Continua il racconto in prima persona dell'olimpionico Raffaello Ducceschi. Stavolta il guerriero è lui.
Buona lettura.
Marcia Primo Maggio
di Raffaello Ducceschi - ultima parte
Dall'altra parte. In gara. Ventidue anni. È la seconda volta. La prima è stata una specie di festa, due anni fa, uno scherzo col pubblico. Io urlavo "applauditemi sono di Sesto" e loro lo facevano. 20 anni. Bellissimo. E ridevano. Io ridevo e mi divertivo. Anche perché una gara di marcia è lunga e puoi veramente tritarti i pendagli, te lo giuro. Allora chiacchieri, canti, racconti barzellette. Poi ho fatto la rimonta e sul finale e ho preso un messicano, uno tra i primi dieci o venti al mondo, ma io non ci badavo tanto. Undicesimo. Quasi senza accorgermi, un trucco perfetto per scaricare la tensione della prima volta. E farsi applaudire se arrivi solo undicesimo.
Un giorno, in un raduno della nazionale, ho detto: "Vincere a Sesto per me sarebbe di più che vincere un'olimpiade" mi hanno guardato come si guarda a un matto. A un'olimpiade c'è il rischio di gareggiare senza pubblico, con qualche centinaio di appassionati, tutti marciatori e allenatori. Che gusto c'è? A Sesto ci son 10, 20, 30 mila persone in delirio, che ti applaudono, che ti sostengono.
L'anno scorso non c'ero, ero in Germania Est, il primo maggio era importante anche lì. Feci la mia prima 50 km. A Sesto uno del pubblico disse "ma quello che faceva il pirla non c'è?" .
C'è anche un caldo tremendo, aumentato dal fatto che è il primo caldo primaverile. Ma c'è l'umidità, ed è già afa. Per chi non ci è abituato è uno shock.
Adesso sono già due volte campione italiano, l'ottobre scorso, la prima volta e a marzo, neanche due mesi fa, la seconda. Qui a Sesto mi gioco la partecipazione alle Olimpiadi di Los Angeles. O quanto meno devo confermarla.
Prima della gara mi si avvicina Pietro Pastorini. Una vita passata tra il Gallaratese e Quarto Oggiaro, a sottrarre vittime alla droga, con la marcia. Tra qualche anno sarà il mio allenatore. Con un paio di amici Didoni e Perricelli, vincerà un oro, un argento e un bronzo ai mondiali. Ma ora è solo un amico.
"Raffo, senti bene, gli unici due forti sono gli spagnoli, ma Llopart ha appena gareggiato in Messico sui 50 km, il nemico da battere è José Marin. Guarda, lui partirà forte, se lo lasci andare non lo prendi più. Se lo porti con te al finale lui è più veloce e ti batte in volata. Se invece tu lo stacchi, lui ti lascia trenta metri, poi ti tiene lì, aspetta il finale, poi, a 1 km dal traguardo, ti prende e ti batte in volata. Però sei forte ce la puoi fare". Grazie.
Appena partiti la gente gridava, applaudiva, faceva un tifo indiavolato. "Forza Marin!" Ma come? Sono io di Sesto, Marin è spagnolo... Fa niente, la gente conosce perfettamente Marin che ha gareggiato un sacco di volte a Sesto e per due anni ha vinto. Anche l'anno scorso. "Forza Marin!" A me incominciano a fare il tifo solo al secondo giro, dopo 10 km, Marin ha ceduto un poco, ne ho approfittato e ho preso subito un bel distacco. 30 metri. "Come aveva detto Pietro?" Venti chilometri in fuga, venti chilometri di fuga e Marin a 30 metri. "Forza Ducceschi!" Venti chilometri di fuga ti possono distruggere, poi crolli e perdi un km come ridere. Figurati 30 metri. "Forza Ducceschi!" è come una droga, un'anestetico. "Forza Ducceschi!" Amici, parenti... "Forza Raffaello" La gente di Sesto non so, ma io sono in delirio. Senza i sestesi, i loro applausi, la loro energie non so se ce la farei, ma ce la farò? Caldo, sudore, spugnaggio, io bevo "Spugna!" 15 km. Poi avrò tempo di vincere in rimonta, un'altra volta. 20 km " Voglio 5 spugne!" Poi avrò tempo di vincere un argento, in rimonta. 25 km. Avrò anche modo di arrivare terzo, in rimonta, dietro a Marin, tra tre anni. Ma adesso devo vincere, davanti a Marin. 26 km e lo spagnolo sempre a 30 metri. Tra il pubblico c'è anche Alessandro Gandellini, ma io non lo so. So invece che c'è Luigi Brugnetti, mio compagno di allenamenti, insieme a suo fratellino, Ivano, anche lui marcerà, e questo si può prevedere, quello che non si può prevedere sono i suoi ori. Ma ora tocca a me. 27 km, nel viale che porta allo stadio l'assessore Di Leva è completamente fuori, dal finestrino dell'auto, dalla cintola in sù. Urla. Io vivo in un sogno. Come katso si soffre a volte in 'sto sogno! 28 km. La Torre e Vanzillotta, i miei allenatori, gli devo tutto, gridano. "Quanto distacco ho sullo Spagnolo?" gli urlo. "Trenta metri, cinquanta... non ti preoccupare". Non so perché non mi convincono. Sento respirare ma non sono io, mi volto, Marin! ...katso è lì, a un metro... bast... mi hanno ingannato! Avevano paura che me la facessi sotto. Ma ora è qua. Tre urli selvaggi. Gli urli. Non l'ha mai capito nessuno. Nessuno mi ha mai creduto. Se urli, ti ossigeni, cambi ritmo senza accorgerti. Lo fanno i sommozzatori prima d'immergersi in apnea. Lo fanno anche dopo l'apnea. Tu dì la verità. Nessuno ti crede. Soprattutto se è strana. Ti prendono per matto e ciao. Tranne De Masis. "Perché credi che i soldati urlano in battaglia?..." anche lui urlava "...è una scarica di adrenalina!" Tre urli, e poi al traguardo. Tre urli e poi ancora 7 minuti di sofferenza. Ce la farò? Tre urli e riprendo 30 metri a Marin e poi al traguardo. Ultimi 5 minuti di sofferenza. 5 minuti in delirio. Tre urli ed è finita. E poi la vittoria. Ho vinto a Sesto. Un'olimpiade mai. O invece sì. La mia è a Sesto. È oggi. A quell'altra ci penserà Ivano. A volte i sogni si avverano.
2 commenti:
Ciao. Mi piacerebbe leggere anche la prima parte dello scritto di Raffaello Ducceschi. Potreste fornirmi il link? Grazie
Eccolo Raffaele:
http://www.mariodebenedictis.com/2008/07/narrazioni-raffaello-ducceschi-telling.html
un caro saluto
mario de benedictis
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