lunedì 11 giugno 2012

Inserorabili, dentate rote

Post retorico e 'barocco', questo. Post allegorico e parzialmente poetico. Post incasinato. Post di un blogger un po' stanco.


Scrive il poeta e filosofo Ciro di Pers (Pers, 1599 - San Daniele del Friuli, 1663) in Orologio da rote:

Mobile ordigno di dentate rote
lacera il giorno e lo divide in ore,
ed ha scritto di fuor con fosche note
a chi legger le sa: SEMPRE SI MORE.

È la prima quartina di un sonetto a me assai caro. Reca in sé tutta l'angoscia del tempo che passa; il tempo buono, come pure quello buttato alle ortiche.

Beato chi legger non sa, caro il mio Ciro. 

Ieri c'è stato l'Ironman 70.3 a Pescara, un fenomeno sociologico che sto studiando da un po' (un interesse che travalica gli aspetti più squisitamente tecnico-sportivi del cross training estremo). Quante 'sciocchezze' ho visto fare in preparazione dell'Evento, ed anche durante la Prova! (E non mi riferisco soltanto alla coca-cola servita a 'damigianate' nei punti ristoro). Sarebbe bastato un po' di buon senso (non voglio scomodare l'abusato aggettivo "scientifico") e centinaia di partecipanti avrebbero potuto togliere una buona ventina di minuti ai loro crono finali. (Ho visto decine e decine di atleti mangiare e bere integratori d'ogni colore fin sotto il traguardo!). Professionisti a parte, l'esercito degli amatori ha lottato per chiudere la gara e dimenticarsi del Tempo. Forse, come scriveva Gaber, per molti di noi c'è solo la strada.

C'è solo la strada su cui puoi contare
la strada è l'unica salvezza
c'è solo la voglia e il bisogno di uscire
di esporsi nella strada e nella piazza
perché il giudizio universale
non passa per le case
le case dove noi ci nascondiamo
bisogna ritornare nella strada
nella strada per conoscere chi siamo. (Giorgio Gaber)

6 commenti:

sognatrice ha detto...

La vera abilità di uno scrittore è quella di dire con parole giuste ed essenziali i pensieri dei tanti.
Maestro, in poche frasi hai pennellato ciò che, mentre leggevo, ritrovavo in fondo ai miei pensieri.
Scomodando Ciro di Pers (che per sole due lettere non sono sua omonima) e citando Giorgio Gaber, mi hai indotto a riflettere ancora una volta su questo mondo che trovo sempre più modificato e stravolto da quando lo vivo!
Io sto a casa, ma non mi nascondo!
Saluti
Carla

Marius ha detto...

Troppo buona, Carla. È solo un po' di stanchezza...

m

giovanni de benedictis ha detto...

Uè guagnè/à, citt citt a'ffa la jos!
abbass lu livell cultural....cape de chiumme!
Me me veng ie!La cose ca non ze mesùre, pìcche tìimbe adùre!

Renato ha detto...

Ciao mi chiamo Renato, a volte leggo il blog e lo trovo sempre interessante e diverso dagli altri.
Questa volta mi sono permesso di scrivere perchè sono incuriosito dalle tue affermazioni in merito alla possibilità di diminuire di 20' il tempo sulla gara.
Ma come? Sarei curioso di sapere il tuo pensiero più in dettaglio in proposito.
P.S. sono interessato anche perchè io ho partecipato alla gara e mi piacerebbe capire dove ho sbagliato.
Caio e grazie.

Marius ha detto...

Ciao Renato, benvenuto nei commenti del blog.
La mia, ovviamente era una provocazione, una sorta di ‘iperbole attenuata’ che però non si discosta tanto dalla realtà. Sono un allenatore di atletica leggera e mi occupo di endurance (con diverse 'puntate' anche nel triathlon) da circa ventisette anni. Recentemente ho seguito la preparazione di alcuni runners debuttanti nell’ultima edizione dell'Ironman 70.3 pescarese ed ho notato che, mediamente, moltissimi tra i partecipanti a questa spettacolare e molto particolare competizione sportiva, sono arrivati all'appuntamento abbastanza stanchi. Come se la prova l'avessero corsa almeno un paio di settimane prima.
Ho sentito atleti amatori, supersedentari fino a qualche anno fa, parlare di “tapering”, di “allenamento regressivo”, di “potenza lipidica” e “critical velocity” come neanche Grégoire Millet. Ho visto pure ‘girare’ tabelle di allenamento che neppure Craig Alexander… Ironia a parte credo che parallelamente alla diffusione della ‘febbre’ del multisport, del running estremo e non, dovrebbe diffondersi una cultura della pratica dello sport possibile, ‘sostenibile’ (vorrei osare dire strumentale al miglioramento della qualità della vita). Personalmente, da allenatore-ricercatore, sto remando in quella direzione da un po’. Staremo a vedere…

un saluto

marius

Renato ha detto...

Grazie per il ben venuto,
sono d'accordo con te su come molte persone si sono avvicinate alla gara non adeguatamente. Però bisogna anche dire che lo scarico o "tapering" che dir si voglia è cosa delicata, penso sia una delle fasi più soggettive e allo stesso tempo tecniche da gestire. Anche un buon allenatore, forse, non riesce a capirne a fondo i tempi. Di certo può indicare le linee guida con una tabella accuarata, ma sapere fino a che punto vale la pena spingere o rallenatre credo che stia nella sensibilità dell'atleta, nel cogliere i segnali del proprio corpo. Cosa questa che solo l'esperienza può dare.
Però già il fatto che molti sedentari o quasi sedentari si siano avvicinati a questa disciplina, che io amo, è un cambiamento di stile di vita, un cambiamento in meglio. Poi, come si dice, "sbagliando si impara".
Ciao Renato