Steve Ovett |
Avevo dodici-tredici anni ed ero già malato di atletica leggera. A quel tempo i miei eroi del mezzofondo, della marcia e della velocità si confondevano con i supereroi della Marvel Comics; e non era infrequente per me tifare Spider-Man e Pietro Mennea, e magari vederli pure gareggiare insieme (con la fantasia, ci mancherebbe; ah, la fantasia...).
Intorno ai sedici anni però non mi bastava più il risultato metrico/cronometrico monstre: il mio supereroe del mezzofondo - o della marcia, o della velocità - doveva arrivare davanti, sì, ma esprimendo un gesto atletico nobilissimo; esteticamente sublime e perciò terribilmente efficace.
Fu Augusto Vancini, Amico fraterno, a farmi conoscere Steve Ovett, mezzofondista britannico dal talento precocissimo e limpido come il cristallo. Conobbi Ovett e la sua storia che avevo quindici anni.
Tanto si è scritto del dualismo epico di Steve Ovett con il connazionale Sebastian Coe (a tal proposito mi permetto di suggerire la lettura dell'ottimo libro dell'amico Maurizio Ruggeri: "I rivali perfetti. Steve Ovett e Sebastian Coe: se amavi l'uno, odiavi l'altro"). Tanto si è scritto del personaggio Ovett, definito antipatico e maleducato da chi aveva interesse a vendere qualche copia in più sfruttando una puerile contrapposizione col rivale Coe, a cui, tra i tantissimi pregi, si attribuivano garbo e simpatia.
Ma a me sta simpatico assai Steve Ovett, oggi più di ieri. Il corridore perfetto, bello ed efficace dagli 800 ai 5000; capace di correre da front runner anche nei difficili cross britannici (lunghi anche 14 km). Il suo immenso eclettismo atletico è stato da un lato il freno ad una carriera comunque luminosissima, dall'altro il motivo dell'affetto profondo e sincero e dell'ammirazione che nutro nei suoi riguardi.
Steve Ovett, un purosangue leggendario capace di dimenticare il se stesso campione, di chiuderlo in un cassetto e fare altro. Lo Sport vissuto ai massimi livelli e poi messo 'tra parentesi', come espressione massima di una inarrivabile autoironia.
You find out a lot of about yourself through athletics. If you’re cut out to be a winner or a failure or a quitter, athletics will bring it out of you. You’re always stripping yourself down to the bones of your personality. And sometimes you just get a glimpse of the kind of talent you’ve been given. Sometimes I run and I don’t even feel the effort of running. I don’t even feel the ground. I’m just drifting. Incredible feeling. All the agony and the frustation, they’re all justified by one moment like that.
(Steve Ovett)
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