimo. Chiedo scusa. Soprattutto a lui, Mister Camp.
un saluto a tutti. mario
Accidenti!
Non immaginavo che un post del genere potesse scatenare un simile fermento...
Anch'io non sono uno strenuo sostenitore dell ultra - scusa se ti rubo l'espressione, Mario! -, non tanto perché si tratti di una disciplina minore (storicamente, simbolicamente, per fascino o quant'altro volete...), ma semplicemente perché si tratta di una prova assolutamente particolare, che si differenzia notevolmente dall'atletica tradizionale, sia per preparazione tecnico-atletica che, soprattutto, per predisposizione mentale.
Condivido l'idea che Camillo avrebbe potuto fare grandi cose nel pianeta ultra. Così come altri atleti che conosco.
Ed è anche chiaro che se grandi professionisti e campioni affermati si cimentassero seriamente nella specialità, sicuramente il banco salterebbe.
Mi sembra che non si stiano facendo scoperte copernicane.
Però correre una ultra è qualcosa di particolarmente logorante, soprattutto se lo si fa con particolari obiettivi cronometrici e credo che, tutto sommato, la 100 km non potrà mai diventare una disciplina professionistica.
Senza produrmi in un intervento ripetitivo e di mero accanimento nei confronti del pur simpatico Daniele, non posso non prendere atto dell'assoluta infondatezza del pensiero espresso, così come della inevitabile inesistenza di quelle che, a suo dire, dovrebbero essere delle regole universali ed incontrovertibili.
L'esperienza di molti campioni ci fa vedere come in maratona molti dei valori in campo possano essere rivoluzionati e completamente stravolti. Panetta è sicuramente uno degli esempi classici. Ma non è il solo ad aver fallito il grande salto in maratona.
E ciò perché si tratta di una disciplina a sè stante, che necessita di una particolare preparazione fisica e mentale, oltre che di certe innate caratteristiche di base.
non mi dilungo oltre, perché per gli aspetti più puramente tecnici c'è Mario ed un profano come non potrebbe mai eguagliarne le competenze.
Magari prossimamente potremmo fare una piccola rassegna sui grandi flop in maratona e sui grandi talenti inespressi dopo il passaggio alla regina delle discipline olimpiche. Lì potrei ancora dire la mia...
A presto.
Nonostante la piccola assenza
Sat
Ciao ragazzi inanzitutto ringrazio tutti per i commenti...
volevo raccontare solo un qualcosa che si riallaccia all'ultramarathon....
era il 1983 avevo solo 21 anni mai corso una maratona, mai fatto n lunghissimo solo 27 km una volta sola.Al grande D'Amario venne in mente di andare a fare la Pistoia-Abetone 53km in salita, ma c'erano anche distanze minori di 16 e 30 km...D'Amario mi disse ti fai la 16 km, durante il viaggio in macchina arrivammo a 30 km, arriviamo a Pistoia D'Amario mi disse fai la 53km, io molto ingenuamente non esitai un attimo a dirgli di si....Avevo tanta energia da vendere credetemi, la Domenica parto a 4'e 20" a km al 35 km mi ritrovo 5° assoluto con i campioni della cento km Melito,e i fratelli Gennari mitici della cento
di quell'epoca, alla fine mi ritrovo all'arrivo del'Abetone battendo i fratelli Gennari, e dietro al grande Melito....
non stavo nella pelle, mi ricordo tanti fotografi che mi fotografavano,per me era tutto incredibile ero solo abituato a vincere le gare di paese con le premiazioni sulla (CASSARMONICA).
dopo aver ricevuto i complimenti
per me allora un idolo, il grande GIANNI POLI tutt'ora grande amico,
mi disse subito: Camillo datti alla maratona ,lo colpì che avevo soli 21 anni.Allora
è per questo dico a Mario chi sà se avessi fatto la 100 km??????
forse con la freschezza della giovinezza ci sarei riuscito....!
ma vi assicuro che i tempi di soglia, tipo se hai 29 sui 10km oppure 2h10' in maratona non centrano niete,le ultra sono gare estreme,e vince solo chi è più forte in tutti i sensi se Calcaterra vince la 100km perchè è forte fisicamente e di testa, ma no perchè ha 2h13 in maratona, Mario Fattore ha lo stesso tempo o giù di lì, di Calcaterra nella 100
ma non ha mai corso la maratona in 2h13 o una 10 km in 29'....
volevo chiudere e scusatemi per il commento lungo,dicendo (CORRETE PER DIVERTIRVI io lo sempre fatto perchè l'unica cosa che sò di mio e nessuno mai potrà portarmi via è L'ARIA CHE RESPIRO...)
ciao a tutti vi voglio bene ...
MISTERCAMP....
Ciao ragazzi inanzitutto ringrazio tutti per i commenti...
volevo raccontare solo un qualcosa che si riallaccia all'ultramarathon....
era il 1983 avevo solo 21 anni mai corso una maratona, mai fatto n lunghissimo solo 27 km una volta sola.Al grande D'Amario venne in mente di andare a fare la Pistoia-Abetone 53km in salita, ma c'erano anche distanze minori di 16 e 30 km...D'Amario mi disse ti fai la 16 km, durante il viaggio in macchina arrivammo a 30 km, arriviamo a Pistoia D'Amario mi disse fai la 53km, io molto ingenuamente non esitai un attimo a dirgli di si....Avevo tanta energia da vendere credetemi, la Domenica parto a 4'e 20" a km al 35 km mi ritrovo 5° assoluto con i campioni della cento km Melito,e i fratelli Gennari mitici della cento
di quell'epoca, alla fine mi ritrovo all'arrivo del'Abetone battendo i fratelli Gennari, e dietro al grande Melito....
non stavo nella pelle, mi ricordo tanti fotografi che mi fotografavano,per me era tutto incredibile ero solo abituato a vincere le gare di paese con le premiazioni sulla (CASSARMONICA).
dopo aver ricevuto i complimenti
per me allora un idolo, il grande GIANNI POLI tutt'ora grande amico,
mi disse subito: Camillo datti alla maratona ,lo colpì che avevo soli 21 anni.Allora
è per questo dico a Mario chi sà se avessi fatto la 100 km??????
forse con la freschezza della giovinezza ci sarei riuscito....!
ma vi assicuro che i tempi di soglia, tipo se hai 29 sui 10km oppure 2h10' in maratona non centrano niete,le ultra sono gare estreme,e vince solo chi è più forte in tutti i sensi se Calcaterra vince la 100km perchè è forte fisicamente e di testa, ma no perchè ha 2h13 in maratona, Mario Fattore ha lo stesso tempo o giù di lì, di Calcaterra nella 100
ma non ha mai corso la maratona in 2h13 o una 10 km in 29'....
volevo chiudere e scusatemi per il commento lungo,dicendo (CORRETE PER DIVERTIRVI io lo sempre fatto perchè l'unica cosa che sò di mio e nessuno mai potrà portarmi via è L'ARIA CHE RESPIRO...)
ciao a tutti vi voglio bene ...
MISTERCAMP....
Scusami Mario il commento è doppio per un errore al mio pc....
Ciao a presto.
... e io i due commenti "fotocopia" te li lascio su, altro che! Avrei voluto scriverli io. Poesia ragazzi, poesia vera.
un abbraccio a Mister Camp e a tutta la web-truppa.
mario
Parlare di Camillo è sempre un piacere...grande podista ma sicuramente grandissimo personaggio dalle doti umane immense...pochi come lui.
Un saluto a tutti.
Daniele T.
Caro Mario,
meno male che hai tirato fuori l’argomento “ultramaratona” così facendo hai acceso i commenti e soprattutto (ed era ciò che aspettavo) hai ispirato l’intervento di MisterCamp che nello specifico si è anche dilungato, cosa che per lui ha dell’eccezionale.
Pensare che si è anche scusato per il “commento lungo” mentre io pensavo “già finito?!?”
Cosa e quanto potrebbe raccontare lui !!!
Caro Camillo, mi ha divertito l’aneddoto di Renato D’Amario che da 16 Km è arrivato a 53 Km in un viaggio in macchina… tipico del prof. !!!
Forse era certo delle tue capacità o forse era il semplice consiglio di chi come lui ha vissuto lo sport a modo suo… certo è che in quel modo tu ti sei regalato una bella giornata e un bel ricordo oltre ad un bel risultato.
E poi con 27 Km di lungo arrivare ad Abetone tra i fratelli Gennari e Melito … che dire: giù il cappello!
“CORRETE PER DIVERTIRVI” grande consiglio, soprattutto perché spesso devo, ahimé, constatare che si dimentica (io per prima mi accuso) che dovrebbe essere l’unico obiettivo, oltre quello specificatamente salutare.
Sempre rispettosa di chi ha dipinto la propria vita di atteggiamenti saggi veri e leali
Carla
Ah, salutissimi al grande Davide Leone … anche lui alla corte di MisterCamp!
Ciao a tutti.
Grazie Carla, D'Amario c'è ne uno solo,e rifarei tutto quello che ho fatto con lui...
Sai ma non era l'unico a certe improvvisate,ti racconto un'altra storia con la buonanima del prof. Arnaudo altro grande del movimento dell'atletica in Abruzzo e non solo:
Eravamo sul pulman non ricordo l'anno ma sarà stato nel 91, andavamo a fare il trofeo delle regioni in pista a Rimini, di colpo si alza in piedi Arnaudo e chiama in causa Di Salvatore grandissimo siepista degli anni 80
gli dice :
mi fai un favore visto che tu fai i 3000 siepi e sai saltare gli ostacoli! Mi faresti anche i 110 H
non ti dico il divertimento nel pulman, ma ne era convinto sai! Corrado rimase impietrito non sapeva che dire,poi gli disse professò ma vi rendete conto?
e noi a ridere, poi comunque si salvò fece solo i 3000 siepi...
comunque grandi momenti e soddisfazioni....
GRANDE ARNAUDO.
CIAO RAGAZZI
A PRESTO!
MisterCamp… così mi abitui ai tuoi racconti e adesso li aspetto sempre. Ogni volta che un argomento postato dal Maestro ti ispira, regalaci un racconto!
Grazie.
Approfitto per lanciare una sfida, o meglio un invito ai commentatori del blog, quelli costanti, quelli saltuari e anche nuovi:
facciamo in modo che questo post del Maestro dedicato a MisterCamp raggiunga il numero massimo di commenti fra tutti quelli fino ad oggi pubblicati così da tributarlo fra i più espressi.
Dai ragazzi, il materiale umano è davvero d’eccezione!
Ciao
Carla
Ciao a tutti qui al fianco di Camillo in camera pronti a una nuova avventura domani ai Campionati regionali di Cross ci conosciamo da circa 5 anni e ad ogni gara dell'Orecchiella lui è presente e noi due siamo le due punte io atleticamente e lui come persona da imitare.. per fortuna non esistono tante persone come Camillo se no non esisterebbero le guerre e le ostilità, è una persona eccezionale sia atleticamente che a livello personale.. qui nel nostro gruppo gli abbiamo già fatto un monumento.. esistono poche persone al mondo a cui si fanno i monumenti prima di muorire.. ma per noi Camillo è eterno ed infatti sono moltissimi anni che sembra che vada sempre agli stessi ritmi.. non molla mai è un esempio per tutto il mondo dell'atletica non solo per l'Abruzzo... un saluto a tutti e FOREVER CAMPITELLI by Abate Gabriele
Carissimi tutti,
oggi ero ad un seminario su alimentazione e movimento (sintetizzo brutalmente così) organizzato dall'amico Fernando Di Clerico, e quando durante il mio intervento ho lasciato "correre" la slide del "long life running man" (Camillo, appunto) c'è stata una specie di ovazione. Brividi, brividi veri.
un abbraccio. mario
Dimenticavo, in bocca al lupo per la gara!
Ciao Gabriele,graze del tuo commento,io ero al tuo fianco in camera,ma non mi hai detto niente del commento,e ti dico di vero cuore è un onore ricevere un commento così vero e emozionante, da te.....
GRAZIE
per chi non conoscesse Gabriele Abate parlo per gli amici abbruzzesi è un grande atleta della nazionale di oorsa in montagna, con un vice campione del mnndo alle spalle in nuova zelanda...
ciao e grazie di nuovo..
Carla cè nè tanta da raccontare..
avremo sicuramente altri momenti...
un abbraccio a tutti.....
CIAO
RECORD!
Camillo batte "Il doping e i cattivi maestri".
complimenti.
P.S.: ma come ti è andato il cross in Toscana?
mario
posso dire bene, ma mi accontento,non posso pretendere più di tanto al mio fisico, un po stanco e impacciato con le chiodate,sai li metto una volta l'anno, comunque 25° ass. km 10,100
in 35' non male per un cross...
grazie ...
Mario grazie ancora per la mia citazione al seminario, sono emozionato anche io sentire che ci sono motli amici podisti atleti che apprezzano il mio operato..
grazie di nuovo....
Sarà per far piacere a Sognatrice, sarà perchè l'ho promesso a
Marius in privato, sarà che ho qualche senso di colpa ma sta di fatto che ho scelto questo post per fare un commento al blog del Maestro Mario.
Bella e simpatica l'idea di Sognatrice alla quale voglio contribuire.
Competente e professionale gli scritti del Maestro ... ma d'altro canto da un maestro ovviamente ci si aspetta sempre il meglio!!
E veniamo al mio senso di colpa...Conosco il mondo degli amatori da circa 5 anni e, oltre a disputare 5/6 gare a stagione mi capita di commentarne alcune. Bene ho incontrato Camillo Campitelli (da oggi anche per me Mister Camp)due o tre volte e l'ho sempre ammirato per la sua tenacia ed abnegazione nella corsa ma, ovviamente non conoscevo (chiaramente per colpa mia) tutto il suo "back gound". Questa sera mi si è aperto un mondo ed il mio senso di colpa consiste nel non essermi documentato abbastanza in occasione dei miei commenti/presentazioni alle sue gare.
Ho avuto il piacere di presentare il mitico Mario Fattore, il grande Giorgio calcaterra ed altri ancora, decandando le loro qualità oltre che sportive anche umane....con Mister Camp non è stato così per mia ignoranza.
L'impegno sarà che la prossima volta che mi capiterà di commentare una sua gara, e sono sicuro che capiterà, dovrò pagare dazio, ovvero presentarlo con tutti gli onori che questo umile ragazzo d'Abruzzo merita.
E questo è senza dubbio per merito di questo post.
Grazie e scusate la lunghezza del commento.
Riapro questo post dopo parecchi mesi perchè qualche giorno fa ho avuto il piacere di avere Campillo (mi piace come crasi!) come compagno di squadra in una staffetta 4x400. Lui aveva appena finito di correre un 10mila e quando gli è stato chiesto di partecipare alla staffetta non si è tirato indietro, a dimostrazione di come per lui la corsa sia effettivamente divertimento.
Dagli anni giovanili della mia frequentazione atletica ricordavo vagamente il suo nome; scambiando qualche chiacchiera con lui ho scoperto che abbiamo avuto un allenatore in comune oltre ad aver vissuto un periodo bello e indimenticabile dell'atletica abruzzese ricca di personaggi quali i prof Arnaudo e D'Amario: gli aneddoti che li riguardavano, raccontati da Camillo in questo post, mi hanno aiutato a ricordare meglio la loro "follia" sportiva (follia intesa come passione).
Concludo augurando a Camillo di conservare sempre questa sua capacità di divertirsi correndo, solo così non sentirà mai la fatica e si dimenticherà del passare degli anni.
"...tempi eccezionali perché ottenuti tutti (lo dico con convinzione) senza una preparazione finalizzata al “crono”. Perché Camillo non ha mai pensato al tempo. Ed è forse questo il suo segreto..."
In questa chiosa finale è racchiusa la 'grandezza' di un personaggio fuori dal comune come Mister Camp. Nonostante il variegato e (aggiungo) desolante mondo del podismo amatoriale sia in continua evoluzione (involuzione?) il buon Camillo rimane sempre lo stesso: un esempio di vero amore per la fatica, senza assilli e follie quotidiane.
Finalmente anche la Fidal nostrana li ha riconosciuto il valore che merita. In bocca al lupo Camillo!
MS
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