venerdì 1 febbraio 2008

Lasciamo correre



Insegno a Pescara, in un quartiere di quelli “difficili”. A volte mi succedono cose incredibili. Vi racconto l’ultima. Ieri ho portato i miei bambini in cortile. Si faceva l’esperienza di una corsa a perdifiato sul perimetro della scuola (263m, misurati con la ruota metrica che ho sempre con me in auto). Nell’ora precedente, quella di scienze, avevamo parlato di fatica muscolare, di velocità e resistenza, di “benzine” diverse. Quale occasione migliore della successiva ora di motoria, per “spiegare” dal vivo nozioni altrimenti astruse? E quindi, tutti in cortile. Io stavo col cronometro sulla linea di partenza (un tombino); due bimbi, carta e penna, registravano i singoli tempi. Tutti gli alunni, a turno, si sono cimentati nell’impresa. Alla fine, come da copione, hanno fatto correre pure me. Ero il Giovanni Storti (cfr. il trio Aldo, Giovanni e Giacomo) di “Tre uomini e una gamba”; quello della sfida a braccio di ferro con un bimbo di sei anni. I miei di anni ne hanno quasi undici, ma la sostanza non cambia.
Sono un agonista di merda e siccome sono pure il loro maestro ho tirato da pazzi. Sembravo Steve Ovett nella finale degli 800m ai Giochi Olimpici di Mosca. Qualche minuto dopo eravamo tutti in classe, sfiatati come mantici bucati, ma felici. La bidella no. Col viso uno straccio mi fa: “Mae’, pensavo finisse male. Ero alla finestra e l’ho vista passare di corsa, come un matto. Dietro di lei, per strada, sfrecciava una pattuglia dei carabinieri. Più avanti dei ragazzi che scappavano. Ho pensato potessero spararle”.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Continuo a sostenere che sei un mito. Vai avanti così Mario, appare fin troppo chiaro che ci sarà sempre più bisogno di maestri (e persone) come te!