Domani si correrà la Maratona di New York.
Ed io torno a riproporre il mio pensiero su certe esasperazioni ‘sportive’.
Prosciutti, buoni benzina ai primi classificati e gare (molte le maratone); gare come se piovesse. Tutti campioni, il giorno dopo, sui social.
A vederli gareggiare, quei ‘campioni’, sembrano dare l’anima. E in effetti la danno; la sputano sfiatata ad ogni traguardo. Si amano e si odiano sul filo dei diciotto chilometri orari (i più bravi), i forzati del running di casa nostra, eroi del borgo e per una mezza giornata, una settimana al massimo, ché la domenica successiva si corre di nuovo.
Sembrano avere tendini d’acciaio, legamenti e articolazioni della stessa sostanza. I loro meccanismi di recupero parrebbero regolati da biochimiche extraterrestri.
Parrebbero.
Ogni tanto però qualcuno lì davanti si ammacca. Iniziano i pellegrinaggi infiniti presso santi e santoni della fisioterapia. Plantari d’ogni colore e consistenza promettono equilibri taumaturgici, dalla prima calzata. E se non funzionano (come può un plantare “curare” un’infiammazione?) allora giù con laser, ipertermia, diatermia e onde d’urto e chi più soldi ha più ne spenda; perché spesso – spessissimo – non c’è criterio scientifico dietro la scelta di questo o quell’intevento terapeutico.
Pochi seguono la logica trafila: medico di base, ortopedico/fisiatra (meglio se con una solida esperienza medico-sportiva), fisioterapista. Prevalgono le “mode”; il successo improbabile e rassicurante dell’amico che ce l’ha fatta curandosi con dieci sedute di...
Un suggerimento per gli organizzatori di manifestazioni podistiche: iniziate a pagare in buoni laser, diatermie, ecografie, risonanze, eccetera, eccetera; farete il tutto esaurito. Una moltitudine di vecchi (ma anche tanti giovani, ahimé!) runners traumatizzati non aspetta altro.
Caro Mario, sono tutti effetti della sindrome efficentista che ci ha preso da un po' di anni a questa parte. Ricordo una pubblicità che ci invitava a migliorare la nostra "performance", mi chiedevo con chi ce l'avesse, perché io non performavo, io vivevo, tra i due termini c'è una differenza che non mi avventuro ad approfondire in questo spazio, ma rende l'idea di come abbiano trasformato i nostri corpi in macchine che devono rendere sempre al massimo, per i quali non è più prevista l'obsolescenza o il riposo.
RispondiEliminaUn abbraccio.
Parole sante, anzi santone😉
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