domenica 22 novembre 2015

Gaudeamus igitur, iuvenes dum sumus


Benedetta gioventù, siamo soliti ripetere. Ora io non so se sia davvero benedetta la gioventù che mi gira intorno, certo è che qualche conto non mi torna. È da un po' che, da allenatore, vado facendo riflessioni 'metasportive'. La più frequente suona così: in atletica leggera i ragazzini italiani sono tra i più performanti al mondo. Anche nelle discipline dell'endurance (udite udite!), i nostri sedici-diciassettenni sono tra i più bravi del pianeta. Poi però, intorno ai diciotto anni, qualcosa si interrompe. I risultati cominciano a stagnare, i passi si fanno vieppiù pesanti, gli sguardi diventano opachi e... puf! Arriva il drop-out.

Ok, la sto buttando giù semplice; banale, quasi. Ma nella mia piccola, personale, statistica sportiva ci sono troppi esempi che vanno in quella direzione. È come se la 'magia' di una vita scandita da ritmi regolari (studio, gioco-allenamento, riposo) sia possibile, quando tutto va bene, fino ai quattordici anni (forse anche tredici o dodici); dopo di che i genitori sembrano, progressivamente, abdicare a talune responsabilità genitoriali: il dialogo sfuma, le parole perdono consistenza, le regole che governavano la sana 'normalita' della vita familiare sciolte, come neve al sole."La vita di un atleta vero può essere teribilmente monotona", mi diceva l'altro giorno un medico sportivo. "È nella regolarità di certe sane abitudini che maturano i risultati di eccellenza (le nove-dieci ore di sonno, sempre nella stessa fascia oraria, la corretta alimentazione, i giusti carichi di allenamento)...".

E già. E allora sorrido, pensando alle spie verdi su facebook, quei pallini luminosi che segnalano la presenza in chat degli utenti. All'una di notte, ed oltre, è pieno di adolescenti 'accesi', da gennaio a dicembre, sedentari e non. Leptina e somatotropina fanno loro "ciao ciao". Lo Sport sarà per un'altra volta, magari intorno ai quarant'anni. Ma questa è un'altra storia.

martedì 17 novembre 2015

Dell'autonomia e d'altre necessità





Puoi insegnare loro a filar via veloci come spade, a rimbalzare come palline di caucciù, a scivolare 'liquidi' sull'asfalto come gocce di pioggia sul parabrezza. Puoi insegnare loro questo e mille altri artifizi tecnici. Ma se nessun passo sarà stato mosso verso l'autonomia, se dinanzi ad una domanda che esige una scelta netta, personale, campeggia l'espressione vacua e sorridente di un ragazzino smarrito, allora tutto il lavoro svolto sarà stato inutile, ed il futuro - non solo quello sportivo - si presenterà assai incerto.

Nihil sine magno labore vita dedit mortalibus, ci ammonisce Orazio. La vita non è una maratona, né una 100 km; è cosa più dura e 'seria', e il giovane atleta che si appresta a diventare 'professionista' dell'endurance podistico - non necessariamente estremo - va innanzitutto educato alla realtà, alla consapevolezza; all'autostima e, soprattutto, al rispetto di sé e dell'altro da sé. Lavoro duro per chi educa, oggi. Lavoro improbabile per chi allena giovani atleti, se le famiglie di questi non garantiscono una presenza educativa qualitativamente sufficiente.

"La potenza è nulla senza il controllo", recitava il jingle...

venerdì 6 novembre 2015

Cementum


Spesso - molto spesso - è la convivialità buona che conchiude sentimenti e finalità alti. Lo Sport che amo vivere è fatto di volti diversi, di storie singolari e di energie collettive; di gente che rema nella stessa direzione e che è capace di condividere la limpida e struggente complessità di ricordi che pensavo sbiaditi. 

Ieri sera da Lello Fioccola siamo stati bene. Perché si era davvero fuori da ogni nevrosi agonistica; da ogni esasperazione podistica; da ogni tentativo di usare lo sport per essere altro da ciò che in realtà siamo. Ieri un passo è stato mosso. Un “passologico”.